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Perché la crisi politica in Tunisia preoccupa l’Europa

Dal primo esempio di democrazia post-primavera araba la Tunisia sta diventando una nascente autocrazia con l’economia sempre più in crisi e il rischio dello scoppio di disordini nel Paese

Aumentano le preoccupazioni in Europa per il futuro della vicina Tunisia. La crisi politica in corso si è intensificata dopo che il presidente, Kais Saied, ha sciolto il Parlamento, che era stato congelato da luglio. Questa mossa ha ulteriormente immerso il Paese in disordini politici e alimentato i timori di una nascente autocrazia.

Nel suo ultimo sforzo per consolidare il potere, il 30 marzo il presidente tunisino ha sciolto formalmente il Parlamento, che era presieduto dal suo principale rivale, il leader del partito islamico, Rached Ghannouchi. Questa mossa controversa è arrivata in un momento di crescenti tensioni politiche nel Paese. Dal luglio scorso, Saied ha adottato una serie di misure eccezionali che includono il congelamento della camera, il cambio del primo ministro, il rifiuto della Costituzione del 2014 e la destituzione del Consiglio superiore della magistratura.
Come contromossa Ennahda e gli altri partiti che contestano queste decisioni presidenziali hanno tenuto il 30 marzo una riunione in videoconferenza del parlamento, considerata da Saied come illegale e un tentativo di colpo di Stato, che è servita a giustificare lo scioglimento della Camera.

Eppure, nonostante l’opposizione a Saied abbia bollato la sua presa di potere come incostituzionale, il presidente sembra conservare una solida base sociale, come dimostra l’ampio consenso popolare registrato sui suoi passi verso un sistema presidenziale.

Restano però le preoccupazioni non solo per la tenuta della democrazia tunisina, che sta diventando una nascente autocrazia, quanto poi per le conseguenze che avranno sulla già disastrata economia.

La Tunisia ha registrato a fine 2021 un debito pubblico di 107,8 miliardi di dinari (circa 33,2 miliardi di euro), pari all’85,8% del Pil. Lo rivela il rapporto mensile sul debito pubblico pubblicato dal ministero delle Finanze di Tunisi precisando che il debito residuo è infatti aumentato di quasi il 16% rispetto al 2020 (93 miliardi di dinari, pari al 77,8% del Pil) e di quasi il 30% rispetto all’anno 2019 (83,3 miliardi di dinari, pari al 68% del Pil).

A livello internazionale, i recenti sviluppi hanno sollevato forti preoccupazioni sia negli Stati Uniti che in Europa, tradizionalmente impegnati per la stabilità istituzionale ed economica del Paese.

“L’Unione europea è molto preoccupata per gli ultimi sviluppi in Tunisia, in particolare per lo scioglimento del parlamento e per i procedimenti penali avviati contro alcuni dei suoi membri”. Lo si legge in un comunicato del portavoce dell’Alto Rappresentante dell’Unione europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza. “Chiediamo il ritorno, quanto prima, al normale funzionamento delle istituzioni e continueremo a seguire da vicino le varie fasi di attuazione del calendario politico approvato nel dicembre 2021”, ha precisato la portavoce Nabila Massrali, aggiungendo che “è essenziale che il processo di riforma sia basato su un approccio inclusivo dialogo di tutti gli attori politici e sociali”. “Nel pieno rispetto della sovranità del popolo tunisino, ricordiamo anche l’importanza del rispetto delle conquiste democratiche, della separazione dei poteri, dello Stato di diritto e dei diritti e delle libertà fondamentali, compresi i diritti civili e politici, al fine di garantire la stabilità e prosperità del Paese”. “Prendiamo atto dei progressi compiuti nell’elaborazione di un programma di riforme economiche e ribadiamo il nostro sostegno al popolo tunisino nel contesto di una grave crisi sociale ed economica, ulteriormente aggravata dall’impatto dell’aggressione russa sull’Ucraina”, conclude la nota.

È per questo che un gruppo di deputati della Commissione per gli affari esteri del Parlamento europeo sarà in Tunisia dall’11 al 13 aprile. Sono previste “consultazioni sul percorso della Tunisia verso le riforme politiche e il ritorno alla stabilità istituzionale”. Lo spiega una nota della delegazione dell’Unione europea in Tunisia. I deputati cercheranno di riaffermare la necessità di un dialogo politico inclusivo, il rispetto dello stato di diritto, delle libertà civili e dei diritti umani, nonché di un sistema politico basato su principi democratici, in particolare la separazione dei poteri garantita da controlli e contrappesi istituzionali.

Il timore è che il prossimo passo di Saied potrebbe essere lo scioglimento dei partiti di opposizione, primo tra tutti quello islamico di Ennahda. Un primo segnale in questo senso arriva dai sostenitori del presidente. Il collettivo tunisino ’25 luglio’, ha infatti chiesto, lo scioglimento del partito di Ghannouchi e l’incriminazione del suo leader e di tutti i membri del parlamento che hanno partecipato alla riunione online lo scorso 30 marzo. Kamel Ourabi, coordinatore del movimento, ha anche chiesto di attivare l’articolo 72 della Costituzione e di “escludere il partito che e’ stato responsabile dello stato di caos e del deterioramento della situazione economica e sociale vissuta dalla Tunisia nell’ultimo decennio”. Il movimento ha anche annunciato una manifestazione di protesta per domenica 10 aprile nella capitale per il rifiuto di ogni ingerenza straniera nel Paese. Il riferimento è al fatto che Ennhadha, è accusato di essere finanziato da Turchia e Qatar. Si teme che quel giorno possano scoppiare disordini a Tunisi in quanto il partito islamico aveva già proclamato una manifestazione, proprio in quella data, per protestare contro il presidente Saied.


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