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Gli Stati Uniti contro Billie Holiday. Un fenomeno sociale, culturale e musicale

Un film d’autore uscito in sale cinematografiche selezionate, che presto si potrà visionare in home video; un documento molto importante che si inserisce in un filone già coltivato con cura, quello del fenomeno biografico dedicato alla cantante statunitense Billie Holiday

Gli Stati Uniti contro Billie Holiday (The United States vs. Billie Holiday), 2021, è diretto dal regista Lee Daniels, il quale si rifà esplicitamente all’utile saggio del 2015 Chasing the scream di Johann Hari.

Nella pellicola in questione, la grande cantante jazz, soprannominata Lady, è interpretata da un’intensa Andra Day, la quale non a caso è stata candidata all’edizione degli Oscar 2021 come miglior attrice protagonista; la trama, particolarmente appassionante, si svolge in due ore compatte, all’interno delle quali si seguono le vicende concertistiche e discografiche della Holiday, in un perfetto contesto sociale e storico, ricostruito con dovizia di particolari.

L’avvio delle vicende è infatti fissato all’anno 1957, momento in cui la cantante rilascia una lunga intervista radiofonica, fatta di riflessioni amareggiate circa la sua altalenante carriera. Il punto focale è la canzone Strange fruit, che viene eseguita in una scaletta ricca di classici (da All of me sino a tutti gli altri standards del Great american songbook): il pezzo è un doloroso canto contro le persecuzioni razziali, che in ispecie vengono poste in essere ai danni delle famiglie del Sud (ad esempio l’Alabama, ecc.), con violenze fisiche e uccisioni. Gli agenti federali, nel tentativo di sedare questa proposta civica, ostacolano la Holiday in tutti i modi, puntando sulle sue debolezze caratteriali, di indole (l’alcol, la droga, la sregolatezza di vita e sentimentale).

Billie Holiday muore il 17 luglio del 1959, a soli quarantaquattro anni; nel 1978, tuttavia, il suo testamento inizia a prendere forma. La menzionata Strange fruit viene inserita nella Hall of fame dei Grammy in quanto canzone del secolo.

La questione trattata è, de facto, razziale, e in questo senso il film in esame è prezioso per analizzare la storia di un triste accadimento antropologico, paradossalmente contrapposto allo splendore dello swing e del jazz, come noto fenomeni anticipatori, moderni, probabilmente alla base delle nostre radici culturali in fatto di musica, di bellezza e di pensiero speculativo (e a tal proposito, si veda qui la recente riflessione svolta sulla cultura musicale moderna).

Una donna, di colore, che risplende in tutto il suo fulgore biografico, dinanzi a spettatori, ascoltatori e appassionati: una grande lezione di storia del diritto processuale, di diritti umani, di inclusione e di gender.

Buona visione.

 


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