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Cyber, non perdiamo il treno della digitalizzazione. Mele spiega come

Gli ultimi dati relativi al mercato della sicurezza informatica certificano una crescita costante degli investimenti e della spesa da parte delle aziende. Ma la digitalizzazione viaggia anche più veloce. E serve un hub della cybersicurezza. L’opinione di Stefano Mele, avvocato, partner e responsabile della cybersecurity dello Studio Gianni & Origoni

L’Italia cresce nella cybersecurity, ma potrebbe fare meglio e di più. Nel 2021 il mercato della sicurezza informatica tricolore, secondo gli ultimi dati Osservatorio Cybersecurity&Data Protection della School of Management del Politecnico di Milano, ha raggiunto il valore di 1,55 miliardi di euro, +13% rispetto al 2020, evidenziando un ritmo di crescita costante negli ultimi anno e mai così elevato. E con un 60% di grandi organizzazioni che ha previsto un aumento del budget destinato alle attività di sicurezza informatica.

Ma c’è il rovescio della medaglia. Perché l’Italia occupa l’ultimo posto tra i Paesi del G7 in termini di rapporto tra spesa in cybersicurezza e Pil (0,08%). E questo nonostante nel 2021, l’Italia si sia posizionata al quinto posto al mondo per numero di attacchi informatici malevoli subiti.

Formiche.net ne ha parlato con Stefano Mele, avvocato, partner e responsabile della cybersecurity dello Studio Gianni & Origoni. “I dati fotografano una situazione preoccupante e da prendere al più presto in seria considerazione, soprattutto da parte della politica”, spiega l’esperto. “Infatti, la crescente digitalizzazione dei processi non è andata di pari passo con l’aumento della sensibilità e della cultura nazionale sul tema della cybersecurity, scollando di fatto questi due livelli e rendendo il settore economico nazionale e quello della Pubblica amministrazione tra i più attaccati a livello europeo e mondiale”.

Secondo Mele “non sorprende, quindi, almeno gli addetti ai lavori, che l’Italia occupi al momento l’ultimo posto tra i Paesi del G7 in termine di rapporto tra la spesa in cybersecurity e il Pil. In tale contesto, però, non può che essere guardata con estremo favore l’azione dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (Acn), che, nella sua veste di autorità nazionale per la cybersecurity, ha tra i suoi compiti anche quello di supportare lo sviluppo di competenze e capacità industriali, tecnologiche e scientifiche in questo settore”.

Come sempre, l’esempio di chi fa meglio aiuta. “A tal proposito, uno spunto sicuramente interessante può essere importato da quanto fatto, già da molti anni, in Israele all’interno del CyberParco di Be’er Sheva e ripreso nuovamente in Italia, di recente, dall’iniziativa Cyber Area. L’obiettivo di un simile progetto è quello di creare un hub dove aziende nazionali e internazionali operanti nel settore della cybersecurity, università, fondi di investimento e governo possano creare un ecosistema teso a creare startup specificamente focalizzate su questo settore”. Tutto ciò, è la conclusione di Mele, “con un evidente beneficio non soltanto in materia di investimenti dedicati al settore della cybersecurity, ma anche in termini di occupazione e di cultura nazionale”.

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