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Tutti gli errori dell’Italia sul gas russo. Le mazzate di Clò

L’ex ministro dell’Industria: “Basta sceneggiate: il nostro problema non è fra tre anni, ma il prossimo inverno. Prima la priorità era il clima, ora è la sicurezza nazionale e la convenienza economica: il carbone costa la metà del gas”

L’Europa non ha contezza di essere prigioniera della Russia, ammette a Formiche.net Alberto Clò, economista, ex ministro dell’industria nel Governo Dini e nel cda di varie società quotate (Eni, Finmeccanica, Italcementi, Iren e ASM Brescia, Atlantia, Snam). L’Italia ha fatto la scelta politica di stare con Mosca accodandosi alla Germania, precisa, nonostante tutti gli indicatori dicessero di fare il contrario. E prevede che adesso senza il gas russo ci sarà un “disastro sociale, perché molte famiglie rimarranno al freddo e non ci resta che indossare cardigan più robusti”.

Secondo il Governatore di Bankitalia Ignazio Visco lo stop al gas russo porterebbe una recessione, ma leggera e transitoria. Ha ragione?

La rinuncia al gas russo per l’Italia avrà un impatto sicuramente macroeconomico, ma sarà un disastro sociale per chi nel prossimo inverno non avrà riscaldamento né energia. Come fa Bankitalia a valutare una recessione leggera? Non dimentichiamo che un’abitazione su sei è riscaldata con gas russo. Inoltre di gas in giro non ce n’è: dovremmo iniziare a raccontare le cose come stanno, senza sceneggiate.

Ovvero?

Chi dice che stiamo diversificando verso l’Angola non dice che in Angola non c’è nulla, come in Congo. Il nostro problema non è fra tre anni, ma il prossimo inverno, per cui tutta la retorica sulla diversificazione non ha senso. Senza gas russo e senza scorte molte famiglie rimarranno al freddo e non ci resta che indossare cardigan più robusti. Come si può valutare ora l’impatto macroeconomico di fabbriche che non potranno andare avanti senza energia elettrica io non lo so.

Alcuni Paesi come la Germania avevano già saltato pagamenti in rubli e nessuno gli aveva chiuso il gas. Invece Gazprom ha detto stop a Bulgaria e Polonia. Perché?

Penso che si sia passati ad una fase due della crisi, che sarà più critica: da un lato la Russia ha cominciato a stringere la corda con cui ci sta strangolando e lo ha fatto con due Paesi europei di dimensione inferiore, quindi senza un grande impatto visto che consumano tra i 13 e i 14 miliardi di metri cubi. La Polonia se la caverà, la Bulgaria avrà qualche difficoltà in più. Ma registriamo un attacco diretto della Russia su Paesi minori e limitrofi.

E dall’altro?

Si fa presto a decretare embarghi, ma poi ognuno si arrangerà. L’Europa ne ha decretato uno verso il carbone dal primo agosto, che alimenta il 45% delle esportazioni. Osservo che la fonte che tra tutte sta crescendo di più è il carbone. Lo scorso anno è aumentato del 9% a livello mondiale, del 12% a livello europeo, in barba a quei governi che sono andati a Glasgow annunciando di voler abiurare al carbone e quasi offendendo l’India che andava ancora a carbone.

Il nodo quindi è politico?

Si decidono embarghi in una situazione di totale e colpevole ignoranza sulla situazione dei mercati per una scelta politica. Avremo una nuova diplomazia dopo tutti i viaggi in giro per il mondo alla ricerca di nuove fonti: adesso in Italia si stanno riattivando le centrali a carbone, c’è chi invoca anche quelle a olio combustibile, mentre al contempo tutti raccontano che la transizione energetica sta accelerando. Ma dove? Invece sta regredendo per la semplice motivazione che prima la priorità era il clima, ora è la sicurezza nazionale e la convenienza economica: il carbone costa la metà del gas (15 dollari per btu contro 35). Ogni volta che c’è un auspicio i mercati reagiscono: lo dimostra il fatto che il prezzo del carbone è aumentato di quattro volte appena si è iniziato a discuterne.

Crede che il punto vero sia se il gas russo lo si compri o meno, o se il pagamento sia in rubli o euro?

Il punto vero è che l’Europa non ha contezza di essere prigioniera della Russia, non per un cattivo destino ma per nostra scelta. L’Italia ha fatto la scelta politica di stare con Mosca accodandosi alla Germania, nonostante tutti gli indicatori dicessero di fare il contrario. Nel 2008 la Russia invase la Georgia, in una guerra di cinque giorni per annettersi due province. È esattamente ciò che, in sedicesimi, è accaduto in Ucraina. La differenza è che la Georgia ha chinato il capo. Dopo una cosa del genere e dopo che nel 2006 e nel 2009 Putin aveva tagliato il gas a Kiev, l’Europa ha raddoppiato le importazioni da Mosca, preferendo la Russia a tutto il resto. Col senno del poi si può dire tutto, ma osservo che dopo il referendum no-triv sono state bloccate tutte le autorizzazioni in Italia. Di che cosa ci stiamo lamentando adesso?

La disputa tra Marocco e Algeria sarà un elemento critico nei nuovi accordi?

Sì, anche perché tutti questi accordi hanno implicazioni collaterali e quindi c’è una tensione crescente come quella tra Spagna e Algeria.

@FDepalo



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