L’Iran ha usato i miliziani iracheni per fornire armi alla Russia, che per colpa delle sanzioni ha necessità di aiuti. L’asse Teheran-Mosca prova ad aggirare le misure occidentali. Ma che effetti avrà questo aiuto sui negoziati per il Jcpoa?
Il Guardian ha informazioni che mettono in chiaro tutta la complessità della guerra russa in Ucraina, i collegamenti globali, l’approfondimento della demarcazione tra fronti internazionali e modelli di pensiero. RPG (granate con propulsione a razzo) e missili anticarro, così come sistemi lanciarazzi di progettazione brasiliana, sono stati spediti in Russia dall’Iraq tramite la rete di milizie sciite controllate dai Pasdaran. In più, un sistema missilistico Bavar 373 fabbricato in Iran, simile all’anti-aereo S-300 russo, è stato donato a Mosca dalle autorità di Teheran, che hanno anche restituito un S-300, secondo una fonte del giornale inglese che ha aiutato a organizzare il trasporto. Gli S-300, per capirci, sono gli stessi che la Slovacchia ha recentemente fornito all’Ucraina.
Se la Russia, grande produttore di armi, è costretta ad appoggiarsi al network iraniano, le ragioni sono molteplici: dal volere evitare che i suoi pezzi finiscano sacrificati in determinati contesti di combattimento, dove sa di poter trovare maggiore resistenza ucraina; alle necessità di aiutare la produzione bellica, limitata dalle sanzioni nell’accesso al mercato della componentistica.
L’Iraq è d’altronde pieno di armi. Ci sono quelle che gli Stati Uniti hanno venduto e passato all’esercito iracheno: e da quando il governo ha integrato nel sistema di sicurezza Ḥashd al-Shaabi, il raggruppamento ombrello delle milizie sciite, per combattere lo Stato islamico, anche questi combattenti le usano. Ci sono quelle che l’Iran ha passato ai suoi proxy, che sono usate nella campagna di logoramento contro le forze americane — portata avanti con l’obiettivo di farle lasciare il Paese e restare sole nello spartirsi interessi.
Il 26 marzo, alcune armi sono state trasportate in Iran attraverso il valico di frontiera di Salamja, “dove poi sono state ricevute dai militari iraniani”, scrive il Guardian probabilmente riferendosi ai Pasdaran, e portati in Russia via Mar Caspio: dal porto iraniano di Bandar Anzali ad Astrakhan, una città russa sul delta del Volga. La stessa fonte, un comandante di Ḥashd al-Shaabi, di aver anche “smontato e inviato in pezzi”, il primo di aprile, due sistemi lanciarazzi Astros II di progettazione brasiliana, conosciuti in Iraq come la versione Sajil-60, costruita su licenza, in Iran. “Non ci interessa dove vanno le armi pesanti [perché noi ne abbiamo bisogno al momento]”, ha detto uno dei miliziani iracheni: “Qualsiasi cosa sia anti-USA ci rende felici”.
L’asse anti-americano — dimensione che semplifica e catalizza il sentimento anti-occidentale in genere — si muove. L’Iran ha interessi diretti affinché Vladimir Putin vinca la sua guerra e non finisca destabilizzato da una sconfitta. La Russia controlla la Siria, soprattutto i cieli siriani, dove l’Iran si è impegnato per salvare il regime alawita di Bashar El Assad nell’ottica di preservare quell’internazionale sciita che rappresenta la propria sfera di influenza. Molte di quelle milizie che ora si rendono disponibili per aiutare i russi sono nate e sono state rinforzate e strutturate per assistere il regime assadista. Poi c’è il tema dello scontro tra modelli, con gli iraniani che — nonostante negozino il Jcpoa con le Democrazie occidentali — sono parte del campo degli Autoritarismi.
Le estese sanzioni economiche imposte a Mosca dalle nazioni occidentali dopo l’invasione del 24 febbraio hanno incluso divieti sui prodotti dual use, tra cui pezzi di ricambio per veicoli e certi tipi di elettronica e dispositivi ottici, così come articoli con evidenti usi militari. Per la Russia l’aiuto iraniano è importante, soprattutto nel campo missilistico, perché servono le ricariche per i lanciarazzi multipli usati per sfondare i fronti cittadini ucraini. L’Iran, attraverso le milizie, si garantisce una parte di protezione dalle ripercussioni sanzionatorie inoltre, cosa che altri partner a cui il Cremlino ha chiesto sostegno non possono — come la Cina, che ha fatto sapere di aver negato questa assistenza tramite un’intervista dell’ambasciatore a Washington.
Le perdite significative russe non solo hanno prodotto pochi guadagni, ma stanno mettendo in crisi l’efficacia al combattimento di diversi battaglioni tattici di Mosca. Abbandonato il tentativo iniziale di conquistare Kiev, e mentre sta riposizionando le sue forze di terra per un nuovo assalto nell’Est del paese, la Russia deve disporre di armi e munizioni per mandare avanti la guerra. Questo rende il tutto-fa-brodo dalle milizie irachene ancora più comprensibile.
La scorsa settimana, i servizi segreti ucraini hanno accusato la Georgia di aiutare la Russia a ricevere materiale militare sanzionato, in un altro potenziale segno della portata dei nuovi sforzi del Cremlino di utilizzare le reti di contrabbando internazionali per aiutare la sua campagna in Ucraina. Secondo l’intelligence di Kiev, i servizi segreti georgiani hanno ricevuto istruzioni di non interferire con i canali di contrabbando in Asia Orientale. Il governo di Tbilisi nega questo coinvolgimento, sebbene è noto che parte dei rinforzi inviati da Mosca nell’Ucraina orientale per la nuova offensiva, siano truppe russe di stanza nelle regioni contese georgiane. Altri sono miliziani siriani assadisti che conoscono i gruppi iracheni; altri ancora sono contractor del Wagner Group, che hanno fatto parte del coordinamento delle attività russe in Siria.