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Il Pentagono espone tutte le falle dell’autoritarismo militare russo

I vertici del Pentagono parlano ai senatori delle falle russe in Ucraina, avvertono Mosca di aver appreso insegnamenti importanti e criticano il sistema autoritario con cui il Cremlino gestisce le forze armate

Il capo del Pentagono, Lloyd Austin, non ha usato troppi mezzi termini nel parlare — durante un’audizione al Congresso — di quanto l’assalto tentato dalla Russia contro l’Ucraina sia stato proficuo per apprendere le tecniche operative dei soldati del Cremlino. Se un funzionario di così alto grado dice certe cose è perché queste sono parte di uno schema comunicativo. Washington, dopo aver dimostrato di conoscere le mosse russe in anticipo (e di tracciare gli spostamenti anche dei più alti in grado della catena di comando, come nel caso del generalissimo Valery Gerasimov), ora vuol far sapere a Mosca che l’invasione non è stata solo disumana e anacronistica, ma ha anche innescato un boomerang scoprendo le carte su metodologie e soprattutto magagne.

“Li abbiamo visti — dice Austin — non integrare il fuoco aereo con le loro manovre a terra in una serie di passi falsi […] Attribuisco molto di questo alla mancanza di leadership al livello inferiore”. E quando la leadership di livello inferiore fallisce, un costo elevato viene pagato, come dimostrano le morti degli alti ufficiali russi. Ancora: “Abbiamo visto la Russia spingere in avanti i suoi alti ufficiali come risultato [di certe carenze] e molti di questi sono stati uccisi proprio perché esposti in posizioni troppo avanzate sul campo di battaglia”.

“Abbiamo imparato molto sulla leadership russa”, ha aggiunto il segretario alla Difesa davanti alla commissione per gli Stanziamenti del Senato, dalla quale l’amministrazione cerca ulteriori fondi per aiutare Kiev a difendersi . Per questo la testimonianza di Austin doveva avere un valore tanto tecnico quanto politico. E il capo della difesa degli Stati Uniti ha centrato l’obiettivo, indicando una serie di problematiche che la Russia ha subito durante l’invasione dell’Ucraina e dando un’idea dell’organizzazione militare di Mosca, ma non solo (vedremo).

Non escono informazioni nuovissime, questi dati sono già stati esposti pubblicamente da fonti (di solito anonime) dei media occidentali. Da Austin però arriva una conferma ufficiale in grado di abbattere la narrazione russa, perché trova riscontro oggettivo sul campo. Negli ultimi giorni la Russia ha perso terreno a Kharkiv, uno degli assi centrali dell’offensiva che si sta concentrando sull’Ucraina orientale, e forse la serie di attacchi missilistici su altri obiettivi (Leopoli, Kiev, Odessa) di ieri, martedì 3 maggio, serve come operazione di distrazione per un nuovo stallo.

Ma ciò che dice Austin ha anche un valore sul piano superiore, come anticipato, perché serve a sottolineare come il modello Nato sia molto più efficace di quello russo nella catena di comando. Alla Russia mancano i sottufficiali, noti come NCO, figure che dirigono dal campo le operazioni e che rappresentano la colonna vertebrale delle forze armate dell’Alleanza. Questo è una delle radici della confusione organizzativa, logistica e tattica con cui l’invasione viene condotta. “I russi stanno praticando una direttiva top-down, molto, molto pesante da sostenere, una sorta di ordini provenienti dall’alto, che non è necessariamente la cosa migliore da fare in un campo di battaglia dinamico”, ha aggiunto Mark Milley, capo dello Stato maggiore congiunto seduto accanto a Austin.

Questo è un passaggio puramente politico. Se si legge tra le righe non si parla di tattiche militari, ma si tira in ballo la capacità che ha il modello democratico di spalmare la leadership su più figure, contro l’accentramento ossessivo del potere tipico degli autoritarismi. Il mondo militare è gerarchizzato, le posizioni contano nella catena decisionale e l’opinione di un sottufficiale non vale quanto quella di un generale, ma negli eserciti moderni occidentali la condivisione delle scelte è basata sulla fiducia tra i ranghi. In quello russo, che si muove con un appesantimento quasi ottocentesco, la fiducia latita come in tutto il sistema di potere che circonda Vladimir Putin — aspetto tipico dei regimi.

Senza usare termini espliciti, Austin e Milley parlano ai senatori di temi enormi, toccando la leva del confronto tra modelli che con la guerra ucraina ha raggiunto il campo di battaglia. La chiamano “guerra di scelta”, sostengono che Putin avesse già deciso da tempo di attaccare l’Ucraina indipendentemente dai tentativi di de-escalation cercati da Washington e Bruxelles — e Kiev. Austin dice che questa guerra è frutto della “decisone di un uomo”. Contro c’è la difesa di un popolo libero cui gli americani stanno dando aiuto.

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