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La guerra si mangia mezza crescita globale. L’allarme del Wto

Secondo l’Organizzazione globale del commercio il conflitto dimezzerà la crescita degli scambi, fino a ridurla al 2,4% dal 4,7% previsto pochi mesi fa. E anche la Cina paga dazio, tanto da varare un mega-incentivo fiscale per chi investe nel Paese

Una grande cortina di fumo, pronta ad avvolgere il mondo. La guerra in Ucraina rischia di mangiarsi metà della crescita mondiale post pandemica. Giocando persino un brutto scherzo anche alla Cina, per parte sua già a corto di Pil, soprattutto a causa della discussa, se non fallimentare, strategia zero Covid.

La sirena è stata suonata dal Wto, l’Organizzazione mondiale del commercio. Secondo la quale il conflitto in corso tra Russia e Ucraina ha inferto un duro colpo all’economia globale, al punto da ridurre la crescita del commercio mondiale nel 2022 dal 4,7% previsto lo scorso ottobre a un valore compreso tra il 2,4% e il 3%. Praticamente poco più della metà rispetto alle stime iniziali.

Secondo la stessa Wto, la crisi innescata dalla guerra in Ucraina, potrebbe ridurre la crescita del Pil globale di 0,7-1,3 punti percentuali, portandola a un livello compreso tra il 3,1% e il 3,7% per il 2022. Perché tutto questo? Russia e Ucraina sono entrambi importanti fornitori di prodotti essenziali, in particolare di cibo ed energia. Ovvero cereali, gas e petrolio. I due paesi hanno fornito circa il 25% del grano, il 15% dell’orzo e il 45% delle esportazioni di semi di girasole a livello globale nel 2019. La sola Russia rappresentava il 9,4% del commercio mondiale di combustibili, inclusa una quota del 20% nelle esportazioni di gas naturale.

Di più. Mosca è uno dei principali fornitori mondiali di palladio e rodio, elementi cruciali nella produzione di convertitori catalitici per automobili. Nel frattempo, la produzione di semiconduttori dipende in misura significativa dal neon fornito dall’Ucraina. Le interruzioni nella fornitura di questi materiali potrebbero colpire i produttori di automobili in un momento in cui l’industria si sta appena riprendendo dalla carenza di semiconduttori.

E chi subirà l’impatto maggiore, oltre all’Ucraina e anche la stessa Russia è la sua fedele (ma non troppo) alleata. L’economia della Cina è cresciuta dell’8,1% nel 2021, tornando ai livelli pre-Covid-19. Tuttavia, la crescita ha perso slancio nel secondo semestre e il Pil è aumentato solo del 4% su base annua nel quarto trimestre, a causa di nuovi focolai di Covid-19, carenza di energia e problemi nel settore immobiliare. Atradius prevede che la crescita economica cinese rallenterà a meno del 5% nel 2022. Attualmente, l’impatto della guerra in Ucraina, con il forte aumento dei prezzi delle materie prime e la minore domanda da parte di una regione-chiave come l’Europa, alimenta i rischi al ribasso per le prospettive economiche.

E il panico deve aver cominciato a serpeggiare tra i corridoi del Partito comunista cinese. Fino a spingerlo a creare un mini-paradiso fiscale, o qualcosa di molto simile. In altre parole, abbattere 400 miliardi di imposte alle società che decidono di investire nell’ex Celeste Impero. In una riunione del Consiglio di Stato presieduta dal premier, Li Keqiang, su mandato di Xi Jinping, il governo ha annunciato 2.500 miliardi di yuan (393,3 miliardi di dollari) di tagli alle tasse.

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