L’ex premier sussurra al premier attuale. Lamberto Dini applaude Mario Draghi, “ha stamina”, e guarda alla sua visita a Kiev: mandiamo armi a Zelensky. In Italia governo blindato, in Francia Le Pen spacciata (memo per la destra di qui)
“Draghi ha stamina”. Chissà che basti a far tornare subito in pista il presidente del Consiglio, quarantenato causa Covid a Città della Pieve. Di sicuro basta a tenerlo al timone fino a fine legislatura, dice a Formiche.net Lamberto Dini, già presidente del Consiglio e governatore di Banca d’Italia, che con Draghi condivide una parte importante del cv. Da ex premier a premier, un consiglio non richiesto per affrontare la visita a Kiev da Volodymyr Zelensky.
Draghi andrà in Ucraina. Meglio tardi che mai?
È un atto dovuto. La riprova che l’Italia sa dove stare: con l’Ucraina, l’Ue e gli Stati Uniti, contro l’aggressione russa.
Se andasse lei, cosa direbbe a Zelensky?
Garantirei il continuo sostegno dell’Italia alla resistenza ucraina con l’invio di armi, non solo di beni alimentari o rassicurazioni vaghe. Credo che Zelensky ringrazierà apertamente Draghi per l’appoggio concreto alla causa di Kiev.
Si poteva fare di più?
Non mi pare. L’Italia si è seriamente messa alla ricerca di nuove fonti di petrolio e gas da importare per sostituire quello russo. Anche se…
Cosa?
Lo sta facendo senza sposare in pieno gli eccessi dell’Ue e di von der Leyen. Parlare di embargo immediato significa ignorare le gravi conseguenze che avrebbe sui prezzi dell’energia in tutto il mondo. Non lo dico io, lo dice il segretario di Stato americano Antony Blinken.
Va bene. Allora come si ferma Putin?
L’Europa deve cercare gradualmente fonti alternative e inviando armi pesanti. Gli Stati Uniti hanno altre ambizioni: ribaltare il regime russo. Biden lo ha detto senza mezzi termini e lo ha pure ribadito: Putin deve andarsene.
Però intanto a Roma i pacifisti d’antan montano le barricate contro l’invio di armi.
Lo scontro tra neutralisti e interventisti dividerà il Paese a lungo. Per ora conta che il governo abbia ottenuto il via libera del Parlamento. E che l’Italia sia rimasta ancorata a Nato e Ue.
Lunedì si celebra la resistenza. Anche quella fu armata, eppure oggi c’è chi in Ucraina vorrebbe i fiori nei cannoni.
Mi creda: questo confronto regge poco. Sa perché? All’epoca, quando i partigiani si battevano con tedeschi e fascisti, gli americani avevano già quasi vinto la guerra. Oggi non siamo ancora a quel punto, purtroppo.
Dini, parliamo di Francia. Quanto c’è in gioco nello scontro Le Pen-Macron?
Molto, ma meno di quanto si pensi. La Francia con tutti i suoi limiti è e resterà un pilastro dell’Occidente. Non c’è spazio nel palazzo per i partiti revisionisti di estrema destra che ammiccano a Putin.
Un pronostico?
Le Pen va incontro a una sonora sconfitta. L’antieuropeismo oltranzista paga poco alle urne. Memo per la destra italiana.
Allora gliene chiedo un altro. Quanto dura Draghi al comando?
Come da manuale, in quest’ultimo anno di legislatura il governo avrà vita difficile. Gli spintoni dei partiti con lo sguardo al voto si faranno sentire. Ma a Draghi non c’è alternativa e il voto anticipato è da escludere.