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Tra rubli e gas. Cosa c’è dietro le mosse di Putin secondo Borri (Luiss)

Intervista a Nicola Borri, docente di asset pricing della Luiss: contro la Russia giusto procedere un passo alla volta, l’importante è centrare l’obiettivo, ovvero mettere alle corde Mosca e avviare l’emancipazione energetica del continente. I pagamenti in rubli per l’Europa cambiano poco o nulla, a Putin invece interessa impedire fughe di capitali

Avanti, adagio. L’importante è fare scacco matto a Vladimir Putin e la sua sanguinosa guerra. Se la scelta è quella di procedere per gradi, prima il tetto al prezzo del gas e poi un vero e proprio embargo energetico, quello che conta è il risultato, fa intendere a Formiche.net Nicola Borri, economista e docente di asset pricing alla Luiss.  Il problema è semmai una ancora troppo fragile unità dell’Europa: la Germania fino a poche ore fa non ne voleva sapere di embargo, mentre l’Italia, anche e non solo attraverso il leader del Pd, Enrico Letta, ha cominciato a fare la voce grossa.

Tetto al prezzo del gas, embargo sul petrolio. L’Europa sembra fare sul serio adesso, mettendo nel mirino le forniture russe che garantiscono a Mosca quelle entrate senza le quali non può sopravvivere. La strada è giusta?

Facciamo una premessa, c’è ancora molta incertezza sulle misure che verranno prese. Detto questo, mi sembra che l’approccio dell’Europa sia quello corretto, graduale, con delle restrizioni crescenti ma protese verso un unico obiettivo. Nel breve periodo è difficile immaginare un’indipendenza dalla Russia, ma è comunque necessario mandare un segnale a Mosca circa l’apertura di un cantiere per l’emancipazione energetica.

Lei ha parlato di indipendenza. Ma è davvero possibile immaginare un’Europa non più schiava del gas russo?

Io me lo auguro, però questo è un passaggio che non può avvenire nel breve termine. Diciamo che se i governi europei decidessero di interrompere le importazioni dalla Russia, il prezzo dell’energia nell’immediato aumenterebbe ulteriormente e ci sarebbero delle ripercussioni. Per questo occorre agire con progressività. Però non è detto che sia una cosa negativa solo per l’Europa: indebolirebbe notevolmente anche Mosca.

Borri, nei giorni scorsi il Cremlino ha più volte minacciato di pretendere il pagamento del gas e del petrolio in rubli. Ma non è una palese violazione dei contratti?

La questione è di natura, se mi consente, cosmetica. Per l’Europa cambia poco o nulla, noi paghiamo sempre in euro. Si comprano i rubli con l’euro e con i rubli si paga il gas. La pretesa della Russia è solo estetica, non c’entra il rafforzamento della moneta nazionale. L’obiettivo vero della Russia è semmai impedire una fuga di capitali.

Che cosa vuole dire?

Le faccio un esempio, se una grande azienda viene costretta ad aprire un conto in una banca russa, allora il governo ha il controllo sui capitali. Vede, tornando alla questione del pagamento in rubli, in questo momento con un Paese come la Russia è difficile utilizzare vie legali, quindi è più una questione di soft power. Si tratta assolutamente di una violazione contrattuale, ma non è il vero problema, non per noi almeno. Ora ciò su cui dobbiamo concentrarci come Italia ed Europa è diversificare le fonti energetiche, limitando l’import dalla Russia.

Dunque, se Putin vuole dei rubli per il proprio gas è solo ed esclusivamente per evitare un dissanguamento dell’economia…

Sì. Se seguiamo lo schema che Putin sembra proporre, lui ha più controllo domestico perché materialmente l’azienda russa che riceve i soldi li riceve in rubli che sono russi e Putin può controllare meglio che questi denari poi non vengano portati fuori. Quindi lo leggo come un tentativo, anche efficace, di ampliare il suo controllo su delle risorse che rischierebbe di perdere nel caso in cui dovesse diminuire la sua capacità di controllo su determinate persone o sulle aziende.

Torno sulle fughe di capitali. Ma non ha l’impressione che questo sia già avvenuto?

Molte aziende, dopo le sanzioni, hanno delocalizzato e spostato i quartier generali. Ma ripeto, molte altre sono state costrette a spostare i loro fondi presso banche russe e questo ha di fatto messo sotto chiave quei capitali.

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