È l’ultimo appello per il sindacato tutto per immaginare le soluzioni del futuro in un campo pienamente proprio, attraverso l’esercizio del proprio protagonismo e nel segno della responsabilità. Il commento dell’ex segretario generale Cisl
Con il congresso nazionale della Cisl ritornano in campo intenti riformatori nel sindacalismo confederale. Si rimettono in fila tutte le questioni classiche e nuove del sindacalismo riformatore che negli ultimi anni ha subito non pochi freni a ragione di leadership esercitate prevalentemente a custodire il proprio orto, o a contribuire a gonfiare, incoscienti o coscienti che fossero, le teorie e pratiche massimaliste pur presenti in tono minore nel passato. Massimalismi sindacali che spesso si sono fusi con i populismi politici, intrecciandosi tra loro e convergendo sostanzialmente su parole d’ordine e decisioni che hanno preceduto scelte di governo sulle partite sociali ed economiche governate dai partiti di quelle aree.
Si spiegano così alcuni accadimenti e posizionamenti come sul reddito di cittadinanza, sulla legge della rappresentanza, sul provvedimento quota cento, sulle pressioni su un salario minimo da affidare al parlamento, e quant’altro in questi anni ha provocato un aumento vertiginoso della spesa pubblica improduttiva, il depistaggio rispetto alle necessarie iniziative delle politiche virtuose del lavoro, preferendo quelle diseducative peroniste.
In questo clima siamo finora unici tra i Paesi industrializzati a trascurare le politiche formative soprattutto online, per sfruttare intensivamente le conoscenze e padroneggiare le potenzialità delle tecnologie digitali; nell’industria, nel terziario avanzato e non, nella pubblica amministrazione, in agricoltura. Si è così bruciato tempo prezioso che gli altri paesi concorrenti invece hanno usato per uscire rafforzati dopo la pandemia.
Dunque la Cisl si dispone a un itinerario riconducibile alle migliori esperienze del riformismo sindacale e sprona la Cgil e Uil all’unica strada possibile e praticabile per tornare al protagonismo: quella di un contratto sociale da imbastire con il governo per preparare insieme lo sviluppo con il Pnrr, e nella autonomia sociale a procedere con le associazioni imprenditoriali a ridefinire politiche contrattuali orientate alla crescita salariale sostenute dalla implementazione delle nuove professionalità dei lavoratori e sostenute da politiche di privilegio fiscale per il salario di produttività.
Un eventuale contratto sociale con il governo e tutte le parti sociali, potrebbe puntare alla forte collaborazione per trarre il massimo di vantaggio dagli investimenti Pnrr per gli interessi generali, e nelle positive ricadute nel lavoro futuro, nel pattuire sistemi e coefficienti per la redistribuzione della ricchezza della maggiore produttività e redditività delle aziende a favore dei lavoratori.
Dunque dal congresso della Cisl arriva la richiesta a Cgil e Uil di ritornare sui passi improvvidi e senza sbocco dello sciopero generale di dicembre scorso per lavorare insieme a un patto sociale con il presidente del Consiglio Mario Draghi.
Secondo me questo è l’ultimo appello per il sindacato tutto per riuscire a ridarsi segni di attitudine a considerare le soluzioni per il futuro un campo pienamente proprio, attraverso l’esercizio del proprio protagonismo e nel segno della responsabilità. Differentemente concorrerà anch’esso al degrado della democrazia e dell’economia, che già si trovano a un punto molto problematico, per assenza di soggetti politici e sociali disposti a prendersi responsabilità precise per i loro ambiti di rappresentanza. Va ribadito il concetto basico che gli interessi delle persone più deboli non trovano sbocco attraverso le elargizioni sconclusionate di chi va in cerca di consensi elettorali, ma dalla virtuosa pratica di “sporcarsi le mani” partecipando coraggiosamente alle sfide per il futuro insieme alle migliori classi dirigenti politiche. Riscoprendo l’attitudine a seminare per poi raccogliere. D’altronde questo è il tempo per preparare il terreno, per seminare, per poi raccogliere.