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Missili da Pechino a Belgrado. I sei cargo cinesi in Serbia

La Cina invia sistemi di difesa aerea in Serbia con uno show of force. Sei cargo militari a Belgrado tra le preoccupazioni occidentali

Da due giorni ci si chiede come mai sei aerei militari da traporto cinesi siano arrivati contemporaneamente Nikola Tesla di Belgrado. La Cina ha relazioni con la Serbia, alleato russo, ma un tale dispiegamento militare delle Forze armate dell Repubblica popolare nel cuore dell’Europa non si era mai visto prima. La ragione si è scoperto essere con ogni probabilità il trasferimento nella capitale slava di un sofisticato sistema antiaereo cinese, l’HQ-22. Quanto successo in Serbia alza l’attenzione della Nato perché è una dimostrazione di capacità di Pechino, dell’approfondimento delle sue connessioni, oltretutto in un periodo delicato com’è quello della guerra russa in Ucraina. Contesto in cui un accumulo di armi nei Balcani desta preoccupazione perché potrebbe minacciare la fragile pace nella regione.

Gli aerei da carico Y-20 cinesi hanno attirato molta attenzione, sebbene Belgrado e Pechino pare che volessero un’operazione silenziosa, tanto che il governo serbo ha evitato comunicati. La presenza dei cargo della Repubblica popolare in Europa è uno sviluppo abbastanza nuovo, che non poteva passare inosservato anche perché i sei velivoli si sono mossi in contemporanea e non hanno fatto (come spesso accade in certi casi) sei viaggi diversi per scaricare i vari pezzi di componentistica. Il movimento in massa indica — al di là di organizzazioni tecniche — la volontà di inviare un messaggio sulle capacità operative cinesi. “Una dimostrazione di forza operativa, uno show”, lo definisce una fonte del mondo della difesa europea che gradisce non essere menzionato.

Il presidente serbo Aleksandar Vucic ha più o meno confermato la consegna del sistema contraereo a medio raggio — il cui acquisto è stato concordato nel 2019 — dicendo sabato 9 aprile che presenterà “il più recente orgoglio” dell’esercito serbo nei prossimi giorni (pare tra martedì e mercoledì). Nel 2020, gli Stati Uniti hanno messo in guardia Belgrado sull’acquisto di sistemi antiaerei HQ-22 (la cui versione per l’esportazione è nota come FK-3), spiegando al governo serbo che se davvero l’intenzione del Paese è quella di unirsi all’Unione europea e ad altre alleanze occidentali, allora deve allineare il proprio equipaggiamento militare agli standard occidentali.

Se da un lato in Serbia ci sono interessi per l’ingresso in Ue (e per la cooperazione con la Nato), dall’altro connessioni e collegamenti con Russia e Cina sono molto profondi. Belgrado per esempio ha votato a favore delle risoluzioni delle Nazioni Unite che condannano i sanguinosi attacchi russi in Ucraina, ma ha rifiutato di aderire alle sanzioni internazionali contro di Mosca, che Vucic considera un alleato primario, e tanto meno di criticare apertamente le evidenti atrocità commesse dalle truppe russe lì. Il presidente ha ringraziato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, per le parole comprensive con cui ha commentato il voto della Serbia sulla decisone di espellere la Russia dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite. La scelta della Serbia contro la Russia in questo caso è stata vista come uno stratagemma per tenere in piedi la domanda di adesione all’Ue, giocata — attraverso in commenti di Vucic — contemporaneamente sul proxy narrativo con cui il Cremlino parla di “ricatto statunitense” riguardo a certe decisioni.

Il Paese, che sta formalmente cercando l’adesione all’Ue, ha già aumentato le sue forze armate con armi russe e cinesi, tra cui aerei da guerra, carri armati e altre attrezzature (nel 2020 ha per esempio inaugurato i droni cinesi Wing Loong). Un aspetto che è considerato problematico, sia per l’integrazione tecnica con le altre difesa europee (cioè Nato), sia perché indica una volontà politica anti-europea e anti-occidentale (ossia anti-Nato). Poi c’è una questione ulteriore: semplificando quando la Turchia comprò il sistema di difesa aerea S-400 dalla Russia, fu spiegato da funzionari militari e analisti che c’era il timore che i radar collegati potessero spiare assetti come gli F35 e restituire attraverso backdoor informazioni a Mosca. Il sistema missilistico cinese è stato ampiamente paragonato all’americano Patriot e ai sistemi missilistici russi superficie-aria S-300, anche se ha una portata inferiore rispetto ai più avanzati S-300. La Serbia sarà il primo operatore di questi missili cinesi in Europa.

Poi ci sono timori di carattere geopolitico. La preoccupazione è che l’assistenza all’armamento di Belgrado da parte di Russia e Cina possa incoraggiare il paese balcanico verso un’altra guerra, e si pensa chiaramente all’ex provincia serba del Kosovo, che ha proclamato l’indipendenza nel 2008. Serbia, Russia e Cina non riconoscono lo stato del Kosovo, mentre gli Stati Uniti e la maggior parte dei paesi occidentali lo fanno. A fine febbraio, appena avviata la campagna militare voluta da Vladimir Putin in Ucraina, il Kosovo ha chiesto di accelerare l’adesione alla Nato e ha invitato gli Stati Uniti a creare basi permanenti sul proprio territorio. Il ministro della Difesa kosovaro definì queste posizioni di Pistrina come “necessità immediate per garantire pace, sicurezza e stabilità nei Balcani occidentali”.


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