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Il ruolo della cultura e del cinema per l’Italia e per Roma

Stanno emergendo tanti giovani talenti usciti da buone accademie, per lo sviluppo dei quali occorre contare su una seria forma di meritocrazia. Partendo dal libro di Franceschini e dagli investimenti delle major dell’audiovisivo. Il commento di Luigi Tivelli

Il ministro della cultura Dario Franceschini ha pubblicato da poco un libro dal titolo provocatorio “Con la cultura non si mangia”, mutuato da una espressione un po’ infelice vari anni fa del ministro dell’Economia di allora Giulio Tremonti. Franceschini è il ministro dei beni culturali prima e della cultura ora di più lungo corso della storia repubblicana, di ricca esperienza e indubbiamente assieme a Giovanni Spadolini, che fra l’altro istituì il ministero, e ad Alberto Ronchei, il migliore. Trovo molto giusto e significativo che un ministro voglia sottolineare il tema della cultura e del ruolo cruciale dal punto di vista economico oltre che sociale che la cultura ha per un Paese ricco di giacimenti e stimoli culturali come l’Italia.

Il settore della cultura in Italia contribuisce significativamente al Pil e in termini di attrattiva di turismo dall’estero anche se limitato per ora ma che potrebbe risvegliarsi specie se saranno attivati gli interventi giusti. Il Paese è un museo a cielo aperto per i beni archeologici che detiene, per la ricchezza dei musei, pur non ancora sufficientemente valorizzati anche se ci sono stati passi avanti di recente, e per la vivezza di altri settori tra cui non trascurabile è quella del cinema.

Si pensi ad esempio al caso di Roma, un vero e proprio un museo a cielo aperto in cui il cinema e l’audiovisivo sono il secondo settore del Pil complessivo cittadino. Nel cinema poi sono in corso progetti di grande rilievo. Si pensi per tutti, oltre ai ricchi contributi previsti per il settore della cultura dal Pnrr, ai 300 milioni per lo sviluppo degli studios di Cinecittà che l’amministratore delegato Nicola Maccanico sta contribuendo ad indirizzare e utilizzare al meglio, come dimostra fra gli altri aspetti che già è stato avviato l’accordo con Cdp per la ricca mole di ettari accanto agli studios di Cinecittà che saranno il luogo di sviluppo.

Questo farà di Cinecittà un grande hub del cinema italiano, europeo e internazionale. È vero che il cinema soffre la crisi delle sale in quanto con la pandemia si è ridotta l’abitudine dei cittadini ad andare al cinema, ma per fortuna si sono insediate sempre più anche in Italia le grandi piattaforme come Netflix, Amazon Prime, Disney+ che consentono il mantenimento e lo sviluppo delle produzioni cinematografiche. Buona parte di questa rinnovata vitalità del cinema italiano grazie soprattutto alle piattaforme, alla Rai, a Sky e ad altri operatori si concentra a Roma dove si può prevedere uno sviluppo delle già forti potenzialità del cinema. Oltretutto, a Roma non c’è solo un nuovo sindaco dotato di un curriculum e di un respiro internazionale, non solo ci sono appuntamenti in vista come quelli del Giubileo e della possibile Expo, ma il sindaco si è dotato di un capo di gabinetto come Albino Ruberti che è stato a capo di Zetema, società che organizza a Roma gli eventi cittadini, soprattutto promossi dal Comune, e di Civita, una società che tra l’altro gestisce decine di musei.

Già si vedono i primi segnali di una forte attenzione del nuovo sindaco allo sviluppo della cultura, grazie forse anche in virtù del nuovo capo di gabinetto ed è da presumere che questi saranno sempre più larghi per Roma. Per Roma, quello della cultura è un giacimento cruciale e fondamentale, anche al fine di attrarre turisti dall’Italia e speriamo sempre più, dall’estero. A Roma per fortuna si sono sviluppate imprese anche in altri settori innovativi oltre a quello tradizionale dell’edilizia ma mi sembra che Roma abbia un destino naturale, tenuto conto della sua storia, come capitale della cultura e del cinema. Due campi in cui stanno emergendo tanti giovani talenti usciti da buone accademie, per lo sviluppo dei quali occorre contare su una seria forma di meritocrazia, anche perché la meritocrazia è gemella della concorrenza e solo con dosi in questi settori, sempre più significative, di meritocrazia e concorrenza è possibile lo sviluppo di un settore come la cultura e il cinema superando la palla al piede dei familismi e con quella diffusa etica della raccomandazione che sono i veri e propri pesticidi che ammazzano sia la possibilità del funzionamento di un sano fertilizzante sia della fioritura dei talenti.


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