Solo le banche centrali devono poter minare criptovalute, ha detto il presidente della Consob. Il racconto dell’evento con il sottosegretario Tabacci e Pagani (Pd), moderato da Giorgio Rutelli, direttore di Formiche.net
“Le banche centrali devono essere le uniche minatrici delle criptovalute” in nome dell’interesse nazionale. Una soluzione netta ma semplice quella proposta, dichiarando il ricorso al metodo del rasoio di Occam davanti a uno scenario complesso, da Paolo Savona, dal 2019 presidente della Consob, durante la presentazione alla Camera dei deputati del libro “Intelligence Finanziaria” di Mario Caligiuri, Roberto Pollari, Edoardo Fiora e Luigi Rucco (Rubbettino). L’evento, tenutosi presso la sala conferenze di Palazzo Theodoli-Bianchelli, è stato moderato da Giorgio Rutelli, direttore di Formiche.net.
Oltre al problema monetario, c’è la questione degli asset tokenizzati: in questo caso, però, ha spiegato l’economista, “diventa fondamentale la cybersecurity”, per cui “occorre organizzare un convegno internazionale” sulla protezione del sistema dei pagamenti (“mi chiedo perché l’Italia non si sia ancora fatta promotrice”).
IL DIBATTITO ALLA CAMERA
I saluti introduttivi sono stati portati dall’onorevole Alberto Pagani, capogruppo del Partito democratico in commissione Difesa della Camera. Dopo il suo intervento e quello del professore e coautore del volume, Mario Caligiuri, ha preso la parola l’onorevole Bruno Tabacci, sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio dei Ministri con delega alla programmazione e coordinamento economico di un governo, quello guidato da Mario Draghi, che si è molto occupato di sicurezza economica fino a decidere di riorganizzare della struttura di Palazzo Chigi preposta al golden power.
“In un quadro di conflitti economici permanenti la politica rimane confinata in una dimensione nazionale”, dunque in posizione di svantaggio nei confronti della finanza internazionale, ha dichiarato. Anche per questo Tabacci si dice fautore di una dimensione “europea”, una condizione “necessaria per la geopolitica del presente” segnata dallo scontro tra democrazie e autocrazie.
IL LIBRO
Oggi viviamo in un’epoca di conflitti economici permanenti dove, a differenza delle guerre tradizionali, la digitalizzazione e la finanziarizzazione dissolvono le barriere spaziali e temporali. Gli Stati e le imprese devono sempre più confrontarsi con un sistema finanziario globale, dove agiscono non solo fondi, banche e multinazionali, talvolta espressione di regimi stranieri e stati autoritari, ma anche poteri criminali transnazionali come mafie e organizzazioni terroristiche.
Per fronteggiare queste minacce, ma anche per cogliere delle opportunità, l’intelligence finanziaria svolge un ruolo di primo piano a tutela della sicurezza e dell’interesse nazionale. Gli autori del volume affrontano, per la prima volta nel nostro Paese in modo organico, aspetti teorici, tecnologici e istituzionali, analizzandone l’impiego nel settore pubblico e in quello privato. L’obiettivo è quello di approfondire questa fondamentale dimensione nella prospettiva degli intelligence studies.
LA NECESSITÀ DI ALFABETIZZAZIONE FINANZIARIA
Caligiuri, che è professore ordinario dell’Università della Calabria dove dirige il Master in Intelligence e presidente della Società Italiana di Intelligence, spiega nel primo capitolo del libro come anche in ambito di sicurezza finanziaria vale la considerazione di Robert David Steele, uno dei maggiori esperti mondiali del sistema di informazione e sicurezza, secondo cui una cittadinanza istruita costituisce la miglior difesa di una nazione.
“Andrebbe innalzato il livello di alfabetizzazione finanziaria dei cittadini, chiamati a votare e quindi selezionare le classi dirigenti politiche”, scrive. “La capacità di selezionare le élite rispetto alla loro competenza finanziaria è fondamentale tanto in politica interna quanto estera, se si considerano le legittime intenzioni predatorie delle potenze straniere, il cui terreno di conquista è sempre più finanziario e culturale e meno ideologico e militare”.