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In cosa consiste la nuova partnership Europa-Golfo

L’Europa, con il nuovo documento strategico, sembra guardare al Golfo con maggiore consapevolezza, spiega Borea (docente in Bahrain). Molti i punti di reciproco interesse per sviluppare una relazione quadro che vada oltre al commercio (e all’energia)

L’ambasciatore dell’Unione Europea in Arabia Saudita, Patrick Simonnet, ha confermato nei giorni scorsi come l’Ue sia intenzionata a rafforzare la sua partnership con il Regno e con il Golfo. “La strategia a lungo termine, la prima di questo tipo tra i due gruppi [di nazioni], sarà fondamentale per le relazioni Ue-GCC (acronimo inglese di Consiglio di Cooperazione del Golfo, ndr)”, ha detto in un’intervista esclusiva ad Arab News: “Abbiamo bisogno gli uni degli altri. L’Ue e il GCC hanno molto da guadagnare nel rafforzare il partenariato”.

L’Ue ha presentato la sua prima strategia a lungo termine per definire i futuri legami con il Golfo mercoledì 18 maggio, quando l’Alto rappresentante e la Commissione europea hanno adottato una comunicazione congiunta sulla partnership strategica con la regione.

I primi documenti di programmazione di relazione strategica con il GCC risalgono alla fine degli anni Ottanta, con relazioni che si sono protratte nel cercare anche un accordo di libero scambio, che però non è mai arrivato. Le discussioni sono state sospese 2008, sostanzialmente perché mancava un ampliamento del rapporto oltre alla questione commerciale.

Quello che potrebbe arrivare adesso, con il documento strategico uscito in questi giorni, unico nel suo genere per il livello di approfondimento dell’ampia gamma di temi messi sul tavolo. Secondo Pasquale Borea, da quanto contenuto nel documento sembra che l’Europa abbia acquisito maggiore consapevolezza della regione e per questo inizi a trattarla con lenti differenti.

Borea da un decennio lavora e risiede nel Golfo, è professore ordinario di diritto internazionale  e contribuisce alla formazione di studenti e diplomatici del Bahrain. In una conversazione con Formiche.net spiega che “letta la situazione a posteriori, se l’Ue avesse avuto maggiore interesse nel passato a rafforzare la cooperazione strategica con il GCC (anche di free trade), tutto ciò che il nuovo documento dovrebbe muovere sarebbe stato molto più semplice da gestire. Questo è un discorso complessivamente riferibile alla politica estera dell’Ue, dove il problema principale resta sempre quello di una mancanza di agilità, dinamiche incerte negli stessi trattai, meccanismo di unanimità che complica un efficiente decision-making, con la politica estera e di sicurezza che doveva essere la base, l’evoluzione dell’integrazione regionale, e invece dopo decenni ci troviamo ad affrontare adesso uno scatto prodotto anche da una fase emergenziale”.

Fonti dal Golfo fanno notare in via confidenziale che il documento europeo non è troppo circolato tra la stampa locale, sebbene sia stato raccontato da interventi come quello di Simonnet. Il problema è che all’interno di alcuni corridoi potrebbe essere percepito proprio come una mossa di emergenza, chiaramente legata al ruolo chiave che i Paesi della regione hanno nel mondo dell’energia e dunque nelle dinamiche connesse alla volontà di Bruxelles di sganciarsi dalla dipendenza da Mosca — diventata politicamente (e dunque in chiave sia strategica sia etica) insostenibile dopo l’aggressione in Ucraina.

In politica estera tuttavia è spesso la necessità a dettare l’agenda, e quanto sta accadendo potrebbe essere occasione per rivedere in forma generale le relazioni Ue-Golfo. “Credo che rivedere la strategia Ue nei confronti del Golfo sia fondamentale: ma l’Europa — aggiunge Borea — non può pensare che il Golfo sia lo stesso di venti anni fa, perché ci sono state evoluzioni molto rilevanti, per esempio nel mondo dell’energia verde e della digitalizzazione. Ormai l’Ue deve abbandonare il suo ‘complesso di superiorità’, quei Paesi non possono essere relegati al ruolo di potenze minori, perché la dimensione di crescita e di planning strategico è di primissimo livello”.

Le economie degli Stati arabi del Golfo sono pronte a crescere quest’anno al ritmo più veloce visto in oltre un decennio. Nel primo trimestre del 2022, l’economia dell’Arabia Saudita per esempio ha registrato un’espansione del 9,6 per cento, segnando il ritmo di crescita trimestrale più rapido dal 2011, e il regno ha registrato un surplus di bilancio di 15,3 miliardi di dollari. Anche gli Stati regionali con fondamenti economici più deboli, come l’Oman, si trovano in una posizione comparativamente forte per sostenere le proprie finanze. Il sultano omanita Haitham bin Tariq al-Said ha fatto sapere di avere in programma di ridurre il debito pubblico con gli avanzi di bilancio previsti.

Molto è collegato alle plusvalenze finanziarie che emergono da periodi di volatilità dei prezzi dell’energia. Ma da tempo ormai i Paesi della regione stanno continuando a investire in altri settori di sviluppo, anche umano, delle proprie collettività. Tuttavia il direttore del dipartimento Medio Oriente e Asia Centrale del Fondo monetario internazionale, Jihad Azour, li ha esortati a “rimanere vigili nel modo in cui conducono le loro policy“.

È un avvertimento legittimo, sebbene una serie di movimenti stanno segando la costruzione di una stabilità regionale (e apparentemente de-escalando la preoccupazione del Fmi sui rischi che i nuovi introiti possano essere utilizzati per attività avventuristiche). I grandi centri di potere sunniti e sciiti si parlano (sia l’Arabia Saudita che gli Emirati Arabi hanno riaperto a forme di contatto con l’Iran), e sembrano tatticamente appianate le questioni che avevano portato alla divisine del GCC con l’isolamento del Qatar (e della Turchia, nell’ottica di uno scontro sull’interpretazione politica dell’Islam all’interno del mondo sunnita).

I  sovrani che stanno segnando da qualche anno il nuovo corso del potere regionale hanno assunto posizioni generalmente più distese. Ciò non significa che forme di tensioni non rimangano, così come complessità. L’europarlamentare dei Verdi tedeschi Hannah Neumann, che presiede la delegazione del Parlamento europeo per le relazioni e la strategia della penisola araba, ha scritto sul suo blog che la dichiarazione congiunta rimane molto vaga per quanto riguarda il coinvolgimento militare di alcuni paesi del Golfo nella regione e sul tema dei diritti umani.

Secondo Borea sui diritti l’Europa dovrebbe comprendere meglio, e acquisire maggiore consapevolezza su ciò che sta accadendo nel Golfo. “I processi di questo genere non sono immediati, ma sono certamente in corso. Va considerato che devono procedere secondo tempi e termini che le collettività sono in grado di recepire, e su questo dobbiamo usare le giuste lenti e considerare il fatto che nell’ultimo decennio in molti Paesi dell’area sono stati fatti passi da gigante”.


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