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Draghi, l’esploratore. Panebianco sul viaggio americano

Il politologo ed editorialista del Corriere: a Washington Draghi in esplorazione per conto dell’Europa ma le linee rosse di Biden sono chiarissime. Germania e Italia scontano il fascino russo, i putiniani italiani indeboliscono il premier. Pacifisti? Non nascerà un partito

Mal comune mezzo gaudio. Se sull’aereo che porterà il presidente del Consiglio Mario Draghi a Washington pesa e non poco l’attivismo del partito filorusso italiano, dentro e fuori la maggioranza, anche Joe Biden sconta un Paese diviso, nota Angelo Panebianco, politologo ed editorialista del Corriere della Sera. Diviso sui vaccini, la scuola, la politica. Ma non sulla guerra di Vladimir Putin in Ucraina, che gli Stati Uniti aiuteranno “in tutti i modi”.

Quanto si gioca l’Italia con questo viaggio?

Il viaggio punta non solo a rinsaldare il rapporto bilaterale ma a enfatizzare da entrambe le parti il ruolo italiano nel grande gioco europeo di fronte alla crisi. Da parte sua Draghi sconta una coalizione di governo divisa sulla politica estera.

Anche Biden ha qualche problema in casa…

È vero, i pronostici per le elezioni di metà mandato non gli sorridono. Però Biden ha alle spalle un Paese che in questo momento è compatto di fronte alla guerra. Draghi invece sa di avere forze di maggioranza che remano in un’altra direzione e questo movimento può accentuarsi in vista delle amministrative e delle politiche.

Da fuori l’Italia dà l’immagine di un Paese diviso?

Draghi sta facendo del suo meglio per mantenere alto il profilo del Paese. Lo ha fatto parlando a Strasburgo e proverà a farlo a Washington. Nessuno, Biden compreso, ignora però le debolezze strutturali italiane che inevitabilmente pesano sulla politica estera.

Draghi farà da esploratore per l’Europa? È giusto chiedere a Biden quali sono le linee rosse americane?

Le linee sono chiare, Biden è stato esplicito: gli Stati Uniti aiuteranno in tutti i modi l’Ucraina e chiedono all’Europa di fare altrettanto, ma non invieranno soldati sul campo.

Il partito filorusso italiano pesa sul viaggio del premier?

Lo indebolisce e non potrebbe essere altrimenti: Draghi arriva a Washington sapendo di non avere tutta la coalizione dietro di lui. D’altra parte il suo rapporto privilegiato con gli Stati Uniti rafforza la posizione italiana in Europa.

In queste settimane si discute della propaganda russa nella tv italiana. È un caso unico?

Non credo, basta dare uno sguardo a Berlino, dove l’opinione pubblica è divisa almeno quanto la classe politica. Non è un caso: senza scomodare l’Ungheria, Italia e Germania sono i grandi Paesi europei con il rapporto più stretto con la Russia, la riconversione è complicata. Ma c’è anche un retaggio storico.

Quale?

Entrambi hanno perso la Seconda guerra mondiale, nell’opinione pubblica c’è una certa diffidenza verso l’Occidente e lo stiamo vedendo. Con una differenza: l’Italia ora ha un leader di grande profilo internazionale.

Professore, un partito pacifista italiano è fantasia?

Sì, il pacifismo sbandierato dai partiti mi sembra una copertura per altro. Naturalmente in Italia c’è una tradizione pacifista cattolica che ha radici profonde. Ma dubito fortemente che questo pacifismo possa farsi partito.

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