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Lo spazio di dialogo Ue-Cina si restringe. Anche sull’Ucraina

Summit virtuale una settimana dopo la visita di Biden in Europa. Le basse aspettative sono confermate. Xi accusa l’Occidente di mentalità da Guerra fredda e non scarica Putin. Von der Leyen insiste: in guerra non c’è equidistanza. La dipendenza commerciale può essere un’arma per Bruxelles. Ghiretti (Merics) spiega come usarla

Nessuna dichiarazione congiunta, a dimostrazione che qualcosa è cambiato. Si è chiuso così, come previsto, il vertice tra Unione europea e Cina che si è tenuto oggi (venerdì 1° aprile, ndr), a una settimana dalla visita a Bruxelles del presidente statunitense Joe Biden per i summit Nato e G7 e per partecipare al Consiglio europeo.

Come ricordavamo nei giorni scorsi su Formiche.net, sono ormai tanti i contenziosi aperti tra le due parti: le sanzioni cinesi contro il Parlamento europeo, la rappresaglia cinese contro la Lituania e il congelamento dell’accordo sugli investimenti firmato alla fine del 2020.

Per ultimo, l’Ucraina. Si deve partire proprio dalle conclusioni di quel Consiglio europeo per comprendere l’appuntamento di oggi e l’assenza di una dichiarazione congiunta. La scorsa settimana, i 27 avevano discusso “le relazioni con la Cina nel nuovo contesto globale, in particolare l’aggressione militare russa contro l’Ucraina”. L’invasione dell’Ucraina è uno spartiacque, hanno fatto intendere i leader europei. Come raccontato su Formiche.net, la frase chiave è il “nuovo contesto globale”, che è frutto della guerra di Vladimir Putin e di un conseguente rafforzamento dell’asse transatlantico, certificato dalle diverse intese, dal gas ai dati, raggiunte in occasione della visita di Biden a Bruxelles.

Con quel viaggio, il presidente ha voluto, tra le altre cose, assicurarsi che Stati Uniti e Unione europea fossero sulla stessa lunghezza quando si tratta di Cina. L’esatto contrario di quanto spera il presidente cinese Xi Jinping, che oggi ha invitato l’Unione europea – per l’ennesima volta – a dotarsi di una politica “autonoma” sulla Cina, dove autonoma per Pechino significa sganciata dallo storico alleato oltre Atlantico. Questo auspicio è stato dichiarato dal leader cinese e reso noto tramite i media del regime mentre il summit era ancora in corso: si tratta di una mezza novità nella strategia di comunicazione di Pechino, visto che questa tattica è già stata usata recentemente per il colloquio tra Xi e Biden.

Il vertice odierno era previsto prima dell’invasione russa che però, come detto, ha cambiato le carte in tavola: ora Washington chiede a Bruxelles di utilizzare la sua leva economica (l’Unione europea è il primo partner commerciale e la prima destinazione delle esportazioni della Cina) per spingere Pechino a non offrire sostegno di alcun tipo a Mosca e a impegnarsi diplomaticamente per cessare le ostilità. Il tutto, onde evitare – è il rischio paventato dall’Occidente – che la Cina finisca trascinata giù dalla Russia nell’isolamento internazionale vista la dichiarazione sinorussa del 4 febbraio che ha affermato la partnership “senza limiti” in aperta sfida all’ordine internazionale basato sulle regole.

Tuttavia, le uniche conseguenze che l’Unione europea (al pari degli Stati Uniti) sembra voler minacciare alla Cina sono, almeno per ora, di natura politica o reputazionale: nessuna rappresaglia economica o sanzioni in caso di sostegno ai tentativi della Russia di aggirare le restrizioni occidentali, per esempio.

Ecco perché gli Stati Uniti hanno seguito con grande interesse il summit in videoconferenza di oggi, il 23° tra Unione europea e Cina, che è stato diviso in due sessioni: durante la prima, mattutina a Bruxelles durata poco meno di due ore, Ursula von der Leyen e Charles Michel, presidenti della Commissione europea e del Consiglio europeo, accompagnati dall’Alto rappresentante per la politica estera di sicurezza Josep Borrell, hanno incontrato il primo ministro cinese Li Keqiang; per la seconda, pomeridiana, si è unito il presidente Xi per meno di un’ora di colloquio. In totale meno di tre ore, a conferma delle aspettative basse registrate alla vigilia.

Il summit è andato “come ci aspettavamo” ed è “la rappresentazione perfetta della relazione”, commenta Francesca Ghiretti, analista del centro studi tedesco Merics, a Formiche.net. “La Cina voleva puntare principalmente su tre cose: mantenere un canale di comunicazione con l’Unione europea, cercare di coltivare un’agenda positiva che includesse un tentativo di allontanare l’Unione europea dagli Stati Uniti e soppesare che cosa volesse dire questa nuova Unione europea geopolitica”, spiega. L’Unione europea, invece, voleva “sì usare il summit per coltivare una relazione difficile, ma soprattutto parlare di Ucraina”.

Le due agende differenti confermano le basse aspettative che c’erano prima dell’incontro. “Lo spazio per il dialogo si sta restringendo”, osserva Ghiretti. “Ma nonostante questo Unione europea e Cina vogliono continuare a dialogare”.

La linea di fondo dei vertici dell’Unione europea al tavolo oggi con le controparti cinesi è stata questa: negli ultimi tre decenni la Cina ha beneficiato economicamente del sistema di regole internazionali oggi minacciato da Putin, quindi dovrebbe schierarsi con l’Unione europea. “L’equidistanza non basta” perché “questo non è un conflitto ma una guerra”, ha scandito in conferenza stampa von der Leyen. “La Cina non può chiudere gli occhi davanti alle violazioni del diritto internazionale da parte della Russia”, ha detto invece Michel.

Ma il premier Li durante l’incontro ha ribadito che la Cina non può essere costretta a scegliere una parte e rifiuta la mentalità da Guerra fredda con blocchi contrapposti – un altro esercizio di ambiguità da parte di Pechino se si pensa al già citato patto con Mosca. Inoltre è lo stesso accordo sinorusso che sembra suggerire come oggi, complice anche la debolezza russa, gli interessi cinesi potrebbero essere più geopolitici che economici.

“Finalmente l’Unione europea sembra capire che non è soltanto l’Unione europea a essere economicamente dipendente dalla Cina, ma anche la Cina dall’Unione europea”, dice Ghiretti. “Quindi, usa questa dipendenza per cercare di convincere la Cina a non aiutare la Russia. Ma è evidente che sia così perché l’Unione europea è sostenuta dagli Stati Uniti nel fare questo. Se ci sono minacce e costi economici in ballo, è necessario muoversi insieme non soltanto per credibilità ma perché l’Unione europea da sola non lo farebbe. Almeno, non ancora”, prosegue.

La Cina “è ben consapevole di quanto importante il mercato europeo (e anche quello americano ovviamente) sia per la sua economia e per questo, seppur condanni le sanzioni, per ora le sta largamente rispettando”, aggiunge. La politica sta avendo la meglio sulle considerazioni economiche in Cina in questa fase, spiega ancora l’esperta. Ma “i rischi economici al momento sono tali per cui l’economia deve giocare un ruolo di rilievo. Tra ritorno della pandemia, possibile inflazione in seguito alla guerra e instabilità a causa delle sanzioni, la Cina è in difficoltà. Soprattutto avendo annunciato il target di 5% di crescita e con il Congresso quest’autunno. Per allora, tutto dovrà essere stabile e solido. Da qui discende l’importanza di trovare una soluzione alla guerra e soprattutto non perdere il rapporto con l’Unione europea”, conclude Ghiretti.



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