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Perché plaudo al dibattito aperto da Letta e Meloni

Pd o non Pd, il manifesto di Letta offre una piattaforma strategica per tutti i partiti perché identifica con precisione i  sette nodi cruciali per il futuro dell’Europa (e del nostro Paese). E il dibattito aperto con la risposta di Giorgia Meloni potrebbe fare bene alla politica tutta

Giorgia Meloni ha accolto con interesse il manifesto “Per un muovo ordine europeo” pubblicato da Enrico Letta e pubblicato da Il Foglio. La reazione positiva di Meloni (“È vero è tempo di una Europa forte“) non sorprende perché il testo di Letta esprime una visione politica compiuta,  eccezione alla regola rispetto all’afasia della politica italiana degli ultimi anni. Non a caso – sia pur con accenti diversi e qualche critica –  Sergio Fabbrini e Angelo Panebianco hanno espresso una impressione positiva. Anche a sinistra non sono mancati i complimenti e una certa sorpresa.

Sergio Staino – creatore del mitico Bobo – ha scritto: “Con emozione (non sto scherzando) vi invio il manifesto scritto da Enrico Letta lunedì su Il Foglio. Vi prego di leggerlo con attenzione perché, finalmente dopo tanto tempo, un segretario del Pd riesce a costruire uno scenario così vasto e complesso indicandoci con intelligenza la strada da percorrere”.

Pd o non Pd, il manifesto di Letta offre una piattaforma strategica per tutti i partiti perché identifica con precisione i  sette nodi cruciali per il futuro dell’Europa (e del nostro Paese) .

Tornando a Giorgia Meloni vale la pena di soffermarsi sul punto in cui ha preso le distanze da Letta: “È vero, è tempo di un’Europa forte. Ed è vero, serve un’anima a questa Europa. Ce lo impongono la storia e la cultura dell’Italia, che insieme all’antica Grecia può essere definita la culla della civiltà europea. Ce lo impongono le sfide del futuro che rischiano di essere condizionate in maniera decisiva e forse irrimediabile da quelle del presente, a partire dalla brutale e ingiustificata aggressione della Russia ai danni dell’Ucraina. È su come realizzare questa ‘Europa forte’ e su quale sia quest’anima che la mia visione e quella del segretario Pd divergono inesorabilmente”.

Al di là dell’auspicio politico di una Europa più integrata nelle aree di policy individuate da Letta la leader di FdI e dei conservatori europei contesta le riforme politico-istituzionali della Ue proposte dal segretario del Pd. Per Letta abolire l’unanimità e il conseguente diritto di veto di ogni singolo Stato membro è indispensabile; per Meloni viceversa sarebbe un boomerang. Per la leader di Fratelli d’Italia “le ultime settimane ci hanno dimostrato che, quando c’è la volontà politica, si può fare tutto e che gran parte di quello che non è stato fatto in questi anni non ha nulla a che fare con il diritto di veto in seno al Consiglio europeo”.

Il problema è che le parole di Giorgia Meloni sono imprecise, e sopratutto non reggono l’evidenza empirica. Ciò che l’Europa ha fatto per contrastare l’invasione  russa dell’ Ucraina non è stato possibile per una fumosa e indefinita “volontà politica”, ma sulla base di una volontà politica unanime.  Saltare l’aggettivo unanime può far comodo, ma è misleading. La verità  effettuale é che le decisioni sono state prese perché c’é stata unanimità politica. Punto.

C’era anche sull’Ucraina – sempre in agguato – la spada di Damocle. Bastava che uno Stato membro (non importa se di ispirazione progressista o conservatrice) si fosse messo di traverso per bloccare tutto. L’esperienza empirica dimostra ampiamente come una potenza autoritaria e ostile possa  influenzare un singolo Stato della Ue. Enrico Letta cita il caso di Cipro rispetto alle irregolarità delle elezioni in Bielorussia, ma potrei fare un lungo elenco di vulnerabiltà pregresse.

Su questo punto mi piacerebbe che Fratelli d’Italia, ma anche gli altri partiti, riflettessero con la dovuta attenzione. A mio avviso la stessa Meloni entra involontariamente in contraddizione con se stessa quando scrive: “Noi crediamo invece che l’Europa debba sforzarsi di essere una democrazia di valori, che quei valori risiedano nelle nostre radici classiche e cristiane, che forti di quei valori dobbiamo proporre un progetto rispettoso delle identità nazionali e che, forti di quel progetto, dobbiamo porci come un attore globale per difendere gli interessi dei nostri cittadini. Che è esattamente quello a cui dovrebbe servire l’Unione europea”.

Non c’è bisogno di citare i più illustri esponenti del pensiero politico per spiegare ai cittadini che per l’Europa è impossibile agire come attore globale sotto la spada di Damocle dell’unanimità e del conseguente ricatto del diritto di veto. L’Europa pienamente rispettosa delle identità nazionali ed espressione della democrazia dei valori va benissimo, ma questo non basta certo a trasformarla in un attore globale.

Meloni cita il caso ungherese. Forse esistono problemi con i valori della Ue in materia di stato di diritto, ma nessuno si sogna di mettere in discussione la sovranità politica dell’Ungheria e la legittimità del suo governo, eletto regolarmente dai cittadini.

Il punto è un altro. È giusto che il governo ungherese come quello di qualunque altro Paese europeo (sia esso di sinistra o di destra) notoriamente legato alle autocrazie, possa da solo bloccare la politica estera e di difesa dell’ Europa intera? Non c’entra la sovranità; stiamo parlando  di dare ad un singolo Stato l’enorme potere di bloccare tutto. In altre parole, Malta o Cipro hanno lo stesso potere di veto dei 5 membri permanenti nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu.

Voglio essere molto chiaro. Non è un discorso di oggi, ma viene da lontano. Oggi preoccupa molto l’intreccio inestricabile tra Ungheria e Cina, ma lo stesso tema si è posto – ad esempio – dai tempi del governo Schroeder per le relazioni speciali tra Germania e Russia. Per molti anni – per l’incisività di lobbies politico/economiche trasversali – è stata gravemente sottovalutata in Europa sia la dipendenza energetica   dalla Russia sia quella digitale dalla Cina. e su questo i popolari e i socialisti europei hanno certamente la loro parte di responsabilità.

D’altra parte Giorgia Meloni – unica leader politica europea di origini italiane – sa benissimo che per realizzare davvero una Europa forte mancano  partiti europei veri. Mi riferisco a  partiti resilienti ovvero capaci di resistere a lusinghe, a sirene, a campagne di influenza di potenze autoritarie.

Ma c’è un punto su cui Giorgia Meloni ha ragione a criticare Letta. La nuova Europa forte non può dipendere solo dai Paesi dell’ex Europa occidentale. Il segretario del Pd fa bene a sottolineare l’impulso di Italia, Germania, Spagna e Francia, a mio avviso sarebbe un grave errore politico non coinvolgere da subito la Polonia che – tra l’altro oggi vive in trincea per la grande solidarietà ai rifugiati dalla guerra.

Un discorso simile dovrebbe essere fatto per la Serbia. Conosco i Balcani per la mia esperienza triennale sul campo. Con Belgrado l’Europa non è stata lungimirante e si è mossa spesso in modo  impacciato e diviso. Ritrovare un approccio unitario europeo ed euroatlantico nei confronti di Belgrado è un imperativo dell’oggi per non trovarsi impreparati domani.

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