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Tim ferma Kkr, Cvc sul tavolo. Aspettando la rete unica

Il board del gruppo torna a riunirsi a valle dell’assemblea chiamata ad approvare i conti del 2021. No alla due diligence per Kkr che a questo punto affossa l’ipotesi dell’Opa. Sul tavolo anche l’offerta di Cvc per il ramo dei servizi alle imprese. Intanto la rete unica prende corpo, anche se il fondo Usa potrebbe essere di nuovo dentro i giochi

Fuori uno, dentro l’altro. E chissà che alla fine non vada in scena una sorta di staffetta. Sono ancora giorni caldi per Tim, i cui soci sono tornati a riunirsi per approvare in via definitiva i conti del 2021, chiusi con perdite non molto lontane dai 9 miliardi. Poi, come trapelato dal gruppo telefonico affidato quasi due mesi fa alle cure del ceo Pietro Labriola,  si è tenuto un consiglio di amministrazione, delicato.

Sul tavolo i due dossier del momento. Primo, il probabile, a questo punto certo, disimpegno del fondo Kkr dall’Opa da 50 centesimi ad azione (oggi Telecom ne vale 31 in Borsa) dopo il complicarsi della strada che portava alla due diligence. Secondo, l’interesse del fondo britannico Cvc per il ramo servizi alle imprese dell’ex monopolista.

Sul primo fronte, si può considerare definitivamente affossata l’Opa di Kkr. Il board ha infatti detto definitivamente di no alla due diligence. “Il consiglio, alla luce della circostanza che Kkr, ha ritenuto di non confermare la precedente manifestazione d’interesse e il prezzo ivi indicato, ha deliberato all’unanimità di non ritenere opportuno, in questa fase, dare seguito alla richiesta di due diligence”, si legge nella nota diffusa al termine del board.

L’altro nodo, su cui il board odierno si sarebbe informalmente confrontato, la mossa di Cvc, il fondo britannico, guidato in Italia da Giampiero Mazza, che ha recapitato una lettera manifestando l’interesse per alcuni asset di Tim basandosi sul piano che il ceo Pietro Labriola ha presentato il 3 marzo scorso. Piano che, come noto, prevede lo spezzettamento della società in più tronconi, da una parte la rete e Sparkle, dall’altra i servizi, che a loro volta possono essere separati in servizi alle imprese e servizi al dettaglio.

L’attenzione di Cvc si è appunto focalizzata sui servizi alle imprese che secondo il piano dovrebbero comprendere le attività di Olivetti (internet of things), Noovle (cloud) e Telsy (cybersecurity), di cui vorrebbe il 49%, segno che l’obiettivo non è comandare ma essere un investitore che crede nella strategia dell’azienda. Attenzione però, perché tutto è ancora sulla carta, visto che la parte servizi alle imprese vedrà la luce solo ed esclusivamente all’indomani dello spin-off dalla rete, la cosiddetta Netco.

Sullo sfondo, rimane la madre di tutte le operazioni industriali, la creazione della società per la rete unica, frutto della fusione degli asset di rete di Tim, ovvero la rete secondaria incastonata in Fibercop e la fibra di Open Fiber, il player di Stato controllato da Cassa Depositi e Prestiti. Nei giorni scorsi sono partiti sottotraccia i negoziati tra i due gruppi per gettare le basi di quel memorandum of understanding su cui costruire l’intera infrastruttura unica di rete.

Ma gli ostacoli non mancano e lo stesso Kkr potrebbe rientrare in gioco, proprio attraverso Fibercop, di cui è azionista al 37,5%. Non è un caso che analisti e gli investitori temano che la fusione con Open Fiber sarà lunga e piena di tornanti. Per esempio, se il piano di creare una rete unica in fibra è aperto a tutti, a cominciare da Kkr per finire con Macquarie (socia al 40% di Open Fiber), la regia spetterà a Cdp, che essendo padrona sia del 10% di Tim che del 60% di Open Fiber, si trova in una posizione di broker obbligato.

Kkr, poi, potrebbe opporsi a una fusione con Open Fiber, se per esempio non creasse valore anche per Fibercop, mentre Vivendi, che con il 23,7% è il socio forte di Tim, potrebbe votare contro l’operazione se i valori della rete Tim non fossero congrui o danneggiassero la sua partecipazione. Insomma, la rete avanza ma la strada è ancora lunga.

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