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Perché Musk ci ha ripensato e non entrerà nel cda di Twitter

Una settimana fa l’annuncio dell’acquisto del 9,2%. Poi la notizia del suo ingresso nel board dell’azienda. Nel mezzo, critiche e provocazioni continue al social network di cui è entrato a far parte e che vorrebbe rivoluzionare. Sembra che intanto voglia tenersi le mani libere

Dopo giorni di giravolte, Elon Musk compie l’ultima e decide di non entrare nel consiglio di amministrazione di Twitter. La notizia è arrivata nella tarda serata di ieri, direttamente dal profilo del Ceo Parag Agrawal, e va a chiudere una settimana di clamorosi annunci, provocazioni e lamentele da parte dell’imprenditore sudafricano.

Solo sette giorni fa, infatti, la Securities and Exchange Commission (SEC) aveva comunicato il suo acquisto del 9,2% delle quote, che lo rendeva l’azionista più forte nella società. Gli era stata offerta la possibilità di possederne ancor di più, senza sfondare la quota del 14,9%, con l’impegno a non rilevare mai l’azienda. La nomina nel cda sarebbe dovuta arrivare sabato ma, a quanto pare, Musk si è tirato indietro.

Ripercorrendo le ultime ore si potrebbe pensare a una strategia da parte del proprietario di Tesla, forse per essere slegato dal vincolo del 14,9% delle quote e poterne acquistarne di più. Nei primi giorni aveva presentato domanda presso la Sec di essere considerato un azionista “passivo” e dunque che non ha impatto sulla gestione. Una mossa inspiegabile, visto che aveva già programmato varie attività con manager e dipendenti della società, tanto che dopo poche ore ha ritirato quel modulo e lo ha ripresentato presentandosi come socio attivista.

Il suo essere nel cda, e dunque aver accesso a informazioni riservate, avrebbe impedito il suo twittare compulsivo sulla società stessa, pena il rischio di sanzioni delle autorità di vigilanza e possibili cause civili da parte di altri azionisti.

La sua entrata in Twitter aveva già lasciato molti a bocca aperta date le continue critiche che Musk aveva rivolto all’azienda nel corso degli anni.

Tanto che, attraverso diversi sondaggi proprio sulla piattaforma – dove conta un pubblico di oltre 80 milioni di followers – si era iniziato a pensare che potesse lui stesso lanciare un nuovo social network incentrato sulla libertà di parola. “Pensate che Twitter rispetti i criteri democratici?”, aveva chiesto ottenendo una risposta negativa dalla maggior parte delle persone. Stessa cosa, ma in senso positivo, quando aveva domandato se fosse il caso di pensare a un algoritmo open source. Una delle ultime provocazioni riguardava il pulsante di modifica che avrebbe voluto introdurre e che, a quanto pare, piaceva al 73,6% dei followers.

Anche mentre si consumava il suo rifiuto a entrare nel cda, Musk ha posto l’attenzione su come “il social stesse morendo”. Testimonianza ne sono i rari tweet di persone come Taylor Swift  – “non ha postato niente in tre mesi” – e Justin Bieber – “solo un post nell’intero anno”. Inoltre, siccome la pandemia e lo smart working hanno svuotato gli uffici permettendo ai dipendenti di lavorare da casa, la proposta di Musk è stata quella di aprire le porte della sede ai tanti (troppi) senza tetto di San Francisco. Un’idea che, a quanto pare, anche Jeff Bezos appoggerebbe in pieno. Ancor più diretto è stato quando, nell’ennesimo sondaggio, ha chiesto ironicamente se fosse il caso di trasformare “Twitter” in “Titter” (che tradotto in italiano significa “ridacchiare”).

“Abbiamo e valuteremo sempre il contributo dei nostri azionisti, indipendentemente dal fatto che siano nel nostro consiglio di amministrazione o meno. Elon è il nostro maggiore azionista e rimarremo aperti al suo contributo”, ha scritto Agrawal nascondendo in parte la realtà dei fatti. A molti dipendenti dell’azienda e, soprattutto, agli azionisti non piaceva l’idea di sedersi allo stesso tavolo di un imprenditore che nel corso degli anni ha martellato l’azienda di critiche. I suggerimenti che potevano arrivare da Musk erano talmente rivoluzionari che era lecito chiedersi se Twitter fosse rimasto lo stesso o avrebbe cambiato pelle, vista la promessa di “miglioramenti significativi”. Proprio sabato il tycoon aveva suggerito di ridurre il prezzo per gli abbonati premium di Twitter Blue, vietare la pubblicità e aprire ai pagamenti in bitcoin.

L’idea, appoggiata anche dall’ex proprietario e fondatore del social Jack Dorsey, era quella di fare di Twitter il capo della rivoluzione digitale verso un Internet decentralizzato e deregolamentato. In altre parole, avviarsi verso il Web3. Segnali chiari del cambiamento arrivano da altri suoi post sulla libertà di potersi esprimere e sulla qualità dell’informazione. In quest’ultimo caso aveva condiviso un grafico, che mostrava a quali organi di informazione credevano di più repubblicani e democratici, con un messaggio eloquente: “La verità è la prima vittima”.

Se già la notizia della sua entrata nel board di Twitter aveva del clamoroso – le azioni della società ne hanno tuttavia beneficiato con un +30% circa – quella del suo rifiuto sembra esserlo ancor di più. All’apparenza tutti sembravano entusiasti e felici dell’arrivo di Musk, perfino Jack Dorsey che aveva elogiato la collaborazione con Parag, in quanto “entrambi guidati dal cuore”. Se dietro il rifiuto di Musk ci sia più cuore che testa è difficile dirlo. Per Agrawal sembra essere la soluzione migliore e ha invitato tutti i dipendenti a non farsi distrarre dagli eventi che si susseguiranno. Mentre lo scriveva, Musk pubblicava un’emoji della faccia con la mano sopra la bocca per nascondere la risata, forse per farsi beffa della situazione. Poco dopo, ha cancellato il tweet.



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