O il gas, o la pace. Con una battuta il premier Mario Draghi ha scritto l’equazione che può dare una via d’uscita dalla guerra russa in Ucraina. Putin sta perdendo sul campo. Ma non si fermerà finché l’economia russa si affaccerà a un vero default. Il commento di Francesco Sisci
Mercoledì il premier Mario Draghi ha detto con una battuta che, se messi alle strette, l’Italia e l’Europa dovranno scegliere tra gas e pace per la Russia. Ha ragione, il premier ha preso il toro per le corna e qui forse è opportuno spiegare il filo del ragionamento.
Con le sue riserve estere bloccate la Russia può pagare gli interessi sui suoi debiti in scadenza solo grazie ai ricavi delle vendite di gas. Se la Russia non paga i debiti va in default, la sua moneta vale carta straccia, e non riesce a comprarsi molto. Resta solo con grano e gas, senza cucine o pentole per bruciare il gas o cucinare il grano.
L’Europa è di gran lunga il maggiore mercato per l’export russo. Il gas non è una roba che può spostarsi facilmente da destra o a sinistra, né al mondo c’è tutta questa richiesta di gas da sostituire il mercato europeo con quello cinese per esempio. Il gasdotto Russia-Cina sarà completato solo nel 2026.
Quindi se la Ue smettesse di comprare gas la Russia non avrebbe a chi venderlo, avrebbe difficoltà a trovare i soldi per pagare in debiti in scadenza e rischia il default. Quanto può resistere al default la Russia senza gli euro dall’Ue? Le stime precise variano, ma tutti concordano che non si vada oltre qualche settimana.
Invece, come ha spiegato Draghi, l’Ue può vivere normalmente con le sue attuali riserve di gas per sei mesi. Non c’è partita: in caso di taglio delle forniture la Russia va a picco prima che in Europa si sia vista l’acqua. Lo scopo della dichiarazione non è il default della Russia, ma avere un’arma negoziale autentica per premere sulla Russia perché tratti davvero con l’Ucraina e finisca la guerra.
Mosca ha bluffato spesso in queste settimane (vi taglio il gas, poi silenzio; voglio pagamenti in rubli, poi silenzio; uso il nucleare, poi silenzio). Quindi l’Ue deve avere un piano vero, attuabile e credere nella possibilità di metterlo in pratica per essere presa sul serio da un professionista del bluff e del brinkmanship come il presidente russo Vladimir Putin.
Ci deve essere la possibilità effettiva di tagliare l’acquisto di gas per spingere Mosca verso un possibile default, allo scopo di ottenere una pace il più presto possibile. Questo in realtà è anche negli interessi della Russia, e non solo per avere la continuità nella fornitura di euro, in quello che andrebbe chiamato più propriamente eurodotto e non gasdotto. Mosca ha perso politicamente la guerra, e questo lo abbiamo spiegato più volte su queste pagine, ma da un paio di settimane sta perdendo anche militarmente.
È stata sconfitta nella battaglia di Kiev e si è ritirata. Ora cerca di ottenere una vittoria a Est del Paese, ma le sue truppe sono demoralizzate e battute. Inoltre deve affrontare una resistenza ucraina che rimane acerrima. È galvanizzata dalle affermazioni a Ovest e dalle nuove armi da Europa e America.
In queste condizioni la sconfitta militare è solo questione di tempo. L’Ucraina è un Paese in armi, con milioni di volontari interni e migliaia di volontari dall’estero, ha forniture di equipaggiamenti da Usa e Ue praticamente infinita.
La Russia ha invece risorse umane e materiali molto limitate. Ha perso oltre il 20% degli effettivi. Mandare nuovi soldati al fronte è impresa complicata, bisogna spiegare ai giovani spaventati cosa c’è di vitale per Mosca nella guerra in Ucraina. Le sue fabbriche di armi non hanno le capacità altrui. In queste condizioni è solo questione di tempo perché l’attuale sconfitta russa si trasformi in disfatta.
Non è interesse europeo però che la Russia salti, ma per non saltare deve trattare il prima possibile, prima che la situazione degeneri oltre ogni limite. Se Putin non vede da solo la razionalità dell’operazione, il rischio autentico di default, forse lo spingerà questo. Meglio una resa onorevole che una disonorevole.
Questo il punto della operazione “gas o pace”, abbreviare la guerra, salvare il salvabile della Russia e di Putin.
Non è certa, non è una equazione matematica, ma è possibile e probabile. Di certo in queste condizioni affretta solo il corso naturale delle cose cercando di salvare almeno pezzi dell’esistente. L’Ue rischia di pagare un prezzo di confort per questo? Sì ma è minore che trascinare la guerra più a lungo e aumentarne a dismisura i costi umani e materiali.