Il generale già a capo della missione Kfor: la guerra nell’Est dell’Ucraina sarà violenta ma non scontata, per Zelensky vitale difendere Odessa e l’accesso al Mar Nero. Nucleare? Putin rischia, Kiev potrebbe sapere come rispondere. Italia? Più di così non possiamo (o vogliamo) fare
“Qui è un inferno”. Nello sfogo del governatore ucraino della regione di Lugansk, Sergei Gaïdaï, c’è un assaggio della battaglia per il Donbass che si apre nell’Est dell’Ucraina. La fase 2 dell’invasione russa è iniziata e sarà violenza pura. Ma niente si può dare per scontato, spiega a Formiche.net il generale Carlo Cabigiosu, già a capo della missione Nato Kfor in Kosovo e Comandante operativo del vertice Interforze.
Si apre una nuova fase del conflitto. Cosa aspettarsi?
Difficile fare previsioni. In due mesi gli ucraini hanno dimostrato di saper mandare in fumo i piani russi anche quando sono in minoranza di mezzi e uomini. È plausibile che Mariupol cadrà definitivamente e che le forze russe si impadroniscano della fascia che unisce il Donbas alla Crimea.
Perché per Mosca è così importante creare un corridoio?
Perché Putin ritiene la Crimea parte del territorio russo. E la Crimea non è congiunta alla Russia da vie di comunicazione terrestri, salvo il ponte di Kerch che però permette un traffico limitato. Ma anche perché a questo punto il corridoio è uno dei pochi successi che Putin può portare a casa.
Quali sono invece gli obiettivi minimi di Kiev nell’Est?
La difesa di Odessa e l’accesso al Mar Nero sono obiettivi vitali, i russi hanno già preso il Mar d’Azov. Kiev cercherà di concentrare le forze tra Mariupol e Odessa per evitare che l’armata russa trasformi l’Ucraina in uno Stato continentale.
La Turchia di Erdogan ha grande influenza in quei mari. Potrà farsi garante del traffico una volta raggiunto il cessate-il-fuoco?
Sì, la Turchia vanta un ruolo centrale nel Mar Nero perché controlla lo Stretto dei Dardanelli, di cui è garante da più di un secolo. Sarà altrettanto centrale nell’assicurare il libero transito alle navi ucraine.
Torniamo a Kiev. Di quali armi ha bisogno per sostenere la fase due della guerra?
Gli ucraini hanno un problema di aviazione. Finora le artiglierie terresti e i missili terra-aria hanno avuto un ruolo preponderante, ma Kiev non ha il controllo dei cieli. Per fermare l’avanzata dei mezzi corazzati russi e sfuggire alla tenaglia per circondare le forze nel Donbas necessita aiuto.
Di che tipo?
Sistemi di difesa contraerea, bombardieri e caccia, droni armati. Tecnologia che richiede un comando operativo in grado di gestirla e uomini addestrati a operare con sistemi sofisticati.
L’Italia può fare la sua parte?
Ha già fatto quel che poteva. Ora sono richiesti sistemi d’arma che non siamo in grado di fornire o non vogliamo impiegare in Ucraina per non oltrepassare alcune linee rosse.
A proposito di linee rosse: cosa succede se Mosca utilizza bombe nucleari tattiche?
Commette un grave danno a se stessa perché la risposta non può che essere nucleare. Sulla carta l’Ucraina non ha più armi di questo tipo, le ha restituite alla fine degli anni ’90 con la dissoluzione dell’Urss. Ma non ne sarei così sicuro.
Cessato il fuoco, serviranno garanzie per fermare gli scontri al confine. Schierare una forza di interposizione dell’Onu o dell’Osce è fattibile?
Il modello Osce era già in campo nel Donbass in questi anni con più di 900 osservatori, non è bastato. I caschi blu non hanno gli strumenti militari in grado di mettere in campo una deterrenza credibile. La Nato sì, ma i russi non la accetterebbero. Serve una coalizione internazionale come quella schierata contro l’Isis.