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L’economia circolare potrebbe essere la soluzione, ma non decolla

Tra il 2018 e il 2020, a livello mondiale il tasso di circolarità è sceso dal 9,1% all’8,6%. I consumi sono cresciuti di oltre l’8% a fronte di un incremento del riutilizzo di appena il 3% e sprechiamo ancora gran parte dei materiali estratti dagli ecosistemi. Alla fine però il saldo rimane positivo. I numeri del “Rapporto sull’economia circolare in Italia 2022” realizzato dal Circular Economy Network, la rete promossa dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile assieme a un gruppo di aziende e associazioni di impresa

L’economia europea sta vivendo un momento di forte crisi. Mancano molte materie prime e i prezzi salgono vertiginosamente. Le responsabilità vanno ricercate in più direzioni. L’aumento della domanda; la crisi climatica, che diminuisce la capacità degli ecosistemi di offrire risorse; la pandemia, che ha segnato una battuta d’arresto all’economia mondiale; la guerra in Ucraina, che ha acuito la fragilità energetica dell’Europa. La soluzione esiste ed è alla nostra portata: si chiama economia circolare. Ma ancora non decolla.

I dati parlano chiaro. Tra il 2018 e il 2020, a livello mondiale il tasso di circolarità (ossia la quantità di materiali utilizzati che provengono da quelli riciclati) è sceso dal 9,1% all’8,6%. I consumi sono cresciuti di oltre l’8% (superando i 100 miliardi di tonnellate di materia prima utilizzata in un anno), a fronte di un incremento del riutilizzo di appena il 3% (da 8,4 a 8,65 miliardi di tonnellate). Sprechiamo ancora gran parte dei materiali estratti dagli ecosistemi. In Europa nel 2020 sono state consumate, in media, circa 13 tonnellate pro capite di materiali. Tra le cinque maggiori economie dell’Unione europea (Italia, Francia, Germania, Polonia, Spagna) le differenze sono consistenti: si va dalle 7,4 tonnellate per abitante dell’Italia alle 17,5 della Polonia, passando dalla Germania (13,4), la Francia (8,1) e la Spagna (10,3).

È quanto emerge dal “Rapporto sull’economia circolare in Italia 2022”, presentato questa mattina a Roma, realizzato dal Circular Economy Network (Cen), la rete promossa dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile assieme a un gruppo di aziende e associazioni di impresa.

“La crisi climatica e gli eventi drammatici degli ultimi due anni con l’impennata dei prezzi di molte materie prime – ha dichiarato Edo Ronchi, presidente del Cen – dimostrano che il tempo d’attesa è finito. È arrivato il momento di fare decollare senza ulteriori incertezze le politiche europee a sostegno dell’economia circolare. Le nostre economie sono fragili perché dipendono da materie prime localizzate in larga parte in un ristretto numero di Paesi. È un nodo che rischia non solo di soffocare la ripresa, ma di destabilizzare l’intera economia con una spirale inflattiva. Ed è qui che l’economia circolare può fare la differenza trovando all’interno del Paese le risorse che è sempre più costoso importare”.

Finora anche l’Italia non è riuscita ad invertire la rotta, nonostante sia uno dei Paesi europei che tiene maggiormente: nel quadro delle prime cinque economie europee  si posiziona al primo posto, assieme alla Francia,  per gli indicatori più importanti di circolarità.

Nel 2020 per nessuno dei cinque Paesi esaminati si è registrato un incremento nella produttività delle risorse. A parità di potere d’acquisto, per ogni kg di risorse consumate sono stati generati 2,1 euro di Pil. L’Italia è arrivata a 3,5 euro, il 60% in più rispetto alla media europea. Sempre nel 2020, ultimo anno di dati disponibile, il tasso di utilizzo di materia proveniente dal riciclo nell’Unione Europea è stato del 12,8%. In Italia del 21,6%, secondo solamente a quello della Francia (22,2%) e di oltre otto punti percentuali superiore a quello della Germania (13,4%).

Notizie positive, per l’Italia, arrivano anche  dal fronte dei rifiuti. La percentuale di riciclo di tutti i rifiuti ha raggiunto quasi il 68%: è il dato più elevato dell’Unione Europea. Tra le cinque economie osservate, l’Italia è quella che ha riciclato la quota maggiore di rifiuti speciali (quelli prodotti dalle industrie e dalle aziende) , circa il 75%. Per quanto riguarda i rifiuti urbani (il 10% di quelli di tutta l’Unione), l’obiettivo di riciclo è del 55% al 2025, del 60% al 2030 e del 65% al 2035. Al 2020 l’Italia aveva riciclato il 54,4%, contro una media europea del 47,8%.

Non sono, invece, altrettanto positive le notizie per gli altri settori. Siamo agli ultimi posti sia per il consumo del suolo che per l’eco-innovazione. Infine la riparazione dei beni. Nel 2019 nel nostro Paese lavoravano oltre 23 mila aziende per la riparazione di beni elettronici e altri beni personali (vestiario, calzature, orologi, gioielli, ecc.). Dal 2010 ne abbiamo perse quasi 5 mila (il 20% circa) e siamo dietro alla Francia (oltre 33 mila) e alla Spagna (poco più di 28 mila).

Fatti, comunque, tutti i conti, alla fine il saldo rimane saldamente positivo. Italia e Francia, infatti, sono i Paesi che fanno registrare le migliori performance di circolarità, totalizzando 19 punti ciascuno. Segue la Spagna con 16 e decisamente più indietro la Polonia e la Germania con, rispettivamente, 12 e 11 punti.

Che fare, quindi, per invertire questa tendenza? Gli strumenti ci sono, Basta attivarli. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) indica due obiettivi generali per quanto riguarda l’economia circolare: migliorare la filiera del riciclo con interventi mirati al recupero delle materie prime seconde; “Implementare il paradigma dell’economia circolare”, riducendo l’uso delle materie prime sostituendole con le materie prime seconde. Le risorse  sono state già stanziate nel capitolo “Rivoluzione verde e transizione ecologica” e ammontano a 2,1 miliardi di euro. Ulteriori investimenti , che potrebbero contribuire allo sviluppo dell’economia circolare,  sono presenti in altre parti del Piano.

Il rapporto presentato oggi, il quarto prodotto dal Circular Economy Network, è stato realizzato applicando il metodo della “Carta di Bellagio”, approvata nel dicembre 2020, un sistema di monitoraggio per misurare i progressi dell’economia circolare a livello europeo. Questo tipo di misurazione contribuisce agli obiettivi del nuovo Piano d’azione europeo per l’economia circolare, parte centrale del Green Deal europeo, e copre le interconnessioni tra la circolarità e la neutralità climatica. Entro quest’anno, inoltre, entrerà in vigore la Strategia nazionale sull’economia circolare che si propone di “creare prodotti durevoli e riparabili, prevenendo la produzione di rifiuti e puntando su recupero, riutilizzo e riciclo”. Questo rapporto “si pone come uno strumento per contribuire al dibattito sul tema, ponendo una particolare attenzione all’andamento del 2021 che, da un lato, si è caratterizzato per un rimbalzo dell’economia più positivo delle aspettative, ma, dall’altro, ha evidenziato una crescita consistente del consumo delle risorse”.

 


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