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Chiesa sinodale, per Francesco non si può tornare indietro. Ecco cosa vuol dire

La sinodalità è il tema, il metodo, la scelta su cui il papa, anche per le domande che gli sono state poste, torna di più, per sottolineare consolazioni e desolazioni. Padre Antonio Spadaro racconta la conversazione di Bergoglio con i gesuiti maltesi

La Civiltà Cattolica pubblica sul suo sito il resoconto del lungo colloquio che papa Francesco ha avuto con i gesuiti a Malta.

Il punto più rilevante che emerge subito è la prospettiva sinodale, ormai centrale per la Chiesa: “Fu Paolo VI a riprendere il discorso sinodale, che era andato perduto. Da allora siamo andati avanti nella comprensione, nel capire che cosa sia il Sinodo. Ricordo che nel 2001 sono stato relatore per il Sinodo dei vescovi. In realtà il relatore era il cardinale Egan, ma, a causa della tragedia delle Torri gemelle, è dovuto tornare a New York, la sua diocesi. Io ho fatto il supplente. Si raccoglievano le opinioni di tutti, anche dei singoli gruppi, e si inviavano alla Segreteria generale. Io raccoglievo il materiale e lo sistemavo. Il segretario del Sinodo lo esaminava e diceva di togliere questa o quella cosa che era stata approvata con votazione dei vari gruppi. C’erano cose che non riteneva opportune. C’era, insomma, una preselezione dei materiali. Chiaramente non si era capito che cos’è un Sinodo. Oggi siamo andati avanti e non si torna indietro. Alla fine dell’ultimo Sinodo, nel sondaggio sui temi da affrontare nel successivo, i primi due sono stati il sacerdozio e la sinodalità. Mi è parso chiaro che si volesse riflettere sulla teologia della sinodalità per fare un passo decisivo verso una Chiesa sinodale. Infine, voglio dire che non dobbiamo dimenticare quel gioiello che è l’Evangelii nuntiandi di Paolo VI. La vocazione della Chiesa qual è? Non sono i numeri. È evangelizzare. La gioia della Chiesa è evangelizzare. Il vero problema non è se siamo pochi, insomma, ma se la Chiesa evangelizza. Nelle riunioni prima del Conclave si parlava del ritratto del nuovo Papa. È stato proprio lì, nelle Congregazioni generali, che è stata usata l’immagine della Chiesa che esce, in uscita. Nell’Apocalisse si dice: «Io sto alla porta e busso». Ma oggi il Signore bussa da dentro perché lo si lasci uscire. Questa è la necessità di oggi, la vocazione della Chiesa oggi”.

Se questo è il vero tema che Francesco pone oggi, e che dice molto non solo alla Chiesa, un altro tema affrontato e che parla a moltissimi altri, non solo alla Chiesa e ai suoi superiori, è il tema dell’ipocrisia, sul quale il papa si è a lungo soffermato, con parole ed esempi importantissimi: “Ricordo uno studente gesuita che poi si è sposato. Era al primo anno di filosofia. Aveva conosciuto una ragazza, e se ne era innamorato. Aveva voglia di vederla tutti i giorni. Alla notte usciva di nascosto e andava dalla ragazza per stare con lei. Lui cominciava a dimagrire, perché dormiva pochissimo. Ma questo ragazzo fortunatamente è caduto nelle mani di un anziano padre spirituale che non aveva paura di nulla e non era ipocrita. Intuì come stavano le cose. E glielo disse: «Tu hai questo problema». Glielo disse! E, prendendosene cura, lo accompagnò a uscire dall’Ordine. Poi questo giovane si sposò. Io stesso ricordo che tanti anni fa ho ascoltato un giovane gesuita di una Provincia europea che stava facendo il magistero dopo la filosofia. Chiese al Provinciale di essere trasferito in un’altra città per stare vicino alla mamma morente di cancro. Andò poi in cappella perché il superiore potesse accontentare il suo desiderio. Vi rimase fino a molto tardi. Rientrando, trovò sulla porta una lettera del Provinciale, datata il giorno dopo, che gli chiedeva di rimanere dov’era, e gli diceva che aveva preso questa decisione dopo aver riflettuto e pregato. Ma non era vero! Aveva dato la lettera postdatata al ministro perché la consegnasse il giorno dopo, ma, data l’ora tarda, il ministro aveva pensato di metterla il giorno prima. Questo ragazzo è rimasto distrutto. Questa è ipocrisia. Che mai nella Compagnia ci sia ipocrisia! Meglio sgridare che avere atteggiamenti cortigiani!”

Ma è il sinodo, la sinodalità il tema, il metodo, la scelta su cui il papa, anche per le domande che gli sono state poste, torna di più, per sottolineare consolazioni e desolazioni: “Ci sono consolazioni e desolazioni. Ti faccio un solo esempio: nelle prime sessioni del Sinodo sull’Amazzonia ci si è molto concentrati sulla questione dei preti sposati. Poi lo Spirito ci ha fatto anche capire che mancavano molte altre cose: i catechisti, i diaconi permanenti, il seminario per gli aborigeni, preti che vadano da altre diocesi o che vengano spostati all’interno della medesima. Tutto questo è stato vissuto tra consolazioni e desolazioni. È la dinamica spirituale del Sinodo”.


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