Il responsabile della Sicurezza del Pd e parlamentare del Copasir: accendiamo un faro sulla propaganda russa in tv, sentiremo Rai e Agcom, preoccupante il soliloquio in tv di Lavrov. Contro l’Italia una guerra ibrida russa, prendiamo misure. Gas? Necessario riscrivere alleanze e partnership
Il caso dell’intervista di Mediaset a Sergei Lavrov sbarca al Copasir. Per Enrico Borghi, responsabile della Sicurezza del Pd e parlamentare del comitato di Palazzo San Macuto, il “soliloquio” del ministro degli Esteri di Vladimir Putin in prima serata è sintomatico di un’autostrada aperta alla propaganda russa dai media italiani e da un fronte politico trasversale.
Lavrov in prima serata. Informazione o infowar?
L’uno-due Lavrov/Solovyev in soliloquio e prima serata domenicale è preoccupante, e deve far riflettere. Sono i vertici assoluti della politica e della comunicazione russa, rispondono direttamente a Putin che è l’unico a sovrastarli gerarchicamente. Qui bisogna avere chiaro un punto.
Quale?
La cosiddetta “guerra ibrida” russa combina misure di guerra convenzionale, che stiamo atrocemente vedendo sul campo e di cui personaggi come Lavrov portano la pesantissima responsabilità, con altri metodi di influenza attraverso il mondo dell’informazione. La combinazione di questi due fattori produce un obiettivo politico preciso. I russi stanno conducendo la “guerra ibrida” da tempo contro l’Italia, contro la Ue e contro la Nato. Negarlo significa essere ingenui come Alice nel paese delle meraviglie. Oppure essere in totale malafede.
Il ministro degli Esteri si dice deluso dalla reazione italiana alla guerra russa.
Potrebbe spiegarci i motivi della sua delusione. Potrebbe dirci da chi si aspettava sostegno e difesa delle loro posizioni. E potrebbe illustrarci anche il perché.
Nota un trend preoccupante della disinformazione russa in Italia?
È in atto una evidente escalation disinformativa nel nostro Paese, che una volta di più viene interpretato come il ventre molle d’Europa. È chiaro che il Cremlino vuole presentare e sostenere valori alternativi a quelli della democrazia, perché questa guerra in Ucraina ha un substrato ideologico profondo che parte dal presupposto della cosiddetta superiorità del modello delle autocrazie contro le democrazie decadenti. E ci sono diversi media italiani che stanno girando con i canoni tipici della disinformazione russa.
Ad esempio?
L’invasione dell’Ucraina come conseguenza dell’espansione della Nato ad Est, Bucha come mistero che deve essere sciolto da commissioni internazionali, l’aggressore e l’aggredito sullo stesso piano come se fosse un ring per far schierare i tifosi.
Due anni fa ha firmato la relazione del Copasir sulla disinformazione di Mosca in Italia. Il comitato si occuperà di nuovo del dossier?
Il Copasir è al lavoro quotidianamente in maniera molto intensa su tutte le conseguenze della guerra sulla nostra sicurezza nazionale, e il tema della disinformazione – come hanno dimostrato anche le decisioni assunte dalla Ue nei confronti di Russia Today e Sputnik – è sicuramente un aspetto importante di questa fase storica. Va letta in questa chiave anche la decisione assunta di disporre le audizioni del direttore generale della Rai e del presidente dell’Agcom.
Il governo inglese denuncia l’attività di una fabbrica di troll con sede in Russia. Ritiene credibile l’esistenza di una regia?
L’intelligence inglese è sicuramente tra le migliori al mondo, e insieme con quella americana nella vicenda ucraina ha dimostrato di possedere le migliori informazioni sul terreno, facendo la scelta vincente di condividerle come chiave di risposta all’aggressione russa. Per cui ciò che dice va ascoltato con grande attenzione.
C’è un tema politico: alcune tesi della propaganda russa, ad esempio sull’invio di armi alla resistenza come causa principale dell’escalation, sono sposate dal vostro alleato, il Movimento Cinque Stelle.
Starei ai fatti. Il Movimento 5 Stelle ha votato, insieme con tutti i partiti che sostengono il governo e con Fratelli d’Italia, la risoluzione del primo marzo che autorizza il sostegno alla resistenza ucraina al fine dell’esercizio della legittima difesa e della protezione della popolazione. Quella risoluzione autorizza il governo ad agire in tal senso fino al 31 dicembre 2022, informando costantemente il Parlamento. Tra i firmatari dei decreti interministeriali di attuazione vi è anche un ministro di grande rilievo del Movimento 5 Stelle.
Un ulteriore chiarimento in aula è necessario?
Se sul piano politico si intende fare un nuovo dibattito parlamentare, non abbiamo nessun timore. Stiamo parlando di un argomento molto complesso e delicato, nel quale la coscienza di ognuno è interpellata, e in democrazia non si deve mai aver paura del confronto e della dialettica che arricchiscono la nostra società e ispirano al meglio le decisioni in vista del bene comune. E in tal senso, il governo, e in particolare il premier Draghi e i ministri Guerini e Di Maio, hanno dato prova di affidabilità, e noi ci fidiamo di loro.
Il Copasir ha detto sì alla secretazione della lista di armi da inviare a Kiev. Giusto non renderla pubblica? Non sarebbe necessario un ulteriore passaggio in Parlamento?
Chiariamo un punto giuridico importante. La decisione della secretazione è stata adottata dal governo, con l’approvazione del decreto interministeriale che ha visto gli allegati classificati. Il Copasir è tenuto per legge a rispettare il vincolo di segretezza sul merito del proprio operato e sul contenuto delle proprie sedute, per cui le cose si sommano in questa direzione.
Nel merito?
Nel merito, la decisione di secretare il contenuto risponde a precise esigenze di sicurezza nazionale, senza in alcun modo inficiare il diritto del Parlamento ad essere informato e senza effettuare censure o occultamenti. Ribadisco: se si avverte l’esigenza di un nuovo dibattito parlamentare, non abbiamo nessun problema a ribadire le nostre opinioni senza timori, chiarendo il punto politico che le armi sono funzionali alla difesa di un Paese aggredito perché questo è il perimetro stabilito dal Parlamento a larghissima maggioranza.
Il governo intanto cerca alternative all’energia russa. Nell’ultima relazione il Copasir parla dell’Iran come un “partner” importante. La crisi obbliga a riscrivere la geografia delle alleanze?
Siamo dentro un salto quantico: si stanno contemporaneamente realizzando la sostituzione della Russia con l’Africa come “bacino” di alimentazione del gas e degli idrocarburi, il rafforzamento del perimetro euro-atlantico anche come ambito per l’autonomia energetica e la centralità del Mediterraneo anche dal punto di vista energetico. La guerra in Ucraina sta producendo questa conseguenza storica, che significa una chance per l’Italia e la necessità di una riscrittura del “balance of power” tra Europa e Africa che non può non vedere il nostro Paese al centro.
Ci sono rischi in questa transizione geopolitica?
Dobbiamo comprendere che a questo salto quantico deve corrispondere una nostra adeguatezza sul piano culturale, politico, diplomatico, militare e di intelligence. Dobbiamo davvero costruire un “sistema Italia” che guidi il processo storico che si apre verso il Mediterraneo e l’Africa, un sistema nel quale si consideri con grande attenzione il primato della politica, il ruolo degli strumenti operativi (partecipate di Stato comprese), una analisi di scenario strategica per i prossimi anni in questo teatro, e una capacità di interazione solidale tra i vari attori istituzionali che sin qui è mancata anche per alcuni limiti legislativi. È un grandissimo lavoro che ci attende, e che deve essere fatto perché la politica non conosce vuoti, e se non ci attrezzeremo noi qualcuno ci prenderà il posto. Evitiamolo.