Il massiccio invio di armi offensive, la visita di Austin e Blinken a Kiev segnalano la fase due della guerra in Ucraina. Il Paese martoriato è destinato a diventare frontiera di una nuova Guerra Fredda tra Stati Uniti e Russia con un conflitto d’attrito. Come settant’anni fa in Corea
La visita a Kiev di Antony Blinken e Lloyd Austin, Segretari di Stato e della Difesa degli Stati Uniti, segna un cambio di passo esplicito nella strategia americana. Due mesi di guerra russa hanno portato Washington a rivedere i suoi obiettivi.
Nella prima fase dell’invasione l’invio di armi e le sanzioni sono serviti ad aiutare l’Ucraina a difendersi dall’aggressione. Nella seconda fase, aperta da Vladimir Putin con la nuova campagna per il Donbas, l’obiettivo è impedire all’Ucraina di perdere. Una terza fase si scorge già all’orizzonte e consiste in un contenimento della Russia attraverso un lento logoramento sul campo. Una guerra congelata che nasconde una posta in gioco più alta.
La Russia deve perdere. Come e quando sarà da vedere. Quanto alle intenzioni della Casa Bianca, da Kiev una risposta senza mezzi termini è stata data da Austin, con un riferimento solo apparentemente limitato allo scontro militare. Gli Stati Uniti, ha spiegato il capo del Pentagono, vogliono vedere “una Russia indebolita”.
Contrariamente alle intenzioni iniziali di Putin, la guerra in Ucraina è diventata anche una guerra per procura. E il Paese Est-europeo il terreno di un confronto aperto, sempre più esplicito, tra Russia e Stati Uniti. Resterà tale? Le premesse di una guerra di attrito ci sono.
Sul campo – lo ha riconosciuto Boris Johnson – l’Occidente non esclude una vittoria di breve termine della Russia in Donbas e nel Sud del Paese. Quanto basti a Putin per rivendicare una vittoria a casa, magari entro il 9 maggio, quando Mosca celebrerà la sconfitta della Germania nazista. Ma anche un’ipotesi del genere non cambia il corso degli eventi. Il rafforzamento della Nato, consolidata militarmente sulla frontiera Est e pronta a spostarsi a Nord con la candidatura di Svezia e Finlandia, rende l’attrito con Mosca una costante con cui si dovrà fare i conti a lungo.
Di questo cambio di fase sembra pienamente consapevole l’amministrazione americana. Che con il viaggio di Blinken e Austin conferma la nuova realtà di fatto: l’Ucraina è la linea di faglia della Guerra Fredda 2.0 con Mosca. Con il senno di poi, suonano meno casuali e più coerenti le dichiarazioni di Biden, peraltro da lui mai smentite, sulla necessità di una Russia senza Putin al potere. Non un piano di regime change, questo sì smentito dalla Casa Bianca, ma la constatazione che dal 24 febbraio scorso la rivalità e l’incompatibilità tra Occidente e Russia putiniana hanno imboccato una strada senza apparente ritorno.
Non è un caso se dall’inizio della guerra molte delle linee rosse inizialmente tracciate siano state varcate. Lo dimostra il salto di qualità nell’invio di armi all’Ucraina, più di tre miliardi di dollari in otto settimane. Non più armi e sistemi di difesa, ma equipaggiamento militare dall’alto potenziale offensivo, dagli elicotteri ai droni di ultima generazione, pensate per assestare un colpo significativo alla capacità operativa dell’Armata rossa. Una potenza di fuoco che otto anni fa, quando Putin invadeva il Donbas e la Crimea, Barack Obama non ha neanche lontanamente pensato di mettere a disposizione di Kiev.
Il confine tra una guerra per procura e un conflitto diretto è tuttavia molto più labile di quanto sembri a prima vista. E infatti nel dibattito americano non mancano in queste settimane posizioni che prendono atto di questo precario equilibrio. Sullo sfondo si fa strada una certezza: l’alleanza atlantica è irrimediabilmente destinata a farsi garante della sicurezza ucraina. O meglio dell’Ucraina che uscirà intera da questa guerra, decisa a proseguire e accelerare la marcia verso Occidente.
In questo quadro – e nello stallo pressoché totale dei negoziati, resi nulli dall’inamovibilità di Putin – è il momento di chiedersi quale forma prenderà il nuovo contenimento russo in Est Europa. Per l’Ucraina sembra aprirsi uno scenario coreano. La guerra di Corea negli anni ’50 è stato il primo vero campo della Guerra Fredda tra americani e sovietici. Oggi la guerra di logoramento in Ucraina si candida ad accendere una nuova Guerra Fredda.
Il playbook presenta somiglianze: come nel 1950 Stalin, Mao e Kim Il Sung hanno gravemente sottovalutato la durata, la portata e il costo dell’invasione della Corea del Sud, insieme alla reazione americana, così Putin ha sottovalutato lo tsunami che avrebbe innescato la sua “operazione speciale” in Ucraina. Con la differenza che oggi i ruoli sono invertiti, ha notato l’ex consigliere della Casa Bianca Matt Pottinger: Xi Jinping nel ruolo di Stalin, Putin nei panni di Mao, risoluto a inviare “le sue truppe al massacro”.
Il corso dei combattimenti delineerà nei prossimi mesi il “38esimo” parallelo in Ucraina. Lungo quella frontiera – e fra le trincee di una guerra congelata ma sempre pronta a rinfiammarsi – si decideranno le sorti di uno scontro destinato a rimodellare l’agenda strategica americana più di quanto si possa immaginare. Non a caso a Washington è in corso una frenetica attività di riscrittura delle priorità della prima strategia di Difesa americana dell’amministrazione Biden pronta alla pubblicazione.
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