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Le ultime parole che mi disse Ciriaco. Bianco e la lezione di De Mita

L’ex ministro dell’Istruzione: “È stato il teorico più robusto che abbia avuto la Dc, di quella politica fondata sulla solidità delle istituzioni”. Il De Mita uomo? “Aveva delle grandi delicatezze umane che oggi sono merce rara”. E poi il rapporto personale: “Tra noi non sono certamente mancati dissensi e incomprensioni, ma ha resistito sempre il filo dell’amicizia e del rispetto”

“La grande lezione che lascia Ciriaco De Mita è che non si può fare politica senza avere una visione generale, sia dello stato democratico che della società. Non si può parlare solo di economicismo come sta purtroppo accadendo”. Questo il ricordo dell’esponente democristiano mancato ieri che Gerardo Bianco, ex ministro della Pubblica Istruzione, parlamentare fino al 2008 ed esponente di spicco della Dc, affida a Formiche.net.

L’amicizia

Quale l’elemento umano, prima che politico, che le ha lasciato l’amicizia con Ciriaco De Mita? “Si tratta di un rapporto che risale agli anni universitari della Cattolica”, racconta Bianco, raggiunto telefonicamente prima delle esequie. “De Mita, anche quando si scontrava polemicamente contro qualcuno, trovava il modo per stabilire un rapporto e un dialogo, inoltre aveva delle grandi delicatezze umane che oggi sono merce rara. Ciò che lui avvertiva particolarmente era l’amicizia, un fatto sì esclusivo ma che creava anche qualche difficoltà nei rapporti. Infatti Ciriaco si sentiva tradito quando qualche suo amico non appoggiava le battaglie in cui credeva, ma comunque in seguito salvaguardava quelle relazioni”.

Pentapartito

Dal punto di vista politico, quale è stato l’apporto di De Mita all’interno della Dc e della stagione governativa caratterizzata dal pentapartito? “Secondo me De Mita è stato il teorico più robusto che abbia avuto la Dc di quella politica fondata sulla solidità delle istituzioni. Era convinto che in una situazione anomala come quella italiana, con al suo interno un partito comunista verso il quale c’era il cosiddetto fattore K, ovvero con una sorta di impedimento al governo del Paese per questa esclusione implicita data dalla mancata convergenza sulla politica estera, occorresse il concetto da lui elaborato di istituzioni a garanzia di un sistema. Ovvero le istituzioni come fondamento su cui puntare in seguito la dialettica politica: era quell’elemento di contenimento atto ad impedire il deperimento dello Stato”.

Una visione forte dello stato democratico, aggiunge, che nasceva dalla sua visione giuridica, infatti alla Cattolica era considerato un finissimo giurista. In questo senso reinterpretava la scrittura della Costituzione: “Ricordo alcuni suoi discorsi alla Camera su questa materia che meriterebbero di essere riletti da tutti proprio perché di grande interesse”.

C’è un episodio personale che ha piacere di ricordare? “Ce ne sono molti – continua – ma vorrei citare l’ultima occasione in cui ci siamo visti, sono davvero turbato e commosso per questo: è avvenuto nella chiesa di Sant’Angelo dei Lombardi, un paese importante, per la Messa in suffragio di un nostro caro amico. Disse parole che non dimentico: non dobbiamo rinunziare a nulla di ciò che abbiamo fatto, dal momento che abbiamo la fede dobbiamo conservare i nostri valori e ci demmo appuntamento per rivederci. Purtroppo ciò non è avvenuto. Non sono certamente mancati dissensi e incomprensioni, ma ha resistito sempre il filo dell’amicizia e del rispetto”.

Lezione politica

Quale la lezione che De Mita lascia ai democratici cristiani italiani, che esistono ancora e in numero elevato, al di là di come votano? “La grande lezione è che non si può fare politica senza avere una grande visione generale sia dello stato democratico che della società. Non si può parlare solo di economicismo come sta purtroppo accadendo. Se non si costruisce all’interno di una popolazione un forte senso identitario basato su fede, visione e cultura, per noi l’umanesimo integrale di Maritain, non si può avere l’idea di come strutturare conseguentemente la società che si amministra. Tutto ciò avvenne, voglio sottolinearlo, in termini mai integralisti ma preservando il principio della dialettica parlamentare. Questo il punto vero”.

Proprio nessun dissenso tra voi? Ce n’è stato uno in merito al colloquio con il Pci, racconta: “Io ero convinto che non andasse fatto scavalcando il Psi: De Mita altresì riteneva che un dialogo diretto poteva essere possibile anche per non lasciarsi condizionare. Ad unirci, invece, una battaglia comune che abbiamo condotto assieme: la difesa della tradizione politica cattolica e democratica. Era talmente convinto della sua posizione, che confessava a tutti di voler questa epigrafe sulla sua tomba: sono un democristiano e lo sarò sempre”.

@FDepalo


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