Alla vigilia della Pasqua 2022, nella trincea di un’umanità disgregata, ai piedi della Croce, le donne ucraine, spesso “anonime”, vivono il dramma più sconvolgente con il potere di aprire i cuori e cambiare le menti, testimoniare la dignità e il coraggio nella sofferenza, la resilienza nella mancanza di tutto
È ancora guerra in Ucraina. Il mondo sgomento e impotente assiste alla distruzione di città e allo sterminio di civili. Parlano le testimonianze e le immagini di crudeltà, torture su corpi inermi, uccisi, talvolta bruciati, dopo le atrocità perpetrate, per nasconderne la gravità.
Quale rinascita, quale ricostruzione, quale redenzione, nella Pasqua 2022? Il cammino di sofferenza di Cristo per la salvezza dal peccato del mondo vive l’attualità di una croce che non sembra dare speranza per la salvezza degli uomini.
E mentre tutto resta impresso in maniera indelebile nei cuori e nelle coscienze, forse anche degli stessi aggressori, il futuro appare sempre più drammatico e incerto.
Devastati da traumi inimmaginabili dopo un viaggio lungo, faticoso e doloroso che travolge una storia personale e collettiva, sono oltre 4 milioni i rifugiati, a sei settimane dall’invasione russa, in maggior parte (circa il 90%) donne e bambini, di cui molti orfani, mutilati, malati. E, fuggendo dalla tragedia della guerra, il rischio di tratta e sfruttamento è la minaccia di nuovi orrori.
Una direttiva sulla “protezione temporanea” è adottata per la prima volta nella storia dell’Unione europea per i profughi. A fianco dell’Ucraina, istituzioni, associazioni, mondo del volontariato, organizzazioni non governative ma anche la società civile. Una catena di solidarietà e di sforzi coesi per aiuti umanitari, logistici e militari. Progetti per ridurre la dipendenza energetica dal Paese invasore.
L’Italia, in prima linea nella piattaforma solidale dell’Ue istituita dalla Commissione europea per il coordinamento con i Paesi membri, ha accolto sinora circa 70mila profughi e il Viminale ha destinato ad alloggi 622 beni confiscati alle mafie. Risorse straordinarie e altre misure di sostegno all’Ucraina sono obiettivo prioritario del Governo Draghi.
La Russia, sempre più distante da valori di democrazia e pace, è sospesa, con approvazione di Risoluzione proposta dagli Stati Uniti, dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite. Esclusa dal G20 e da altre organizzazioni multilaterali. Isolata da sanzioni senza precedenti economiche, finanziarie e diplomatiche della comunità internazionale. Revocata la presenza russa in 15 organizzazioni straniere, tra le quali Amnesty International e Human Rights Watch.
Ma non cessano le ostilità e non si ferma il sangue innocente.
E interviene la Corte penale internazionale dell’Aja con un’indagine sulle responsabilità del presidente russo Vladimir Putin per genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità. Per accertare le atrocità di un conflitto che, tra accuse reciproche, è anche guerra di propaganda e di disinformazione.
Tra le 217 personalità russe, entrano nella black list, in base alle sanzioni europee, i responsabili dell’agenzia di stampa Tass, della Komsomolskaya Pravda e della radiotelevisione statale Vgtrk.
Pur stremate fisicamente e provate psicologicamente, le donne invitano, tuttavia, a credere che può esserci una luce per vincere il male. Resistenza e pacificazione, tenacia e speranza, accoglienza e amore sono la loro risposta ad una guerra “ripugnante, disumana, sacrilega”, come l’ha definita Papa Francesco.
Sono le immagini che già appartengono alla storia di questa guerra. La donna incinta che fugge dall’ospedale di Mariupol con il pigiama insanguinato, quella che muore poco dopo aver dato alla luce suo figlio, e quella chiusa in casa, nella minaccia delle bombe, senza poter trasportare il figlio disabile nei rifugi. Ed è struggente la foto del bambino che deposita barattoli di cibo sulla tomba della madre morta di fame, alla periferia di Kiev.
Sono i volti delle donne in fuga che manifestano positività per proteggere i propri figli, lasciando gli uomini a combattere. E quelli delle donne che restano, impugnano le armi, sfidano bombe e violenza e partoriscono nei sotterranei, nella vita e nelle città che appaiono distrutte per sempre. Alcune provano anche a ritornare nella loro terra, per sostenere i propri compagni e il Paese.
È l’amore incondizionato delle donne, testimoni di coraggio. Da protagoniste, ritrovano forza anche nel dolore. Guerriere senza armi. Colpite duramente dall’orrore del conflitto, madri e compagne di vita, sono l’insostituibile risorsa di speranza. Mentre violenze, stupri, gravidanze indesiderate, tra le più feroci armi di guerra, annientano nel profondo la comunità intera, condannandola ad un’offesa perenne.
Un calvario inaudito, ancor più atroce sui bambini abusati e uccisi. Minori dispersi, deportati o in fuga verso l’Europa, tanti non accompagnati.
Tra gli oltre 600.000 ucraini deportati in Russia, circa 121.000 sono bambini, come affermato dalla responsabile dei diritti umani del Parlamento ucraino. E sono 169 quelli rimasti uccisi, oltre 306 i feriti.
Olena Zelenksa, insieme ai suoi figli lontana dal marito Volodymyr Zelensky, sostiene l’operato del presidente ucraino ringraziando le donne delle Istituzioni dei Paesi che ospitano i profughi ucraini. “Meriterebbero un Nobel per la pace”, ha affermato in un’intervista al quotidiano La Repubblica. Definisce “grandi alleate” le first lady europee e chiede aiuto denunciando che sono morti già 250 bambini e “più della metà dei bambini ucraini sono profughi”.
Architetto, scrittrice, autrice e sceneggiatrice, attivista ucraina, nel passato in copertina per Vogue e altri magazine, Olena guarda al domani con coraggio, lasciando un segno da first lady. “Con questa guerra, i russi hanno solo aumentato il divario tra noi e loro. Questa è la differenza; noi guardiamo al futuro, loro al passato”. E, mentre invia l’accorato appello perché i civili non siano usati come scudi umani, dice: “È come se la felicità fosse finita per sempre… Non voglio pensare alla nostra vita come un ricordo del passato. E dico: viviamo questa vita anche adesso. Anche se è il periodo peggiore, sono sicura che finirà.”
È la presidente dell’Europarlamento Roberta Metsola la prima leader a recarsi a Kiev per dare vicinanza al popolo e al parlamento ucraini. E dice al Parlamento di Strasburgo: “L’Ucraina lotta per i nostri valori”. “Enormi atrocità e una mancanza di umanità non possono rimanere impunite”.
Raggiunge Kiev anche la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, con il rappresentante della diplomazia Josep Borrell. È la leader determinata, con l’Unione, “a sostenere l’Ucraina più che mai”, a inasprire ulteriormente le sanzioni e “a raccogliere le prove per portare davanti alla giustizia gli autori di questi crimini”. “Siamo a fianco degli ucraini, di quelli che lottano per la loro terra e dei milioni che stanno fuggendo. Faremo in modo che possano tornare”, ha affermato.
La sua prima tappa è alle fosse comuni di Bucha mentre cadono missili sui civili in fuga sulla stazione ferroviaria di Kramatorsk.
“Qui l’umanità è andata in frantumi”. “Sono profondamente convinta che l’Ucraina vincerà questa guerra, che vinceranno la libertà e la democrazia”, dice ancora la leader europea, con la promessa di Bruxelles di avviare il negoziato di adesione dell’Ucraina all’Unione.
Donne, famose e non, portatrici di pace (peace builder), come definite, nel 2000, dalle Nazioni Unite in una Risoluzione votata all’unanimità. Vittime ma anche motore di pace. Eppure, ancora poche nei tavoli di mediazione.
Alla vigilia della Pasqua 2022, nella trincea di un’umanità disgregata, ai piedi della Croce, le donne ucraine, spesso “anonime”, vivono il dramma più sconvolgente con il potere di aprire i cuori e cambiare le menti, testimoniare la dignità e il coraggio nella sofferenza, la resilienza nella mancanza di tutto.
I loro volti sono il segno per una società chiamata a credere nella consapevolezza di un possibile e autentico cambiamento di valori. La carezza per dare conforto alla stanchezza e al profondo dolore dell’uomo.
È la donna madre che dona speranza, ai piedi della Croce, nell’accettazione delle ferite del mondo, per il riscatto di una nuova vita attraverso i gesti dell’amore. È il senso profondo della Resurrezione di Cristo offerto a credenti e non credenti.
“La rinascita dell’umanità è cominciata dalla donna”, ha ricordato Papa Francesco. “Dalla vergine Maria è nata la salvezza, ecco perché non c’è salvezza senza la donna”.
Non una sola madre, ma ogni madre, oggi, piange il dolore delle vittime della guerra. Condividendo una bruciante disperazione con quell’amore universale che potrà superare la sofferenza e generare fiducia, anche in questa difficile Pasqua. La croce è l’abisso ma è anche la gioia della rinascita, per il mondo. Possiamo sperarlo?