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Meno rubli, più yuan. La connection monetaria tra Mosca e Pechino

Il rublo ha recuperato terreno sul dollaro ma è ancora troppo ballerino e, soprattutto, non piace ai creditori. E così famiglie e imprese russe hanno scatenato una corsa all’apertura di conti correnti in moneta cinese. Obiettivo: aggirare nuove possibili sanzioni e mettersi al riparo da nuovi, possibili crolli

Il ministro delle Finanze, Anton Siluanov, lo aveva detto giusto giusto un mese fa: per mitigare le sanzioni occidentali la Russia ha intenzione di utilizzare lo yuan cinese come una delle riserve valutarie. Perché “lo yuan cinese è una valuta di riserva affidabile ed è parte delle nostre riserve auree e valutarie. Nelle relazioni commerciali con la Cina, utilizzeremo una quota delle riserve denominate in yuan”.

Detto, fatto. Da quel momento è stata un’escalation monetaria tra due Nazioni ufficialmente alleate, ma sui cui rapporti i coni d’ombra non mancano. Tanto per cominciare, le imprese dell’ex Urss stanno cercando di aprire conti correnti presso le filiali russe delle banche cinesi per aggirare, o almeno tentare di farlo, le sanzioni imposte a Mosca dopo l’invasione dell’Ucraina. Ad oggi, secondo l’agenzia Reuters, tra le duecento e le trecento aziende russe si sono rivolte alla filiale di un istituto cinese in Russia.

Oggi il rublo è a quota 80 sul dollaro, ma ad invasione cominciata, lo scorso 25 febbraio, la moneta russa è letteralmente crollata fino a perdere il 40% del suo valore nel giro di poche ore. Il che ha messo la Russia in una posizione di estrema debolezza, soprattutto per quanto riguarda di pagamenti (qui l’intervista all’economista e vicepresidente dell’Ispi, Franco Bruni). Perché, è il succo, quale creditore accetterebbe un pagamento con una moneta incapace di apprezzarsi sul dollaro?

Per questo, convertire il capitale in yuan, qualora il rublo dovesse nuovamente sprofondare, può essere la ciambella di salvataggio. A Mosca sono presenti tutte le quattro principali banche cinesi: Industrial&Commercial Bank of China (Icbc), Agricultural Bank of China, Bank of China e China Construction Bank. E sembra proprio che tali giganti stiano facendo il pieno di risparmi russi, ma in moneta cinese.

Un discorso che, attenzione, vale anche all’inverso. Le stesse banche russe, infatti, stanno assistendo a forti aumenti di stock di capitale in yuan presso i conti dei loro clienti. Dunque, da una parte imprese e famiglie russe cercano di aprire un conto presso le banche cinesi dislocate in Russia. Dall’altra, gli stessi istituti dell’ex Urss stanno convertendo in moneta cinese gli attuali depositi.

Secondo un sondaggio di marzo condotto dal quotidiano finanziario russo Kommersant, le grandi banche di Russia hanno assistito a un aumento dei fondi convertiti da dollari ed euro in yuan. Nella sola Tinkoff Bank, il volume dei fondi in yuan è aumentato di otto volte in poche settimane, mentre Mts Bank ha assistito a un balzo di quattro volte.

Intanto nel weekend l’agenzia S&P Global ha tagliato a default selettivo (Sd) ad un solo livello dal fallimento il rating della Russia. Questo perché gli Usa hanno bloccato a inizio mese il pagamento dei bond russi oltre il valore di 600 milioni di dollari ai creditori, un modo per condurre il Paese ad un default tecnico. Infatti il Cremlino ha ancora i mezzi per poter rimborsare i prestiti grazie alla vendita di gas e petrolio, ma se i bondholder non ricevono il denaro in conto corrente attraverso la banca depositaria (Jp Morgan) le agenzie di rating 30 giorni dopo la data di scadenza delle emissioni devono dichiarare il default.

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