Il professore emerito di scienza politica e accademico dei Lincei è in libreria con “Tra scienza e politica – Un’autobiografia” (Utet), il racconto di una vita “variamente interessante” tra aneddoti personali e storia del ‘900
Di libri ne ha scritti tanti, tantissimi, in diverse lingue, tradotti ed esportati in varie parti del mondo, visitate più o meno intensamente dallo stesso autore in occasione di convegni, seminari, lezioni, fellowship. L’ultima fatica di Gianfranco Pasquino, però, non si occupa di scienza politica (con la a, mi raccomando), non strettamente almeno. È, invece, un’autobiografia, che ripercorre la vita del politologo, professore emerito e accademico dei Lincei a partire da Trana (con la a, mi raccomando), città in cui è nato, per poi arrivare in diversi continenti del mondo, in particolare Stati Uniti e America Latina, fino ai banchi del Senato della Repubblica, in cui, tra le altre cose, ha aperto il dibattito sulla legge elettorale italiana con una proposta poi mai realizzata per timore di ritorno alla proporzionale (con la a, mi raccomando).
“Credo di aver vissuto una vita variamente interessante”, è questa la risposta che, come fosse Marzullo, Pasquino dà alla domanda che pone a se stesso: “Perché ho scritto la mia autobiografia?”. A scorrere le pagine del testo pubblicato da Utet, intitolato “Tra scienza e politica – Un’autobiografia”, non si può che concordare. E se non è difficile comprendere per quale ragione l’autore del libro sia stato – e sia, anche da Formiche.net – lungamente interpellato per commentare le vicende politiche italiane e internazionali, è proprio nello spaccato tra scienza e politica che si snoda la vera novità dell’autobiografia.
Figlio unico, Pasquino conta due grandi dolori nella sua vita: il primo, il più grande, la scomparsa della madre, che lo consiglierà in momenti cruciali del suo percorso personale e accademico; il secondo, “incancellabile” e forse ragione della sua incrollabile fede granata, “quando la radio comunicò che l’aereo che riportava a casa i giocatori del Torino si era schiantato a Superga”, nel 1949.
Severo con se stesso, come con gli altri, Pasquino non fu uno studente “particolarmente bravo”. Fu però in grado di catturare l’attenzione e la stima, tra i tanti, di Norberto Bobbio prima e Giovanni Sartori poi, impressionare il direttore editoriale del Mulino, Giovanni Evangelisti, negli anni ’70, pur arrivando al colloquio in piena estate, vestito da mare, a bordo di “una Giulietta spider azzurra decapottabile con qualche anno di vita che mi aveva regalato mio zio Antonio”. Difficile escludere dai traguardi quasi raggiunti, la sfiorata vittoria a una competizione di cha cha cha: “Con la mia compagna di ballo, un’americana non alta e cicciottella, sfiorammo la vittoria. Continuo a esserne molto fiero e a vantarmi del secondo posto, con relativa medaglietta” racconta, lasciando il lettore a domandarsi chi mai si sarà permesso di arrivare primo.
Non mancano, chiaramente, né la scienza né la politica, nelle 253 pagine firmate Pasquino. Sono fatte di studio e insegnamento, di proposte di legge e comizi in giro per l’Italia, di nomi e cognomi di compagni di viaggio, avversari politici e amici di una vita (ci sono anche i nemici, of course). E poi di uno schieramento netto, a sinistra, mai dogmatico e sempre critico, fedele al ragionamento più che al sentimento; di una propensione al dialogo e al dibattito, anche duro; di una spiccata ironia, rivolta agli altri e a se stesso. E poi una certezza: finito il libro, si avrà il fortissimo desiderio di leggere ancora.