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Il mondo dopo Kiev si deciderà (anche) in India

Richard Haas su Foreign Affairs lancia una conferenza per ridefinire l’ordine internazionale dopo la guerra russa in Ucraina. Ma limitarla al club occidentale escludendo il vero attore chiave, l’India, può essere un grave errore. Il commento di Marco Mayer

Richard Haas in un articolo su Foreign Affairs di ieri, “What Does the West Want in Ukraine?”, sostiene l’esigenza di aprire immediatamente una ampia consultazione politica sugli scenari post conflitto tra Ucraina, Unione Europea, Stati Uniti e gli altri paesi che si sono opposti all’invasione russa in Ucraina.

I risultati dipenderanno in parte dagli esiti dei combattimenti. Ma ciò che manca per Haas é la definizione da parte occidentale di alcune soluzioni politiche post belliche che siano in grado di incidere sugli sviluppi militari in corso.

A suo giudizio non tutti gli obiettivi dell’Ucraina possono, infatti, coincidere meccanicamente con quelli di Stati Uniti, Unione Europea o di altri attori. Haas sottolinea ad esempio come gli interessi gli Euro-Atlantici siano più ampi di quelli dell’Ucraina. Il confronto ed il “braccio di ferro” con Mosca tocca, infatti, aspetti globali quali la deterrenza nucleare e temi sensibili ad essa connessi come il nucleare iraniano o gli azzardi atomici della Corea del Nord.

Tutto vero, ma perché limitare il confronto solo all’occidente? È notizia di oggi che l’India del Presidente Narendra Modi ha concluso una intesa con il Regno Unito. Sullo sfondo c’é da considerare il ruolo fondamentale della Cina. Penso che sia molto importante che la leadership ucraina dimostri la capacità di inserire il drammatico conflitto in corso nel contesto di una poltica estera a 360 gradi. anche per mantenere il sostegno dei tanti paesi che l’hanno sostenuta ed anche quelli che come l’India o la Cina che si sono astenuti. In gioco é la sovranità nazionale e il diritto di difesa degli Stati, non il tipo di regime politico di un paese.

A mio avviso, ma é solo una congettura personale la brutale aggressione decisa dal Cremlino contro l’Ucraina é un segno di frustrazione per il successo di tanti paesi nonché della crescente insofferenza del Presidente Putin per la tendenza bipolare che sempre più caratterizza le relazioni internazionali nella gara tra Cina e Stati Uniti nonché per l’ingresso di nuovi attori come l’India, la Turchia, l’Indonesia, ecc. Se Vladimir Putin in 22 anni di governo incontrstato non é riuscito a stare al passo degli Stati Uniti. della Cina o di altri paesi emergenti del G20 non é certo colpa di Washington, Pechino o Ankara e tantomeno dell’ Ucraina.

La verità é che la Russia é rimasta ferma in troppi settori illudendosi che bastasse corteggiare le elites politiche dominanti (a occidente come a oriente) per conservare le sue posizioni di rendita finanziaria. Reclutare cinque ex primi ministri europei nel suo sistema di potere é una mossa utilissima nel breve periodo, ma alla lunga non regge. Non si deve dimenticare che in Cina (che pure ha tanti difetti) é in atto con qualche successo la lotta alla corruzione politica e ciò rende il rapporto Mosca e Pechino particolarmente delicato.

Nessuno conosce quali informazioni specifiche sull’Ucraina si siano scambiate il 4 febbraio (inaugurazione delle Olimpiadi) i presidenti XI e Putin. Ma il clima generale del summit era apparso alla stampa internazionale positivo per il rilancio di una partnership strategica sino-russa (energia, difesa, ecc) che Vadimir Putin aveva ideato ed avviato 25 anni fa (sin dal 1998) quando era vice di Eltsin.

Tuttavia in quell’occasione il Washington Post ha osservato l’assenza della parola “Ucraina” nel comunicato finale del vertice, quanto meno nella sua versione inglese. Altri analisti riferiscono di un qualche attrito sotterraneo tra Mosca e Pechino in relazione alle vicende del Kazhakistan di qualche settimana precedente.Quello che appare certo é che il 25 febbraio (il giorno successivo all’inizio della guerra) il colloquio telefonico tra Putin e Xi viene riportato con toni freddi e molto stringati da entrambe le parti.

Sembra proprio che Putin abbia scelto di iniziare la guerra per una sua scelta solitaria di sfidare la Carta dell’Onu e il mondo intero. Tuttavia, come nota Haas, come concluderla non dipenderà solo da lui. Sia Putin che Zelensky hanno molti interlocutori con cui fare i conti sia che si limitino ad un cessate il fuoco sia che intendano giungere ad un vero e proprio accordo di pace. In questa prospettiva l’Ucraina deve discutere i propri obiettivi non solo con l’Unione Europea, con gli Stati Uniti e con le altre nazioni che la sostengono in questa fase così drammatica della sua storia. C’é già un dialogo molto importante con la Turchia e con Israele, ma per un paese aggredito come l’Ucraina (e in nome della sovranità territoriale) il rapporto con altre potenze come Cina e India é fondamentale.

Quali sono gli scenari possibili? I massacri di civili, i crimini di guerra e le atrocità commesse dalle forze russe rendono quasi impossibile per l’Ucraina (e per tutto il mondo) che la Russia venga “premiata” con concessioni territoriali che consentano il collegamento diretto della Crimea con la Transnistria (da più di 30 anni dominata da bande criminali) e con il Donbas. Sarebbe un precedente inaccettabile sul piano internazionale. È probabile che se Mosca dovesse perseguire ad ogni costo questo obiettivo il conflitto armato durerà a lungo, ma con grandi rischi di logoramento per le truppe russe.

Una seconda possibiltà potrebbe essere il “congelamento” ovvero più o meno uno status quo de facto con Crimea ed una parte dei territori conquistati nel Donbass dalle forze russe. Questo scenario é possibile se continua l’attuale fase di stallo. Secondo Haas potrebbe essere un accettabile prezzo da pagare per l’Ucraina che ha già pagato un altissimo costo di sangue e che dovrà impegnarsi in una gigantesca opera di costruzione. In questo caso per Putin le conquiste territoriali sarebbero modeste, ma potrebbe “vendere” il cessate il fuoco come una vittoria per aver ottenuto il non ingresso dell’Ucraina nella Nato (già respinto dall” Alleanza Atlantica, ma tanto nessuno se lo ricorda).
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In questi due mesi l’Ucraina ha avuto coraggio e dimostrato capacità di reazione. Oggi oltre a resistere contro armi proibite, missili e carri armati a Kiev – almeno a mio avviso – serve intraprendere una fase diplomatica realistica che non conti solo sulle sanzioni e gli aiuti occidentali.

Per Haas con il tempo l’Occidente con un mix di sanzioni, aiuti e diplomazia potrà progressivamente ottenere il ritiro delle truppe russe dal territorio ucraino. Può darsi, ma il suo punto di vista non mi convince, mi sembra un approccio limitato. Quando un paese é aggredito e lotta per la sopravvivenza e per la libertà del suo popolo non deve guardare solo a Ovest. . Mi viene in mente Israele che ha una politica estera a 360 gradi. Anche per Kiev vale un’azione diplomatica ed una comunicazione politica che guardi al mondo.

Difendere il diritto di esistere e di tutelare la propria sovranità é un valore universale. Questo é il principio che Putin ha commesso l’errore di violare. Gli Stati Uniti hanno pagato carissima l’invasione dell’ Iraq e dispiace che molti che condannarono Washington senza problemi oggi per ragioni assai meno nobili dimostrino verso l’aggressività di Mosca una inamissibile timidezza.

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