Gli F-35 dell’Aeronautica militare italiana torneranno in Islanda a difesa dei confini settentrionali dell’Alleanza Atlantica. Per i caccia italiani si tratta di un ritorno dopo le operazioni del 2020 e del 2019, quando i nostri assetti di quinta generazione furono i primi ad essere impiegati in una missione Nato
Quattro velivoli F-35 italiani saranno schierati in Islanda dove resteranno per circa due mesi con l’obiettivo di rafforzare le capacità di sorveglianza dello spazio aereo settentrionale della Nato e di garantire a Reykjavík la difesa aerea. I velivoli di quinta generazione, in forza al 32° Stormo di Amendola dell’Aeronautica militare, torneranno nell’isola nord europea dopo l’apprezzato impegno degli scorsi anni.
Lo schieramento italiano
I caccia sono assegnati alla Task Force Air in Iceland, al comando del colonnello Gianmarco Di Loreto. Oltre agli aerei, il distaccamento italiano è composto da oltre 130 militari tra piloti, personale di terra e di supporto e di protezione delle forze, e opereranno in coordinamento con la Guardia costiera irlandese. Assicureranno le funzioni di sorveglianza e identificazione, fino al controllo degli intercettori chiamati a eventuali attività di scramble, tutte capacità di cui Reykjavík è sprovvista.
Il ritorno in Islanda
L’impegno segue quello dello scorso anno, durante il quale il nostro Paese aveva schierato sei caccia Lightning II sul sedime della base aerea di Keflavik. In circa due settimane di attività, i velivoli italiani realizzarono oltre venti scramble addestrativi (i cosiddetti Tango Scramble) raggiungendo quota 380 ore volate, tutte con un grado di efficienza vicino al 100%. Ma la presenza degli F-35 dell’Arma azzurra in Islanda risale all’autunno del 2019, impegno contraddistinto dal primato italiano nel programma Joint Strike Fighter (dopo la prima capacità operativa iniziale in Europa e la prima integrazione per la Difesa aerea nazionale). In quell’occasione, gli F-35 italiani raggiunsero due traguardi: primi assetti di quinta generazione a partecipare a una missione Nato, e primi a ottenere la certificazione alla piena capacità operativa dal team di valutatori del Combined air operations centre (Caoc) di Uedem, in Germania.
L’Air policing Nato
La Nato Air Policing è una missione difensiva in tempo di pace permanente che mira a preservare la sicurezza e l’integrità dello spazio aereo dell’Alleanza Atlantica, contribuendo alla difesa collettiva. Un compito sinergico che richiede una presenza continua di aerei da combattimento e relativi equipaggi, in grado di reagire rapidamente alle possibili violazioni dello spazio aereo. In questo modo i membri Nato possono assistere gli alleati che non hanno i mezzi sufficienti (come l’Islanda), un segnale di coesione e responsabilità condivisa in tutta l’Alleanza. La missione è svolta utilizzando il sistema integrato di difesa aerea e missilistica della Nato, e la responsabilità generale di condotta della missione è affidata al comandante supremo delle forze alleate in Europa (Saceur).
Il contributo del nostro Paese
L’Aeronautica militare italiana, guidata dal generale Luca Goretti, contribuisce alle attività di Air policing sin dal primo impiego in Slovenia nel 2004, l’unica forza dell’Alleanza ad aver preso parte a tutte le missioni di questo tipo attivate dalla Nato, accumulando oltre 1800 ore di volo e 70 interventi reali di intercettazione. Da dicembre dello scorso anno, l’Italia partecipa con la Task force air Black storm, diretta dal 36° Stormo di Gioia del Colle, all’operazione Nato di Enhanced Air Policing sui cieli della Romania (attualmente guidata dai britannici). Inizialmente, il nostro Paese aveva predisposto sul sedime della base aerea di Mihail Kogalniceanu quattro caccia Eurofighter, aumentati a otto a marzo come reazione all’invasione russa dell’Ucraina. Oltre ai caccia, l’Italia ha anche inviato un C-130J della 46ª Brigata Aerea e altri quaranta militari di supporto.