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Il Dsa potrebbe rovinare la festa di Elon Musk

Elon Musk

La rivoluzione che l’imprenditore sudafricano vorrebbe apportare dentro Twitter si scontra con quella già in atto nell’Ue. Entrambi dicono di voler migliorare la democrazia, ma le regole comunitarie sono nate proprio per far fronte al dilagare di odio e disinformazione sui social, che rischiano di aumentare con il free speech. Un aiuto potrebbe venire dall’apertura di un ufficio europeo nella Silicon Valley

A rovinare la festa ad Elon Musk potrebbe pensarci l’Unione europea. Mentre le trattative tra l’imprenditore sudafricano e Twitter andavano avanti serrate ma senza che trapelasse alcunché, l’Europa annunciava al mondo la sua rivoluzione digitale. Con il Digital Services Act (Dsa), infatti, Bruxelles è convinta (o perlomeno spera) di poter rendere Internet un posto migliore e più sicuro per chi lo frequenta. Si potrebbe pensare che l’obiettivo dell’uomo più ricco del mondo e dei funzionari europei sia pressoché lo stesso – potenziare la democrazia – ma, in realtà, le loro idee si trovano su due poli completamente opposti.

Per il proprietario di Tesla e SpaceX, la libertà di parola dovrebbe trovarsi alla base di qualsiasi comunità che si definisca democratica. Musk la riduce a una semplice accettazione delle idee e quindi alla capacità di tollerare anche quelle che discordano con il proprio pensiero personale. Si tratta inoltre di una necessità che viene indirettamente richiesta dagli utenti stessi: con un screen postato su Twitter, Musk ha mostrato come su AppleStore l’app creata da Donald Trump, Truth, sia prima in classifica sopra Twitter e TikTok. Quello che pertanto la gente cerca sui social network è poter parlare senza filtri.

Eppure, non riesce proprio a convincere gli scettici su come questo possa migliorare la qualità del dialogo sulle piattaforme, dove già circolano i pensieri più vari, compresi quelli lontani anni luce dalla realtà oggettiva. Per questo non perde occasione nel ripetere cosa intenda con free speech. Ieri lo ha persino fissato sul suo profilo Twitter come monito: “Intendo semplicemente ciò che corrisponde alla legge. Sono contro la censura che va ben oltre la legge. Se le persone vogliono meno libertà di parola, chiederanno al governo di approvare leggi in tal senso. Pertanto, andare al di là della legge è contrario alla volontà delle persone”. Ma è proprio contro la legislazione europea che la rivoluzione di Musk rischia di andare a infrangersi.

Con il Dsa l’Europa ha compiuto un passo “storico”, come lo ha definito la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Manca ancora qualche cavillo (l’approvazione da parte del Parlamento e Consiglio europeo), ma l’accordo tra le istituzioni è stato raggiunto la scorsa settimana e la strada verso il 2024 – quando dovrebbe entrare in vigore – è spianata. Lo scopo di questo pacchetto normativo è di non abbandonare l’utente di fronte alle Big Tech, a cui verranno attribuite più responsabilità e, in caso di violazione, verranno fatti passare guai seri. Sono infatti previste sanzioni fino al 6% del fatturato globale dell’azienda e quelle più recidive possono essere escluse dal mercato europeo. Tra questi ci sono i social media, obbligati a rimuovere i contenuti illeciti che vengono segnalati dagli utenti (che devono essere messi nelle condizioni di poterlo fare) così come a prestare molta più attenzione ai discorsi d’odio.

Così, una volta diventato proprietario, Bruxelles potrebbe chiedere a Musk di eliminare da Twitter il materiale che non segue la linea del Dsa. Oppure di monitorare la disinformazione che circola sulla sua piattaforma, cercando di frenare la diffusione di fake news. Insomma, l’esatto contrario del futuro deregolamentato che l’imprenditore ha in testa per la sua creatura. La differenza tra hate speech e free speech, non a caso, è molto più labile di quello che si possa credere. A rendere ancora più complessa la vita a Musk c’è poi la differenza di illegalità che varia di Paese in Paese. Il Dsa lascia infatti carta bianca agli Stati membri nel decidere quale tipo di materiale è considerato fuori legge. Quello che viene considerato reato in Germania, ad esempio, potrebbero non esserlo per l’Italia e viceversa. Questione di normative nazionali che rischiano di alzare lo scontro.

Scontro che, tuttavia, è già in atto seppur con toni ancora poco acuti. Basti guardare come i funzionari europei hanno accolto la notizia dell’accordo tra Musk e Twitter. Il Commissario europeo per il mercato interno, Thierry Breton, ha ricordato come qualsiasi azienda, “dalle auto alle piattaforme digitali”, che operi in Europa “deve rispettare le nostre regole. Musk lo sa molto bene. Conosce le regole europee delle automobili e si adatterà rapidamente al Dsa”. Stessa solfa del messaggio lasciato su Twitter da Cédric O, ministro del Digitale francese, che intravede delle “cose interessanti” tra quelle che Musk vorrebbe apportare in Twitter, senza dimenticare però che il “Dsa – e quindi l’obbligo di combattere la disinformazione, l’odio online ecc. – si applicherà indipendentemente dall’ideologia del suo titolare”.

 

In Europa quindi non sembra esserci spazio per il free speech di Elon Musk. Al momento, esistono due possibilità per risolvere la situazione: il nuovo Twitter si adeguerà alle regole della comunità europea oppure il nuovo Twitter non sarà disponibile in Europa. Due ipotesi che cozzano ovviamente tra di loro, ma trovare una via di mezzo sembra complesso –  almeno fino a quando non si farà maggior chiarezza su come e quanto Musk intenda metter mano sul social network.

Una spinta per venirsi incontro potrebbe arrivare dal viaggio di alcuni parlamentari europei nella Silicon Valley, previsto tra un mese. Come riportato da Politico, a guidare la delegazione non sarà un parlamentare a caso bensì il tedesco Andreas Schwab, l’artefice delle modifiche all’altro pacchetto di regole europee sugli abusi di mercato da parte delle Big Tech (il Digital Markets Act – Dma), che sono piaciute molto poco agli Stati Uniti. I parametri contenuti nel Dma andrebbero infatti a discapito delle sole aziende statunitensi, mentre Washington chiedeva – e continua a chiedere – maggiore omogeneità. L’anno scorso, era stata Bruxelles a invitare funzionari americani per discutere gli argomenti chiave della regolamentazione digitale, ma invano.

Così la visita del prossimo maggio rappresenta l’opportunità per Schwab e gli altri di visitare le sedi di Google, Meta l’università di Stanford, per confrontarsi con i loro omologhi americani. Per ottenere una maggiore collaborazione nella strategia digitale, l’Unione europea ha intenzione di aprire un suo ufficio in California, a San Francisco, che andrà sotto la tutela di quello già aperto a Washington. Non si sa ancora quando dovrebbe aprire ma, secondo quanto riferito dal Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), è già partita la ricerca per il personale. Così come sembra indirizzata la scelta su chi far sedere al vertice: dovrebbe ricadere su Gerard de Graaf, esperto della materia e direttore del Digital Economy and Coordination presso la Dg Connect alla Commissione europea.

Con una presenza europea permanente a San Francisco il confronto sarà continuo. Lì hanno sede le più grandi aziende tecnologiche made in Usa, Twitter inclusa. Per Musk potrebbe risultare più facile spiegare cosa intenda con free speech, così come per l’Europa verificare se questo rispetta le sue leggi.

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