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La Bce ha perso tempo, ma a luglio… Ecco cosa prevede Angeloni

Intervista all’economista ed ex membro del consiglio di sorveglianza dell’Eurotower. Sbagliato parlare di stretta, semmai a luglio assisteremo a un allentamento dell’espansione monetaria, la cui intonazione non verrà intaccata più di tanto. Francoforte doveva agire prima, quando le condizioni erano propizie. L’Inflazione? Non basta intervenire sui tassi, il problema è più grande di quanto si pensi

Le parole sono importanti. Soprattutto quando si parla di politica monetaria. Se davvero la Banca centrale europea il prossimo 21 luglio, giorno della riunione del board, darà la sua prima stretta post-pandemica, dopo anni di politica ultra-accomodante, ebbene non si tratterà davvero di una stretta. Molto meglio, dice a Formiche.net Ignazio Angeloni – economista alla Harvard Kennedy School e, non un dettaglio, ex membro del Consiglio di Sorveglianza della Bce – parlare di rallentamento della fase espansiva.

Prima l’ex commissario Olli Rehn, poi i governatori Nagel e Knot. Sembra essere sempre più probabile un primo vero tightening da parte della Banca centrale europea. Il finale è dunque già scritto?

Non è una stretta, è un allentamento dell’espansione monetaria. Anche se il tasso-chiave della Bce dovesse salire a luglio di mezzo punto, come si sente ventilare in questi giorni, l’intonazione della politica monetaria in Europa resterebbe espansiva.

Mettendola in questo modo allora, come si confronta la Bce con quello che sta facendo la Fed negli Usa?

La Fed si sta portando verso una posizione equilibrata: né espansione né, per il momento, restrizione. Poi si vedrà. Il presidente Powell ha promesso un atterraggio morbido verso la stabilità dei prezzi, senza recessione. Il che gli impone di muovere rapidamente verso una posizione monetaria neutrale, senza poi stringere troppo ulteriormente. È l’impegno più importante e difficile che ha preso nella sua carriera. Dall’esito dipende quello che i libri di storia scriveranno di lui.

Angeloni, torniamo al mese di luglio. Se rallentamento sarà, avverrà a diversi mesi dall’intervento della Fed. Giudica questo lasso di tempo ragionevole e condivisibile o la Bce avrebbe dovuto agire prima?

Il punto non è essere avanti o indietro rispetto alla Fed, ma un altro. Nella seconda parte del 2021 la Bce ha perso l’occasione propizia per aggiustare la politica monetaria in senso meno espansivo, col minimo rischio. In quel momento la crescita europea era più forte del previsto, e già si capiva che le pressioni inflazionistiche erano più diffuse di quando il semplice aumento dei prezzi energetici comportasse.

E dunque?

Se si fosse mossa allora, la Bce avrebbe evitato di rimanere indietro, non tanto rispetto alla Fed, ma rispetto al proprio stesso ciclo monetario. Oggi, con la guerra e i venti di recessione che cominciano a spirare, la mossa è più difficile. Ma penso che la faranno lo stesso.

Rimane il grande problema, un’inflazione che in Europa viaggia su livelli mai così preoccupanti. C’è di mezzo la guerra e la crisi delle catene di approvvigionamento. Basterà una stretta monetaria a fermare l’inflazione o servirà un ritorno delle condizioni geopolitiche alla normalità?

Certamente non basterà questa mossa, che come abbiamo già visto stretta non è. Penso che l’inflazione europea abbia già una dinamica piuttosto radicata, insita nel fatto che alcuni beni non energetici – gli alimentari e anche alcuni servizi – crescono forte e trascinano dietro altri costi e prezzi. La Bce dovrà lavorare molto e bene per tenerla sotto controllo, e il lavoro non durerà poco.

Non è proprio una prospettiva felice…

Se i prezzi internazionali crollassero ai livelli precedenti, tutto sarebbe più facile, ma gli scenari attuali non fanno prevedere uno sviluppo di questo genere.

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