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Vi spiego le regole del gioco all’epoca dei social

Di Domenico De Masi

Fulminea, rozza, implacabile è la cancel culture praticata dai social media, dove basta un like per osannare un influencer o un click per affossare un divo. Più raffinata e subdola è invece la cancel culture praticata dai programmi televisivi dove tutto è pianificato per cancellare le idee e i personaggi eccentrici rispetto al mainstream, mettendoli in minoranza, o ridicolizzandoli, o semplicemente ignorandoli. Il commento di Domenico De Masi, professore emerito di Sociologia del lavoro presso la Sapienza Università di Roma

La cancel culture rappresenta, a livello di individui, ciò che le sanzioni e il ritiro degli ambasciatori rappresentano a livello di Stati. Ognuno di noi sopravvive e cresce grazie alla rete di interazioni con i propri simili. Quando una di queste interazioni viene recisa, il nostro mondo relazionale risulta impoverito, umiliato, minacciato. Se una persona amata non ci risponde più al telefono, la sua sparizione rappresenta una violenza estrema contro di noi perché ci coglie inermi, non avendo noi armi con cui rintuzzarla.

E la violenza può realizzarsi in due sensi: sono carnefice se mi nego all’altro che mi cerca; sono vittima se è l’altro che si nega a me che lo cerco. Quando, a cancellarmi dalla sua agenda, non è una persona singola ma un circolo, un club, una piattaforma social, un partito, un sindacato, un’azienda, una banca, la ferita psicologica diventa anche socio-economica perché mi depriva di visibilità, sostegno, convivialità, collaborazione, sussistenza, identità. Mi impoverisce, mi mortifica, mi colpevolizza, mi azzera.

Fulminea, rozza, implacabile è la cancel culture praticata dai social media, dove basta un like per osannare un influencer o un click per affossare un divo. Più raffinata e subdola è invece la cancel culture praticata dai programmi televisivi dove tutto è pianificato per cancellare le idee e i personaggi eccentrici rispetto al mainstream, mettendoli in minoranza nei panel, o ridicolizzandoli, o semplicemente ignorandoli. Il soggetto può essere cancellato in toto o solo per quanto riguarda la sua produzione letteraria, musicale, cinematografica.

Il film vincitore del premio Oscar di Costa Gavras Z – L’orgia del potere (1969) ricorda nei titoli di coda che la dittatura militare proibì in Grecia Sofocle ed Eschilo, Dostoevskij e i Beatles, la sociologia e la matematica moderna. Dal 1559 al 1996 la Chiesa ha tenuto un index librorum prohibitorum e l’Inquisizione ha decretato che nessuno, pena la scomunica, “osi ancora scrivere, pubblicare, stampare o far stampare, vendere, comprare, dare in prestito, in dono o con qualsiasi altro pretesto, ricevere, tenere con sé, conservare o far conservare qualsiasi dei libri scritti e elencati in questo Indice del Sant’Uffizio”.

E l’index ha “cancellato” Boccaccio e Machiavelli, Moravia e Sartre. Chi “cancella” un altro lo può fare per motivi diversi: per senso di giustizia, risentimento, ribellione, vendetta, maniacalità. Spesso lo fa per conformismo, aderendo acriticamente a un’idea imposta dalla manipolazione di turno. Più consolidata e condivisa è la cultura di un gruppo, più guardinga e intransigente è la sua salvaguardia dei propri valori e regole sociali.

Ciò vale soprattutto per i partiti che, come dice la parola, sono “parte” di un tutto, gelosi custodi di ciò che li distingue dagli altri partiti, e perciò pronti a cancellare gli iscritti che, iscrivendosi, hanno accettato il recinto ideologico di riferimento ma poi hanno osato scavalcarlo. La tenuta ideologica e organizzativa dei partiti tende ad allentarsi col tempo e, insieme al suo sfilacciamento, si fanno sempre più frequenti sia le devianze degli adepti, sia la tolleranza e persino la connivenza dei vertici.

Assistiamo così a forze politiche acerbe, particolarmente inclini alle espulsioni, come il Movimento 5 Stelle che, in meno di due mesi, ha “cancellato” 42 parlamentari di Camera e Senato per aver negato il voto di fiducia al governo di Mario Draghi. Lo stesso Movimento, nelle fasi iniziali della sua trasformazione in partito, ha “cancellato” le emittenti televisive negando ogni partecipazione dei suoi parlamentari ai talk show.

Invece il Pd, forza politica più stagionata e, quindi, più tollerante, si guarda bene dall’espellere il presidente della regione Campania, nonostante il suo frequente e plateale dissenso rispetto alle decisioni dei suoi vertici. Ma la più massiccia e crescente “cancellazione” in politica la fanno i cittadini che si astengono dal voto, così cancellando, d’un colpo, i partiti in lizza e la politica tout court.



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