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Gli effetti del conflitto sulla nostra economia, tra Pnrr ed energia. Parla Visco

Intervista all’economista ed ex ministro delle Finanze: la guerra scatenata dalla Russia può scombussolare il Pnrr ma il vero problema è l’energia. L’Italia è stata per troppo tempo ostaggio dell’estremismo ambientale. L’inflazione? Accettabile se una tantum. E alle banche centrali dico, guai ad alzare i tassi

Il conflitto russo-ucraino rappresenta un enorme pozzo pronto a inghiottire piani e prospettive delle economie avanzate e non. Il governo italiano non può ignorare l’impatto che la guerra avrà sugli sforzi di ripresa messi a punto dai Paesi destinatari dei 750 miliardi messi sul piatto da Bruxelles per risollevarsi dalle ceneri della pandemia, nell’ambito del Recovery Fund.

Il ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, d’altronde, è stato sufficientemente eloquente, in parlamento: tra inflazione alle stelle (al 5,7% in Italia) e incognite sulle forniture di energia, l’attacco del Cremlino rischia di riscrivere il perimetro dei Pnrr nazionali, oltre a ridurne la gittata. Di questo, ma non solo, Formiche.net ha parlato con Vincenzo Visco, economista di lungo corso e più volte ministro delle Finanze e del Tesoro.

Il ministro Giorgetti ha lanciato l’allarme: il conflitto in Ucraina e la spirale inflazionistica ad esso connessa rischiano di pregiudicare la riuscita del Pnrr. Non proprio una bella notizia.

E infatti non lo è. Ma mi perdoni se le dico che Giorgetti ha detto una cosa ovvia e cioè che se c’è uno shock dal lato dell’offerta, con un aumento del prezzo dell’energia, è evidente che qualcuno deve pagare quella che è una vera e propria tassa sulle importazioni. E chi ne risente sono gli investimenti.

Quel qualcuno sono le imprese e le famiglie che non riescono a pagare le bollette, immagino…

Sono le imprese che non hanno i margini per assorbire gli aumenti dei costi e lo stesso vale per le famiglie. Il punto è che l’aumento dei prezzi, anche e non solo legato allo shock geopolitico in atto, rischiano di scombussolare certi piani, oltre a mettere a dura prova le tasche degli italiani.

Qualcuno afferma che presto o tardi si arriverà a un punto di rottura, cioè all’impossibilità di sostenere i costi dell’energia e in generale l’aumento dei prezzi. Come stanno le cose?

Dipende molto dal comportamento delle famiglie. Finora i risparmi accumulati in due anni di pandemia stanno aiutando, ma se si comincia a spendere meno ecco che dalla ripresa si passa alla recessione. Però mi faccia dire una cosa. Dopo tanti anni di prezzi al ribasso e deflazione onestamente penso che un aumento dei prezzi dell’energia sia ad oggi sostenibile. A patto che sia un rialzo una tantum, sia chiaro.

Come?

Dobbiamo evitare aumenti salariali per stare dietro all’inflazione, perché questo altro non farebbe che creare una spirale inflazionistica prezzi-salari e non se ne uscirebbe più.

Le banche centrali, dinnanzi a tutti questi sconvolgimenti, che cosa dovrebbero fare?

Rinviare ogni decisione sull’aumento dei tassi. Non dipende mica da un eccesso di domanda questa inflazione, se si aumentano i tassi adesso è un disastro. Per fortuna la Bce non li ha ancora toccati, bisogna che le politiche monetarie accompagnino questa situazione, non la contrastino.

Torniamo sulla questione energia. I nodi, per quanto riguarda l’Italia, sono venuti al pettine. Con l’aumento dei prezzi ci siamo riscoperti dipendenti dalle forniture altrui. E adesso?

Guardi, non c’è solo l’Italia in questa situazione. Noi scontiamo la scelta emotiva sul nucleare, di tanti anni fa. Una scelta che ha aperto la strada a una minore crescita e a un aumento dei costi dell’energia, cose che puntualmente si sono verificate. E poi siamo stati ostaggio di un estremismo ambientalista che ha impedito all’Italia di produrre la sua energia. Qualcosa è stato sbagliato sul piano politico, ma gli errori si pagano.

Che cosa dovremmo fare a questo punto? Draghi dice che l’Italia può essere indipendente dalla Russia, lei ci crede?

Sì, certo. Ma servono non meno di 4-5 anni e dobbiamo fare i rigassificatori e se possibile potenziare il Tap. Ma vede, per fare tutto questo serve pianificazione e volontà politica, non affidarsi sempre e solo al mercato.

 

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