Dieci giorni fa l’affondo francese sul terzo istituto italiano. Non sarà un’Opa ma ai vertici della banca italiana la sorpresa per il blitz non è mancata. E sia i rivali sul territorio, che la politica, potrebbe vedere con sospetto a un Banco a trazione transalpina. Draghi per ora resta alla finestra
Da almeno una quindicina d’anni è il braccio armato della finanza francese in Italia, una presenza salda all’interno dello scacchiere del credito italiano. Il primo morso il Crédit Agricole, gigante francese da 9 miliardi di ricavi solo nei primi tre mesi del 2021, lo ha dato nel 2007, con l’acquisizione di Cariparma e Friuladria, cedute da banca Intesa.
Da quel momento si sono susseguite varie operazioni, alcune riuscite altre no. Degli ultimi fanno parte Caricesena, Carim e Carismi e, ovviamente, l’Opa sul Credito Valtellinese da quasi 750 milioni di euro, conclusasi lo scorso anno con la conquista della banca di Sondrio. E, nei giorni scorsi, ecco una nuova zampata, destinata a rimettere in moto quel risiko bancario, reduce dalle nozze sfumate tra Mps e Unicredit e dall’improvviso stallo calato, nuovamente, sull’operazione. Nella notte tra il 7 e l’8 aprile l’istituto francese ha rastrellato una partecipazione del 9,18% in Banco Bpm diventandone il primo azionista e riscontrando a stretto giro il plauso della Borsa, dove il titolo del Banco si è infiammato, salendo del 10,2% a 3,02 euro ad azione.
Un blitz che non è passato inosservato e che è destinato ad avere degli strascichi, sia sul versante bancario, sia su quello politico. Cominciando dal primo, bisogna capire se il management fosse pronto all’ingresso della banca francese (già per la verità con un piede nel Banco grazie alla jv Agos) nel capitale dell’istituto guidato da Giuseppe Castagna. Come raccontano fonti vicine al dossier, una parte dei vertici del Banco sarebbe stata colta del tutto alla sprovvista dalla mossa francese. E ciò è dimostrato anche dall’ultimo passaggio dello stringato comunicato stampa emesso dal Banco in cui si legge che “l’acquisto della partecipazione non è stato preventivamente concordato”.
Insomma, qualcuno è rimasto decisamente sorpreso dal blitz. Nonostante il disorientamento ai piani alti della banca italiana, al momento tuttavia non ci sarebbe un timore per un’eventuale Opa. Anche perché, secondo le medesime fonti, non sembra esserci la volontà dell’Agricole di procedere a una conquista del Banco, operazione che peraltro richiederebbe il via libera della Banca centrale europea. Semmai, un po’ come l’assetto già visto in Telecom con Vivendi, meglio mantenere un nocciolo duro di matrice francese, in veste di primo socio.
Che una scalata al Banco non sia nell’aria, lo dimostrano poi certe posizioni prese da alcuni analisti. Per esempio, quelli di Kepler, per i quali “non bisogna credere che un’Offerta pubblica di acquisto sia sul tavolo. L’operazione di Crédit Agricole mira a proteggere e rafforzare una partnership (Agos, ndr), non a creare un colosso del mercato bancario retail”. E poi, sempre secondo Kepler, i francesi per portare a termine un’Opa avrebbero bisogno di un aumento di almeno 4 miliardi.
C’è però chi la vede in modo diverso, tanto da considerare il blitz dell’Agricole come un elemento di preoccupazione. Per esempio altri soggetti bancari italiani che potrebbero guardare con sospetto a un Banco a trazione francese. Non tanto in ottica creazione del terzo polo bancario (dopo Intesa e Unicredit), quanto al potenziale grip sul territorio che potrebbe avere un istituto già di suo fortemente radicato nel Nord Italia e ora corroborato dall’esperienza e dalla potenza di fuoco dello stesso Agricole, banca di territorio a tutti gli effetti in grado di radicare ancora di più la controllata italiana in un ecosistema redditizio.
Fin qui il versante bancario. Poi c’è quello politico. Il campanello di allarme è già suonato nei palazzi romani anche se va ricordato come lo stesso Agricole si sia cautamente e debitamente tenuto sotto la soglia del 10%. Con il passaggio di tale limite, oltre a chiedere il permesso della Banca centrale, scatterebbe la notifica al governo, che potrebbe ricorrere al Golden power. E il presidente del Copasir, Adolfo Urso, ha messo le mani avanti pur non commentando ufficialmente l’affondo francese ma ricordando come quello bancario è un settore strategico tutelato anche dalla normativa sui poteri speciali appena potenziata dal governo Draghi. Di sicuro, viene sottolineato, per il momento né il premier né il ministro dell’Economia, Daniele Franco, hanno intenzione di intervenire, rimanendo semmai alla finestra. Se delle prese di posizione ci saranno, quelle arriveranno più dalla politica locale, lombarda e leghista.