Volendo pensare positivamente, si spera che la Giornata dell’autismo possa essere stata l’occasione per portare l’attenzione su un segmento del nostro mondo della disabilità, da sempre poco conosciuto e da sempre trascurato. Il commento del senatore Riccardo Pedrizzi
L’ultimo caso è quello segnalato su vari quotidiani da una madre di un bimbo autistico di 6 anni attraverso l’associazione campana La battaglia di Andrea, che ha saputo che suo figlio è stato deriso e offeso dalle maestre proprio perché autistico. La vittima è un bambino di 6 anni iscritto in una scuola dell’infanzia di Roma sud.
Le insegnanti – sia di ruolo, sia di sostegno – si sarebbero scambiate messaggi offensivi in un gruppo Whatsapp. Poco tempo prima sempre a Roma ad un’altra mamma era stata negata la precedenza mentre faceva la fila (durata un paio d’ore) per richiedere la carta d’identità elettronica. Infatti, alle nove di mattina in coda davanti al chiosco di piazza di Santa Maria Maggiore, riconvertito in postazione per il rilascio veloce delle carte d’identità elettroniche, la madre del bambino autistico di 9 anni, aspetta il suo turno.
Il figlio inizia a fremere e ad agitarsi come spesso capita per quel tipo di patologia. La mamma ha imparato a decifrare i comportamenti ed ai primi cenni di nervosismo, chiede la cortesia di poter saltare la fila per accelerare i tempi, ma il responsabile del servizio risponde che tutti hanno dei problemi e non poteva farla passare avanti a nessuno.
Ma poi, sempre in questo periodo, sono apparse lettere aperte su vari quotidiani con le quali si sono prospettati “progetti di vita personalizzati”, ci si è lamentati della tanta retorica ma della scarsa attenzione da parte della politica e delle istituzioni per questo tipo di disabilità; si è protestato perché le famiglie non vengono ascoltate ma abbandonate a se stesse. Abbiamo letto, però, anche di chi mette a disposizione degli altri sfortunati la propria esperienza di familiare di un bambino autistico.
E c’è stato anche un ministro della Repubblica per la disabilità, Elena Stefani, che risponde a lettere di genitori che raccontano le loro difficoltà e si impegna ad affrontare l’annoso problema. Proprio per questo recentemente le ho sottoposto un caso che fa disonore al nostro Paese e che dovrebbe far vergognare molti politici e tanti amministratori. Riassumo il caso brevemente.
La storia si svolge in una regione del Nord, non nel Sud, dove – si dice – impera la malasanità, ma in Lombardia, nella ricca e sviluppata locomotiva economica italiana, dove vive un nucleo familiare costituito dai genitori e da due figli: uno di 21 anni è stato colpito all’età di 11 da leucemia linfatica acuta che gli ha procurato a causa del bombardamento di chemioterapia, lesioni bilaterali alle tibie, al perone ecc. ecc. tanto da vedersi riconosciuto il 100 per 100 di invalidità.
Il secondo figlio di 12 anni è affetto da disturbi dello spettro autistico con livello 3 di gravità associato a disabilità intellettiva grave, oltre altri vari deficit. Il più grande sta aspettando di trovare un’occupazione Il fratello più piccolo, già ospite di una struttura assistenziale presentava con frequenza al suo rientro in famiglia, il fine settimana, numerose ecchimosi e lividi sul corpo fino a procurarsi, o ad essergli stato procurato, una frattura di un braccio (tutto documentato da foto e da certificati medici) e da mesi è rientrato in famiglia, con tutti i problemi che ne conseguono.
Questa situazione di grave difficoltà dura ormai da mesi, per cui la famiglia reiteratamente ha chiesto ai servizi sociali del luogo di poter collocare il bambino in un nuovo istituto, ma dopo mesi di girovagare, di richieste e di domande per trovare una sistemazione adeguata, che lo ospiti, ancora oggi non si riesce a collocarlo in un centro che possa seguirlo anche sotto l’aspetto scolastico. (Sono mesi, peraltro, che il bambino non sta assolvendo all’obbligo scolastico e pare nessuno se ne curi).
Tutto questo disagio deriva principalmente da una insufficiente presenza e da una incapacità di accoglienza da parte di istituti, case di cura, comunità di sostegno derivante da scarse risorse messe a loro disposizione. Eppure nel 2020 e 2021 il Parlamento italiano, anche grazie alle proposte dell’Angsa (Associazione Nazionale Genitori Persone con Autismo), aveva stanziato 50 e 27 milioni di euro pr finanziare il Fondo Autismo che però non sono ancora state impegnate e restano inutilizzate.
Il fondo da 50 milioni è cosi ripartito: il 15% allo sviluppo di progetti di ricerca riguardanti le basi eziologiche, la conoscenza del disturbo dello spettro autistico, il trattamento e le buone pratiche terapeutiche ed educative; il 15% è destinato proprio all’incremento del numero delle strutture semiresidenziali e residenziali, pubbliche e private, con competenze specifiche sui disturbi dello spettro autistico; il 60% all’incremento del personale del Ssn preposto alla prestazione. I 27 milioni per il 2022 il Parlamento li ha finalizzati a “progetti di carattere socio-assistenziale e abilitativo”.
Recentemente, il 2 aprile, si è celebrata la Giornata Mondiale della consapevolezza sull’autismo. Ed è una delle tante “giornate” che ci siamo inventati per dare un alibi a noi stessi, per tentare di giustificare la nostra indifferenza: non amiamo abbastanza tutto l’anno la mamma (e creiamo la festa della mamma); non rispettiamo abbastanza il papà (e c’è la festa del papà); trascuriamo il nostro partner (e facciamo la festa degli innamorati); non conosciamo la tragedia dei profughi giuliano-dalmati (e con una legge istituiamo la giornata del ricordo); non trattiamo bene le nostre donne (e poi inseriamo nel calendario la giornata della donna). E cosi via, con le feste più disparate ed anche, alle volte, inutili per il loro accavallarsi e per la loro frequenza.
In ogni caso, volendo pensare positivamente, si spera che questa giornata dell’autismo possa essere stata l’occasione per portare l’attenzione su un segmento del nostro mondo della disabilità, da sempre poco conosciuto e da sempre trascurato: quello dell’autismo. Quest’anno la giornata ha assunto un particolare rilievo, soprattutto perché durante il lungo periodo pandemico le persone affette da questa patologia e le loro famiglie si sono ritrovati soli ad affrontare nuovi e più pesanti ostacoli legati alle misure di contenimento, di isolamento domiciliare e di ospedalizzazione in caso di contagio.
In Italia sono almeno 600 mila le persone autistiche (1% su 60 milioni di abitanti), il più delle volte presenti in famiglie quasi sempre in difficoltà, ha scritto il papà di un adulto autistico al Corriere della Sera: “Questa imponente fascia di popolazione è in larga misura abbandonata a se stessa. Sono quasi sempre i familiari a reggere il peso della quotidianità fino a diventare essi stessi portatori sani di disabilità. Sono i familiari ad occuparsi di tanti e complicati problemi, sopratutto di quelli che non spetterebbe loro risolvere. E sulle loro esili spalle che grava il carico esorbitante di realtà spesso gravose e gravissime”.
In molte regioni, per l’occasione del 2 aprile, sono stati presentati progetti per sensibilizzare sul problema l’opinione pubblica e le stesse famiglie che devono affrontare tutti i giorni questi gravosissimi problemi. Si spera perciò che istituzioni, politici, amministrazioni locali ed enti del Terzo settore finalmente passino dalle celebrazioni e dalle parole ai fatti concreti.