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Dove sono le “altre” Ucraine, la Via della Seta in salsa putiniana

Mosca negli ultimi dieci anni ha allacciato rapporti e relazioni in varie aree: Ossezia, Abkhazia, Nagorno-Karabakh, Crimea, Bulgaria e Grecia settentrionale, al fine di provocare stati di crisi e incassarne i dividendi. Ma ora non ha la capacità militare di garantire una sua presenza

Cosa hanno in comune aree come nuova Ossezia, Abkhazia, Nagorno-Karabakh, Crimea, Bulgaria e Grecia settentrionale? Sono state infiltrate dalla Russia e rappresentano le punte per creare tensioni anche in altre zone come Georgia, Montenegro, Ucraina, Armenia, Azerbaigian. Foraggiando i separatisti, di fatto Mosca è già presente sia come “forza di pace” sia come regista di movimenti più o meno politici. Una sorta di Via della Seta in salsa putiniana che negli ultimi dieci anni ha allacciato rapporti e relazioni al fine di provocare stati di crisi per incassarne i dividendi.

Nagorno

Se l’Armenia resta un partner di Mosca, fino ad oggi però non ha riconosciuto ufficialmente l’invasione dell’Ucraina, come non riconosce l’annessione della Crimea, l’Abkhazia e l’Ossezia del sud. Pochi giorni fa la Russia ha puntato l’indice contro l’Azerbaigian, reo di aver violato il cessate il fuoco figlio degli accordi del 2020 e di usare droni turchi, riaccendendo di fatto la crisi in Nagorno-Karabakh.

Di contro, gli azeri puntano ad ottenere vantaggi nella regione. Secondo il Cremlino, il presidente Vladimir Putin ne ha discusso con il leader armeno Nikol Pashinyan due volte. Sulla stessa linea il ministero della difesa di Mosca, secondo cui sarebbero state violate le disposizioni dei leader di Russia, Azerbaigian e Armenia risalenti al 9 novembre 2020: le forze armate dell’Azerbaigian, accusa Mosca, sarebbero entrate tra il 24 e il 25 nella zona di responsabilità del contingente di mantenimento della pace russo nel Nagorno-Karabakh.

La regione separatista ha replicato che i droni azeri avevano ucciso tre persone e ferito altre 15, per questa ragione l’Armenia ha ufficialmente invitato la comunità internazionale a prevenire tentativi di destabilizzazione del Caucaso.

Ossezia e Abkhazia

L’Ossezia del Sud che nel 1991 ha autoproclamato l’indipendenza dalla Georgia terrà un referendum per unirsi alla Russia, rivelando l’ottica di intervento moscovita in quell’area. I secessionisti di Abkhazia e Ossezia del Sud sostengono il riconoscimento russo di Donetsk e Lugansk, anche in una visione di macro aree e di macro influenze: lo scorso 23 febbraio in occasione della “Giornata del Difensore della Patria”, il presidente abkhazo Bzhania ha fatto anche un discorso pubblico e in contemporanea il presidente dell’Ossezia meridionale Bibilov si è scagliato pubblicamente contro la Nato, aggiungendo di voler fornire anche assistenza tecnica per quanto riguarda i profughi filo russi che escono dall’Ucraina.

Costone balcanico

Serbia e Montenegro sono state parecchio attenzionate da Mosca negli ultimi anni, sia dal punto di vista politico che da quello religioso e industriale. Inoltre ieri il primo ministro bulgaro Kirill Petkov ha dichiarato che le controversie del suo Paese con la vicina Macedonia settentrionale sono state provocate dai servizi di intelligence russi: “Mi è stato detto che le spie russe hanno lavorato specificamente contro le relazioni tra la Bulgaria e la Macedonia del Nord. Qualcuno sta cercando di rappresentare ingiustamente gli interessi della Bulgaria. È sempre stato nell’interesse della Russia impedire ai Balcani occidentali di avere un futuro europeo”.

Nel Paese però il presidente Rumen Radev sembra essere su posizioni più morbide verso Mosca. Secondo i servizi di sicurezza di vari Paesi dei Balcani, la Russia sfruttando la sua fitta rete in Bulgaria, si è infiltrata nei Pomachi della Bulgaria al fine di trasformarla in una sorta di nazione orfana che, quindi, avrà bisogno di un riconoscimento (oltre che di appoggi).

Grecia

Anche la Grecia settentrionale è stata attraversata da vari tentativi di infiltrazione. Il porto di Salonicco è stato privatizzato da un consorzio al cui interno opera come mega player l’oligarca ellino-russo Ivan Savvidis, già deputato alla Duma e amico personale di Putin. La mossa sullo scalo marittimo è stata la conseguenza diretta della presa del Pireo da parte di Cosco China e della risposta americana, che è in procinto di procedere alla privatizzazione dei porti di Alexandroupoli e Kavala, nel nord del Paese, vicinissimi alle pipeline del Tap e che avranno in pancia due depositi di gas. Alexandroupoli in particolare è altamente strategico come sito, dal momento che lì stanno sbarcando le truppe Nato impegnate nell’intero fronte orientale dell’Europa e dal momento che sarà il punto di partenza della via Carpatia, la nuova “autostrada” della Nato che congiungerà la Grecia alla Lituania.

@FDepalo

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