Intervista all’economista e docente emerito all’Institut d’Etudes Politiques di Parigi. Germania e Italia hanno gettato le basi per un continente piegato ai voleri di una dittatura. Roma e Berlino avrebbero dovuto rendersi autonomi e indipendenti dall’energia russa molto tempo fa. Il Patto di Stabilità? Non tornerà mai più. Facile fare come l’Olanda: il falco quando va tutto bene, ma quando la crisi morde…
Nei sogni dell’Europa e dei suoi governi c’è la fissazione di un tetto al prezzo del gas importato dalla Russia. O meglio, nei sogni di alcuni, visto che non tutti sono d’accordo. La Germania, per esempio, nicchia e di embargo al gas e al petrolio russi, addirittura, non ne vuol sapere. Sull’altra sponda, il governo di Mario Draghi suona la carica e chiede all’Europa compattezza e unità, verso quella che il ministro per la Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, ha definito senza mezzi termini “la madre di tutte le battaglie”.
Eppure, a sentire Jean-Paul Fitoussi, economista e professore emerito all’Institut d’Etudes Politiques di Parigi e alla Luiss di Roma, il gioco potrebbe non riuscire. E non solo perché l’Unione manca della necessaria unità. Più che altro, è oggettivamente difficile immaginare un intero continente finora assoggettato all’energia russa, improvvisamente libero.
In Europa sta prendendo corpo l’idea di mettere un tetto al prezzo del gas che il continente compra dalla Russia. Che effetto le fa?
Sarebbe bello arrivarci, poterlo davvero fare. Però cambiare fornitore di gas non è un pranzo di gala, su questo può credermi. Voglio dire, non è come un bottone, on/off. Serve un piano.
Sarebbe?
In una parola? Infrastrutture. E l’Europa non ne ha. Servono infrastrutture per comprare gas da altri, altrimenti parlare di tetto al gas è solo uno slogan. Mi viene in mente Shakespeare, Molto rumore per nulla.
Giochiamo per un attimo a fare gli ottimisti. Mettiamo che le infrastrutture si facciano, che l’Europa si attrezzi. Saremo mai indipendenti dalla Russia?
Io me lo auguro, voglio sperarlo e voglio crederci. Perché avremmo dovuto già esserlo da tempo, invece oggi ci è venuta una grande e improvvisa fretta. Io mi chiedo ancora oggi come abbiamo potuto piegarci a un dittatore nel nome del gas. Abbiamo comprato gas ingrassando le finanze di un Paese in cui non ci sono diritti. E lo stesso abbiamo fatto con la Cina, acquistando forniture medicali. Follia.
Mi scusi, ma le ricordo che in Europa di idrocarburi non è che ce ne siano così in grandi quantità. Non quanto in Russia, almeno…
Questa non è una giustificazione, semmai è un atto di accusa verso una classe dirigente che non ha saputo guardare lontano, oltre il proprio naso. Chi ha governato l’Europa non ha pianificato un superamento dell’energia russa. E poi si è fidato della globalizzazione, bevendo la storia che democrazie e dittature potessero andare d’accordo. Ecco perché siamo finiti nelle mani dei russi.
Facciamo dei nomi, le va?
Altroché. Tanto per cominciare la Germania e poi l’Italia. Due Paesi che hanno sempre dipeso dal gas russo, tanto da finire per abbracciarlo e mettendosi così alle dipendenze di Mosca. Eccolo, l’errore. Bisognava pensare a come essere autonomi e liberi sul piano energetico, non comprare energia da un Paese in cui la democrazia non è mai esistita.
Petrolio, gas… ma anche grano. Si mormora di una crisi alimentare, a fine anno. La Russia, d’altronde, vende grano a mezzo mondo.
Guardi, la sostanza non cambia, è lo stesso tipo di problema che abbiamo con il petrolio e il gas, perché la Russia e l’Ucraina sono fornitori molto importanti di prodotti agroalimentari, in particolare il grano. L’errore che l’Europa ha fatto è stato quello di non prendere le giuste precauzioni nei confronti di un Paese che ha delle risorse enormi, pari a un sesto di quelle globali.
Capitolo conti pubblici. Se le dico che Spagna e Olanda hanno chiesto a Bruxelles di rivedere il patto di Stabilità, annacquando la regola sul rientro del debito, che mi dice? L’Olanda da frugale si è scoperta colomba e a qualcuno questa sembra una notizia…
Lo è, ma non così tanto. L’Olanda non ha fame, non soffre, si trova in una posizione di rigore tipica di chi non deve fare sforzi. Ma quando la crisi arriva, e morde, ecco che improvvisamente la posizione cambia. Capisce? Non è che ad Amsterdam sono impazziti, molto semplicemente hanno bisogno di ossigeno, come tutti noi. E di rigore, mi creda anche qui, si muore. Il rigore genera violenza su violenza.
Allora le regole del vecchio Patto non torneranno. Possiamo stare tranquilli, se così si può dire.
Non torneranno in vigore. A meno che l’Europa non sia talmente dottrinale da non valere la pena di essere costruita. Non credo sia possibile immaginare che l’Europa preferisca la dottrina al benessere della gente e dell’economia.