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Putin e Zelensky, fermatevi prima che… La lezione della storia

Un secolo fa, dopo la fine della Prima guerra mondiale i polacchi si ritrovarono indipendenti, armati e con la Russia in sfacelo. Avanzarono verso Mosca convinti di riuscire a rovesciare la neonata Repubblica sovietica. Trovarono, invece, sul loro cammino il Napoleone Rosso. Il commento di Francesco Sisci

È sempre difficile capire qualcosa nella nebbia, nel fumo della guerra. In Ucraina poi sembra ancora più arduo del solito tra dichiarazioni contrastanti, confusione di propaganda e continui spostamenti degli obiettivi e delle intenzioni.

Però non è tutto fumo, qualcosa di chiaro c’è e qui, da cronista, un elenco banale.

La grande offensiva del Donbass è annunciata da tempo ma non si registrano combattimenti e movimenti di truppe russe significativi da circa quindici giorni. Un quarto delle truppe russe è fuori combattimento, uccisi, feriti, prigionieri o dispersi. Forse 40-50.000 uomini su 190.000 iniziali. Ci sono notizie di sei o sette generali morti e una decina licenziati, rimossi, posti fuori gioco dalle autorità di Mosca. Per avere un termine di paragone, in nove anni di guerra in Afghanistan morirono circa 15.000 soldati sovietici, su una popolazione che allora era di quasi 300 milioni e una forza schierata di circa 620.000 uomini. Oggi ne sono morti forse circa 20.000, in un mese, su una popolazione di 140 milioni e su una forza di 200.000 effettivi.

Quindi sembrerebbe che l’armata di occupazione russa in Ucraina sia in uno stato di confusione.

Per occupare in maniera consolidata la zona del Donbass servirebbero forse almeno 100.000/200.000 uomini in più, oltre ai circa 150.000 oggi nella zona. Oggi la Russia non li ha immediatamente disponibili senza sguarnire aree comunque strategiche, come il Caucaso, dove altri conflitti con la Georgia o l’Azerbaijan potrebbero scoppiare.

Forse tra qualche tempo potrebbero arrivare soldati nuovi. Ma in realtà per un programma di schierare centinaia di migliaia di uomini nuovi serve una campagna di motivazione/propaganda massiccia che al momento non è pronta e normalmente ha bisogno a sua volta di tempo, (mesi, anni) per essere preparata. Né al momento c’è un allarme vitale in Russia di difendere la patria, cosa che potrebbe mobilitare risorse a tappe forzate. Si tratta di mandare forze all’estero, sempre più complicato che difendersi in casa.

L’arruolamento di truppe forzato nel Donbass risolve poco. Sono soldati inaffidabili, senza addestramento e senza motivazione, che potrebbero passare armi e bagagli al nemico alla prima occasione. Sembra poi che i russi al fronte abbiano poco da mangiare. Notizie di razzie, invio di razioni da campo dalla Cina o da altri paesi, indicano questa situazione. Del resto se il programma era di “denazificare” l’Ucraina in paio di settimane e ora la guerra si protrae da due mesi è facile pensare che la logistica sia adesso in affanno.

Non c’è una sola grande città presa, nemmeno Mariupol, dove la resistenza continua. I russi hanno dichiarato vittoria, e sembravano convinti a strangolare la resistenza con un assedio. Invece nelle ultime ore scontri sono ripresi, non si sa bene perché. Davanti a tali difficoltà russe, gli ucraini appaiono invece determinati e niente affatto disposti a cedere.

In queste condizioni sembra difficile completare l’accerchiamento delle truppe ucraine, annunciato da giorni a Mosca. E se questo fosse tentato, e non riuscisse, potrebbe essere facile che le operazioni russe in Ucraina si trasformino in una rotta caotica. Oppure ci siano fenomeni di insubordinazione, quest’ultimi peraltro già segnalati. Cioè l’accerchiamento russo non solo è difficile ma anche pericoloso, perché oggi la Russia può dichiarare di avere un controllo del campo di battaglia, ma in caso di accerchiamento fallito, potrebbe esserci una rotta e una sconfitta militare smaccata.

D’altro canto, una controffensiva ucraina non è facile. Gli ucraini hanno truppe, armi ma coordinare un’avanzata su un fronte ampio significa avere sofisticate strutture di comando e controllo che probabilmente non ci sono a sufficienza. Inoltre, operare con efficienza un cannone, un battaglione di carri non è come sparare un fucile o un bazooka. Occorre qualche settimana magari qualche mese di addestramento. Quindi, se gli ucraini affrontassero i russi in una grande battaglia campale allora potrebbero essere chiaramente sconfitti e Mosca registrerebbe una netta vittoria. Comunque più tempo passa, più gli ucraini si rafforzano sul campo, più i russi, con uomini demoralizzati, demotivati, forse malnutriti e male equipaggiati, si indeboliscono. I russi possono continuare a sparare missili sulle città, mettere villaggi a ferro e fuoco. Ma sono atti per terrorizzare il nemico e per tenere viva la propaganda interna, non hanno un valore strategico. In realtà poi galvanizzano invece gli ucraini che vogliono una rivalsa.

Il presidente russo Vladimir Putin ha un’arma segreta nel cassetto per rovesciare le sorti del conflitto? Ha minacciato di volere essere pagato in rubli e poi silenzio; ha minacciato di tagliare il gas e poi silenzio; ha minacciato di usare l’arma atomica, e poi silenzio. Erano tutte minacce impraticabili, per un motivo o un altro. Ora che può o vuole fare? Forse è alla ricerca di via d’uscita ed è utile a tutti cercare di dargliela.

Se i russi non sono in grado di vincere gli ucraini stanno pagando e pagheranno un prezzo molto alto per la vittoria. Conviene? Cioè, quando arriverà la pace potrebbe minare le possibilità di ricostruire il Paese. Dopo un cessate il fuoco cominceranno le rese di conto politiche, qui i due Vladimir, Putin in Russia e Zelensky in Ucraina hanno destini incrociati. Zelenski potrebbe volere la cacciata totale dei russi dal territorio ucraino e la deposizione del suo nemico Putin, il quale potrebbe volere un colpo di coda che gli garantisca un futuro oggi forse incerto.

Ma qui vale la lezione della storia. Un secolo fa, dopo la fine della Prima guerra mondiale i polacchi si ritrovarono indipendenti, armati e con la Russia in sfacelo. Avanzarono verso Mosca convinti di riuscire a rovesciare la neonata Repubblica sovietica. Trovarono, invece, sul loro cammino Michail Tukhachevsky, Napoleone Rosso, che li respinse. Solo che anche Tukachevsky si illuse e inseguì i polacchi fino a casa loro e fu malamente sconfitto alle porte di Varsavia.

La morale per i due Vladimir allora forse è: fermatevi finché avete qualcosa in tasca entrambi. Potrebbe andare peggio di adesso. Non sarà la fine dei problemi, ma almeno voi e tutti prendete fiato.

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