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Draghi, la Finlandia e il whatever it takes a Putin. Parla Stubb

Intervista all’ex premier della Finlandia Alexander Stubb: pronti a entrare nella Nato, siamo una garanzia contro la violenza di Putin. Lui ha perso la guerra, cercherà una vittoria ad Est. Italia? Applausi a Draghi, sui condizionatori un nuovo whatever it takes

Alexander Stubb ha visto e conosciuto Vladimir Putin da vicino. Da primo ministro della Finlandia ha vissuto da protagonista la parabola russa e l’escalation che ha portato lo “zar” a voler invertire il corso della storia con l’invasione dell’Ucraina. Oggi, professore all’European University Institute (Eui), spiega a Formiche.net perché l’entrata della Finlandia nella Nato è solo questione di tempo. E applaude il “nuovo whatever it takes” del premier italiano Mario Draghi.

La guerra sta cambiando il volto della Nato?

Sì, in tre modi. Ha dato alla Nato un nuovo scopo, riportandola alle origini, quando era un’alleanza militare contro l’Unione sovietica. Ha spinto i Paesi membri ad aumentare le spese per la Difesa: abbiamo finalmente capito che non viviamo in un mondo in pace. Infine allargherà la membership a Svezia e Finlandia.

La Finlandia accelera per l’adesione. Ci sono ostacoli sul percorso?

Nessuno. Per la Nato la Finlandia è un asset. Lo sono le nostre forze armate: abbiamo una riserva di 900mila uomini, spendiamo il 2% del Pil nella Difesa, abbiamo un’aviazione e una difesa aerea di assoluto livello. In poche parole, siamo più compatibili con la Nato di tanti altri Stati membri.

È un passo storico.

Non sono d’accordo. È il naturale approdo della strategia di sicurezza finlandese. Siamo da sempre forti alleati della Nato. Dalla fine della Guerra Fredda svolgiamo esercitazioni e operazioni congiunte. Ci manca solo l’articolo 5.

La Russia ha minacciato rappresaglie. Cosa vi aspettate?

Probabilmente una serie di attacchi ibridi e cibernetici. Durante il discorso di Zelensky al Parlamento finlandese hacker russi hanno attaccato i ministeri degli Esteri e della Difesa. Potrebbe finire nel mirino il settore bancario. Sul piano militare non vedo minacce immediate: i russi sono abbastanza intelligenti da comprendere le conseguenze.

Cosa risponde a chi ritiene l’allargamento della Nato ad Est una causa dell’escalation?

Chi sostiene questo non comprende due cose. La prima: la Finlandia confina per 1300 chilometri con la Russia. La seconda: Putin e la Russia comprendono un solo linguaggio, il potere. E sono bravissimi a sfruttare qualsiasi debolezza.

Il segretario generale Jens Stoltenberg ha parlato di un esercito permanente al confine Est. È una mossa giusta?

Non so esattamente in cosa consista. Posso dire che la Finlandia ha già un esercito permanente, la sua riserva, con cui può mobilitare in pochi giorni fino a 280.000 soldati. Abbiamo il più grande esercito di leva obbligatoria in Europa.

Non tutta la Nato marcia compatta. Dal gas alle aperture ad Est iniziano a farsi vedere le prime crepe…

La Nato sta facendo tutto il possibile in questo momento. La partita chiave si gioca sui rifornimenti militari alla resistenza ucraina. L’Alleanza non può permettersi di entrare attivamente nel conflitto. Stoltenberg sta facendo un grande lavoro.

Si torna a parlare di Difesa europea. Può convivere con la Nato?

Non vedo un aut-aut. È fondamentale però evitare duplicati. Qualsiasi ulteriore impegno militare dell’Ue dovrebbe partire da un previo accordo con la Nato.

Lei ha conosciuto da vicino Putin. Che cosa ha pensato quando i carri armati russi sono entrati in Ucraina? Il presidente russo ha perso lucidità o persegue un piano razionale?

Come tutti sono rimasto sorpreso. La Russia segue un playbook definito in questi casi. Muove le truppe al confine, dà il via alle esercitazioni. Poi inizia con le rivendicazioni territoriali e la disinformazione, cerca o fabbrica un pretesto per intervenire, infine dà vita a un conflitto congelato cercando di annettere un’area con le truppe di “peace-keeping”.

E invece?

Invece Putin ha invertito i piani seguiti in Georgia e in Crimea nel 2014 e ha optato per un’invasione a tutto campo. Questo non fa di lui un folle: è un uomo razionale che vuole creare la sua legacy. Perde tempo chi in Occidente continua a sottoporlo a un’analisi psicologica.

Come procederà la guerra?

In origine le opzioni erano tre. Una ritirata delle truppe russe, un’Ucraina divisa e una vittoria di Putin. La terza è già fuori dai giochi: Putin ha perso la guerra, non prenderà l’intera Ucraina. È probabile che si limiti a reclamare Donetsk, Luhansk e dichiarare vittoria a Mariupol, creando un corridoio con la Crimea.

Come giudica le mosse italiane nella crisi?

Come il resto d’Europa, l’Italia può essere fiera. Draghi ha mostrato grande leadership. La sua frase sui condizionatori e la guerra è il suo nuovo whatever it takes. Ce n’era bisogno.



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