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Biden incontrerà MBS tra pressioni e relazioni da ricomporre

L’incontro tra i leader di Arabia Saudita e Stati Uniti è interessante perché finora Biden ha sempre cercato di tenere al minimo le relazioni con Mohammed bin Salman (MBS), l’erede al trono saudita. Ora ci sono necessità pragmatiche per rialzare la qualità dei rapporti dell’alleanza storica Washington-Riad

I principali media americani fanno sapere attraverso fonti anonime, ma evidentemente coordinate, che il presidente Joe Biden e il sovrano de facto dell’Arabia Saudita, il principe ereditario Mohammed bin Salman, potrebbero incontrarsi per la prima volta il mese prossimo. Un meeting che segnerebbe un momento nelle relazioni correnti degli Stati Uniti con gli alleati sauditi, scivolate verso un minimo storico.

Probabilmente non si tratterà di una visita di stato diretta, ma di una tappa di un tour internazionale che potrebbe anche coincidere con una riunione a Riad del Consiglio di cooperazione del Golfo, di cui l’Arabia Saudita è presidente di turno. È possibile che il contesto multilaterale sua usato per annacquare un po’ le tensioni esistenti, su cui però entrambi hanno interesse a recuperare terreno.

Se fino a due anni fa un incontro fra il leader americano e quello saudita sarebbe stato routine, quasi non notiziabile, ora il possibile faccia a faccia diventa importante perché potrebbe portarsi dietro ulteriori analisi sul procedere dei rapporti — che sono uno degli elementi che da decenni caratterizza non solo le relazioni internazionali americane in Medio Oriente, ma anche le dinamiche interne alla regione. Dando per buona una notizia non ancora ufficiale, vediamo quali sono gli elementi sul tavolo.

Innanzitutto, non è da escludere che, visto il clima di polarizzazione negli Stati Uniti e la competizione elettorale per le elezioni di metà mandato in corso, l’eventuale incontro provocherà anche alcune polemiche interne per Biden. Polemiche che potrebbero arrivare sia dal lato dei Democratici che da quello dei Repubblicani, insomma un’opposizione sostanzialmente bi-partisan a un pieno riavvicinamento con l’Arabia Saudita.

Il tema diritti umani, le attività controverse nella guerra in Yemen e il ruolo che bin Salman ha svolto nell’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi, sono tre elementi che hanno pesato nel modo in cui Biden, e buona parte di Capitol Hill, si stanno approcciando a Riad — e in particolare all’erede al trono. Una postura opposta a quella del predecessore Donald Trump, che attraverso il genero-in-chief Jared Kushner aveva stravolto i protocolli di relazione Washington-Riad e creato un’amicizia di famiglia da cui gestiva i rapporti.

Se i trumpiani potrebbero attaccare Biden per aver prima congelato i collegamenti e adesso scelto di tornare parzialmente indietro, i Repubblicani più classici potrebbero stuzzicare il presidente chiedendo che Riad chiarisca, per esempio, la sua posizione con la Russia. L’amministrazione statunitense aveva chiesto ai sauditi di aumentare le produzioni di petrolio per stabilizzare al ribasso i prezzi futuri e mettere in difficoltà Mosca, ma Riad ha tenuto fede all’accordo Opec+ con i russi e rifiutato la richiesta americana. Ma i Reps potrebbero anche far rumore sui diritti umani, aspetto poi certamente predominante per i Democratici — visto anche il ruolo che Biden stesso sta dando ai valori democratici nella sua narrazione. Una visione che è estremizzata nelle posizioni più radicali del suo partito.

I legislatori statunitensi hanno posto particolare attenzione anche sulle richieste di rilascio di Sarah e Omar Aljabri, i figli dell’ex alto funzionario antiterrorismo saudita Saad Aljabri, che sono stati imprigionati da Riad. Aljabri, che ha lavorato per anni con funzionari della sicurezza nazionale degli Stati Uniti e mantiene stretti rapporti con loro, ha accusato MBS di aver inviato a cercarlo in Canada una squadraccia dei servizi simile a quella che assassinò Khashoggi. Il capo di tutte le intelligence statunitensi, Avril Haines, è intervenuta l’anno scorso in un caso intentato contro Aljabri da società sostenute da MBS, e anche questa vicenda è vista come rappresentativa da diversi legislatori.

Per Biden tuttavia, un ritorno a migliori relazioni con l’Arabia Saudita riflette le scelte a volte scomode che un leader deve fare quando naviga nella complessa politica del petrolio, dei diritti umani e della rete delle relazioni mediorientali. Un riavvicinamento con i sauditi, il più grande esportatore mondiale di petrolio greggio, arriverebbe anche mentre i prezzi della benzina negli Stati Uniti continuano a salire. E il prezzo alla pompa, sebbene frutto di dinamiche globali come la guerra russa in Ucraina, è quello che viene percepito dai consumatori americani e che diventa un elemento da tenere d’occhio in vista delle Midterms, perché potrebbe essere un fattore di danneggiamento politico del presidente – come ha fatto notare il Chief of Staff Ron Klain.

C’è anche un’altra dimensione, sempre piuttosto pragmatica, dietro a questo incontro: Biden finora non ha parlato direttamente con bin Salman, ma ha sempre avuto relazioni più classiche e protocollari con il padre, ossia il sovrano saudita Re Salman, che però ha 86 anni ed è da tempo malato. Con un’analisi schietta dello stato dei fatti, la Casa Bianca potrebbe voler far partire migliori relazioni con l’erede al trono perché il re potrebbe lasciargli presto il posto. Quanto successo negli Emirati Arabi Uniti con la morte di Sheikh Khalifa (anch’egli malato, ma morto improvvisamente) e l’inizio effettivo dell’amministrazione di Mohammed bin Zayed potrebbe essere stato un campanello d’allarme in questo senso.

Come (ri)partire con MBS (l’acronimo inglese con cui tutti indicano bin Salman) non è ancora definito. Biden ha diffuso un rapporto declassificato in cui la Cia collega il futuro sovrano saudita all’uccisione macabra di Khashoggi – la cui penna, soprattutto dalle colonne del Washington Post, era fonte di critiche e preoccupazione per MBS. Ha interrotto il sostegno al conflitto yemenita (dove i sauditi guidano la coalizione contro gli Houthi) e ha mosso le carte per ricomporre il Jcpoa, l’accordo per il congelamento del programma nucleare con l’Iran che i sauditi non hanno mai apprezzato – e che invece l’amministrazione Biden vuole in qualche modo risolvere per evitare di trattare successivamente con un Iran-atomico.

Questi sono i punti, che per Riad hanno estremo valore, su cui poggiare le nuove relazioni. Secondo Eleonora Ardemagni, ricercatrice associata Ispi e cultrice della materia in Storia dell’Asia Islamica e Nuovi conflitti all’Università Cattolica di Milano,  segnali ci sono: Usa e Arabia sono e continueranno a essere partner riluttanti, ma entrambi sanno che pur continuando a divergere su numerose questioni si trovano davanti a un necessario compromesso strategico.

“Riad – continua Ardemagni – ha ancora bisogno della protezione di sicurezza americana, Washington ha più che mai interesse a rilanciare il rapporto, con due obiettivi: gli equilibri energetici mondiali e il contenimento della Cina nel Golfo. Da una prospettiva regionale, anche il tema della sicurezza marittima, in chiave anti-Houthi e anti-Iran, sta offrendo segnali di riavvicinamento fra Usa e monarchie, perché gli americani sembrano ora più ricettivi ai timori di sicurezza delle potenze arabe del Golfo”.

Da mesi, il coordinatore del Consiglio di sicurezza nazionale per il Medio Oriente Brett McGurk e il consigliere senior del dipartimento di Stato per la sicurezza energetica globale Amos Hochstein lavorano dietro le quinte per far riparare i rapporti. La coppia si è recata in Arabia Saudita quattro volte da dicembre 2021, incontrando anche MBS personalmente. Martedì, il fratello minore del leader saudita, Khalid bin Salman, era a Washington per incontrare – alla Casa Bianca – il consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan, Hochstein e altri funzionari. Bin Salman piccolo sta anche co-presiedendo una riunione del Comitato strategico di pianificazione congiunta USA-Arabia Saudita al Pentagono.

Quali altri fattori potrebbero portare, adesso, Biden a Riad? “Al momento, la de-escalation in Yemen, con il forte appoggio saudita alla tregua nazionale rinnovabile, contribuisce ad ammorbidire uno dei principali dossier d’attrito fra americani e sauditi. Da parte statunitense, la détente con il regno saudita è utile anche con l’Iran, sia in caso di rilancio del nuclear deal, che in caso di suo naufragio”, risponde Ardemagni, che lunedì sarà ospite di un Live Talk di Decode39 sul Golfo.

L’esperta italiana aggiunge: “Un riavvicinamento, dopo mesi di tensioni, è già in corso con gli Emirati, come dimostra la folta delegazione, e di alto livello, giunta da Washington ad Abu Dhabi per commemorare il presidente Khalifa bin Zayed e la precedente visita del nuovo comandante di CentCom. Ma tra americani ed emiratini è più facile, perché i rapporti personali (che nel Golfo pesano molto) sono comunque migliori di quelli tra Biden e MBS, che non si sono mai direttamente parlati. Sarà questo lo scoglio maggiore al rilancio della partnership, ma il realismo politico può (quasi) tutto”.

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