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Giù le mani dagli extraprofitti. La bordata di Assonime

Dopo l’Istituto Bruno Leoni ancora dure critiche, “al limite della costituzionalità”, contro il prelievo del 10% sugli utili maturati nel 2021 dalle aziende dell’energia e del gas, con cui finanziare il decreto per calmierare il prezzo dei carburanti. Nel 2021 fu rimbalzo dopo un anno di black out pandemico. Per questo non si può usare il 2020 come anno di riferimento e bisogna calcolare diversamente i maggiori profitti

Non sono i primi a schierarsi contro la tassa sugli extraprofitti delle grandi aziende dell’energia, nata e concepita dal governo di Mario Draghi per finanziare il pacchetto da 4,4 miliardi con cui calmierare il prezzo dei carburanti, fino a tutto aprile. Un contributo del 10% sugli utili extra maturati nel 2021, una quarantina di miliardi di bacino, da cui attingere i fondi per disinnescare la mina alla pompa di benzina, dopo settimane di carburanti oltre i 2 euro al litro.

Pochi giorni fa era stato l’Istituto Bruno Leoni ad aprire le danze. E oggi è toccato a un’altra realtà di peso, Assonime, l’associazione delle spa italiane (qui l’intervista di poco tempo fa al dg, Stefano Micossi). La musica è sempre quella, il prelievo non s’ha da fare. Attenzione, non è una bocciatura del principio in sé ma delle modalità con cui il decreto del 21 marzo, attualmente al vaglio del Parlamento, classifica gli extraprofitti.

In una lettera inviata alle commissioni Finanze e Industria del Senato, che stanno esaminando il decreto che riguarda la materia in questione, lo stesso Micossi demolisce il prelievo straordinario definendolo, per come è attualmente formulato, “gravemente arbitrario, fino al limite della incostituzionalità”.

“Il punto”, si legge nella missiva, “è che hanno preso come base imponibile la differenza tra le transazioni assoggettate a Iva, attive e passive, nel periodo recente e nel 2020 e trattano l’incremento come extraprofitto”, dimenticando che il 2020 era periodo di lockdown pandemico e assumerlo come base di partenza porta a “gonfiare le differenze, ignorando il rimbalzo fisiologico delle transazioni e scambiandolo erroneamente per extraprofitto”.

Il messaggio è chiaro, dal momento che nel 2020 l’intera economia italiana è collassata su se stessa, non si può addurre a parametro l’anno successivo, nel corso del quale si è verificato un naturale e prevedibile rimbalzo. In particolare l’Assonime evidenzia poi che, per come il provvedimento è formulato, “si corre il rischio di classificare come extraprofitti anche le operazioni straordinarie delle società come l’acquisto o la cessione di partecipazioni che nulla hanno a che vedere con i profitti”.

Ancora, “al riguardo è evidente, innanzitutto, che a stretto rigore non può individuarsi un sopraprofitto nel semplice incremento del volume delle vendite emergente dal confronto dei due semestri, essendo questa una vicenda commerciale del tutto ordinaria, tanto più che nel precedente semestre 2020 – 2021, oggetto di confronto, i ricavi delle imprese erano particolarmente ridotti per la situazione economica generale legata alla pandemia”.

Per tutti questi motivi, l’associazione delle spa chiede al Parlamento di meglio calibrare la disciplina “per adeguarla alle finalità che il prelievo intende perseguire e cioè l’applicazione di un’imposta che abbia ad oggetto, effettivamente i sovraprofitti conseguiti dalle imprese”. Più giuridico l’approccio del Bruno Leoni, la cui sostanza però non cambia.

“Tale tassa risulta ingiusta, inutile e dannosa, dal momento che tale provvedimento presenta molti elementi di criticità. Prima di tutto, trattandosi non già di una addizionale o maggiorazione dell’aliquota Ires, bensì di un nuovo tributo dal carattere ibrido, sul valore aggiunto, istituito con decreto legge, viene violato l’art. 4 dello Statuto dei diritti del contribuente, che  sua volta proibisce l’istituzione di nuovi tributi con decreto legge”.

Non è tutto. “Ad essere violati potrebbero essere anche alcuni articoli della Costituzione (il 3 e 53), poiché va verificato il profilo di coerenza tra gli obiettivi e scopi del prelievo straordinario e la struttura dell’imposta, che deve essere coerente rispetto alla sua ratio giustificatrice. L’imposta introdotta non è un’imposta sul reddito né un’imposta per cui è prevista la rivalsa. Al contempo, la stessa appare non solo inerente all’attività di impresa, ma addirittura strettamente inerente alla produzione del valore aggiunto tassabile e, di riflesso, del reddito di impresa. Anche sotto questo profilo la nuova imposta appare in contrasto con gli artt. 3 e 53 della Costituzione”.

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