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Voto bello e impossibile. Il gioco delle coalizioni nel mosaico di Fusi

La medicina giusta sarebbe scomporre e ricomporre, disgregare e riaggregare le attuali coalizioni, magari con l’aggiunta di elementi più o meno centristi, sulla base di maggiori e maggiormente convincenti affinità elettive. Eppure è poco più di un miraggio…

Bello. E impossibile. Gianna Nannini non c’entra, ovviamente. C’entrano invece le coalizioni. Quegli aggregati che, sia nella veste di iscritti alla sezione “Combattenti&reduci” della Seconda Repubblica che fu; oppure versione aggiornata dell’Unione sotto le insegne del Campo Largo, ambiscono a presentarsi al voto del prossimo anno in qualche misura ingannando gli elettori perché consapevoli di poter vincere ma assolutamente di non poter governare causa insanabili dissidi interni.

La medicina giusta sarebbe scomporre e ricomporre, disgregare e riaggregare quei contenitori, magari con l’aggiunta di elementi più o meno centristi, sulla base di maggiori e maggiormente convincenti affinità elettive.

E qui torniamo purtroppo ed inesorabilmente al bello e impossibile. Che una cosa del genere sia necessaria e magari per qualche verso spurio già in atto, è apprezzabile. Che arrivi fino in fondo al punto da presentare due nuove opzioni di governabilità agli italiani, beh è poco più di un miraggio.

Vediamo. Le linee di faglia che si vanno proponendo in forme non politiche ma di convenienza e di sintonia diciamo di pancia, sono infatti due. La prima è rappresentata dall’acronimo BCS che sta per Berlusconi, Conte e Salvini. C’è entro il core business del governo gialloverde incurante del paradosso di un ex premier che in Parlamento ricoprì di negatività con l’accusa di scarso senso istituzionale l’allora suo ministro dell’Interno e ora se lo ritrova compagno di marcia sul fronte russofilo e anti-americano versione Democratici. Ad essi si aggiunge, fino ad un certo punto sorprendentemente: vedi le ultime esternazioni, Silvio Berlusconi, ormai definitivamente incapace di vestire i panni del mediatore e congiuntamente incapace di esibire uno straccio di aggregante di linea politica. L’amicizia con Putin è l’ultimo forziere da cui attingere qualche briciolo di protagonismo. E il Cav sversa convintamente, anche a costo di far deflagrare la sua, molto confusa, creatura politica.

Sotterraneo ma solidissimo, c’è un filo che unisce e avvinghia il fronte BCS: l’avversione a Mario Draghi. Il cui profilo politico-tecnico fa impallidire fino ad annichilirlo quello della triade che gli si oppone. Draghi è atlantico e amico degli Usa in un modo tale da aver scalzato sia alla Casa Bianca che al Congresso l’effigie del leader una volta accolto ed applaudito a Capitol Hill; ha uno standing internazionale che Salvini con i suoi occhieggiamenti filo-Est e i suoi TikTok nutrizionali non avrà mai; e infine possiede una competenza e una credibilità lontana anni luce da chi come Giuseppi ha pensato per qualche tempo di fargli da competitor. La triade BCS si è presa la sottile vendetta di sbarrare a Draghi la strada del Quirinale. Roba che pesa e peserà. Ma riuscire a coagularsi come area politica omogenea è mission impossible: nessuno dei tre ha le physique du ròle da aggregatore, e nessuno dei tre ha le doti acrobatiche di  Tom Cruise.

L’altra faglia è, se possibile, ancora più paradossale: una mistura dove i suoi componenti hanno un alto tasso di inconciliabilità. Eppure continuano a stare insieme come in certi matrimoni dove i coniugi non si sopportano e litigano su tutto ma tuttavia restano legati. Si tratta dell’aggregato Sandra&Raimondo così battezzata dalla protagonista femminile. Ossia l’accoppiata Meloni-Letta che non ha niente in comune e visioni opposte sull’Italia e sulle cose da fare. Ma che tuttavia ritrovi sempre assieme ai convegni e alle tavole rotonde e soprattutto vedi che amano la medesima melodia maggioritaria anche se il Pd qualche sussulto proporzionale ce l’ha, e intonano il medesimo gorgheggio sugli Usa e l’opposizione frontale a Mosca. Al punto che al Senato Ignazio LaRussa ha impartito una lezione allo schieramento pro-Putin: quasi un affronto.

Dunque se la scomposizione e ricomposizione dovesse avvenire impastando il cemento della politica estera, ne verrebbero fuori combinazioni inconciliabili. E sul resto non è che lo cose migliorino di molto.

Il risultato è che si andrà al voto con le coalizioni così come sono. Per niente belle ma, a quanto pare, le uniche possibili.

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