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Un po’ di gas russo serve alla pace

La risposta militare ucraina sostenuta da Nato e Ue è stata sin qui la miglior “politica” contro l’invasione russa. I nuovi equilibri si troveranno sul campo di battaglia (purtroppo) e troveranno conforto (as usual) negli interessi economici. L’editoriale di Roberto Arditti

Bisognerebbe smetterla di ragionare sulle drammatiche vicende ucraine senza collegarsi con la realtà, soprattutto quando si parla di questioni militari o di approvvigionamenti di gas e petrolio, temi di impressionante complessità logistica, economica e, quindi, politica.

Credo cioè necessario guardare al futuro senza aprire il libro dei sogni, che resta pieno di fascino ma che a nulla serve quando si tratta di affrontare problemi seri, così come ritengo opportuno progettare relazioni internazionali basate sui reali rapporti di forza e sulla concreta situazione geopolitica del mondo, poiché il prezzo da pagare in caso di previsioni irrealistiche rischia di essere micidiale per le nostre fragili democrazie liberali (a vario grado d’intensità).

Proviamo quindi ad applicare del sano realismo alla situazione in materia di approvvigionamenti energetici, cominciando dallo sfatare due luoghi comuni che avvelenano il dibattito non poco.

Punto primo. Si dice: basta gas e petrolio dalla Russia perché non si compra dalle dittature che poi usano i nostri soldi per soffocare il dissenso interno, arricchire gli oligarchi e fare guerre. Tutto vero per quanto riguarda il Cremlino, ma guai a pensare che Algeria, Congo o Qatar possano essere inseriti nel libro d’onore delle democrazie perfette (o almeno decenti): sono nazioni in cui, per vari motivi, gli oppositori al governo sono duramente penalizzati, gli assetti di potere sono estremamente concentrati in poche mani, l’uso della forza considerato strumento ampiamente utilizzabile.

Punto secondo. Si dice: basta gas e petrolio dalla Russia (ha votato in questo senso anche il Parlamento Europeo) per puntare all’indipendenza energetica, meglio se tutta o quasi da fonti rinnovabili. Ebbene questo proposito è tanto nobile quanto non realizzabile se non nel giro di diversi anni (girano stime diverse) e comunque di assai difficile raggiungimento scegliendo contemporaneamente di non utilizzare il nucleare (che sta consentendo a Macron di agire con spazi di manovra che Italia e Germania non hanno).

Spostiamoci quindi dalla nuvole alla terra, trovando il coraggio di guardare le cose come stanno. Si può e si deve immaginare per l’Italia e per l’Europa un piano di parziale sganciamento dalla forniture russe, che però non ha motivo serio di essere totale (tra breve vedremo perché).

Questo piano di sganciamento deve puntare sulle rinnovabili (aiutando però l’industria europea a produrre tutto ciò che serve allo scopo, perché se poi compriamo solo pannelli cinesi siamo punto e daccapo), deve cercare di estrarre ove possibile in Europa (e anche in Italia) per almeno un paio di decenni minimizzando i danni ambientali e deve diversificare gli acquisti in modo tale che nessun canale pesi più del 10/15 %: solo così potremo gestire crisi in questo o quell’angolo del pianeta.

Ci serve in buona sostanza un mix articolato e difficile da gestire, ma che ci consegna nella sua complessità una sostanziale indipendenza (che naturalmente ha dei costi), cioè il contrario dell’attuale dipendenza da Mosca (che è stata voluta, fortemente voluta, fortissimamente voluta).

In questo schema però sarebbe follia pura chiudere il rubinetto del gas con la Russia. Quel rubinetto deve restare aperto perché la Russia è comunque un pezzo di Europa (a modo suo) e non è buttandola tra le braccia dei cinesi che faremmo un buon affare, perché la Russia esisterà anche dopo Putin ed anzi sarebbe il caso di iniziare a lavorare proprio in vista di quel momento e perché la pace in Ucraina può marciare (anche) su quel tubo, il cui funzionamento conviene a tutti (Zelensky compreso).

La risposta militare ucraina sostenuta da Nato e Ue è stata sin qui la miglior “politica” per rispondere all’inaccettabile scelta d’invasione di Putin. I nuovi equilibri si troveranno sul campo di battaglia (purtroppo) e troveranno conforto (as usual) negli interessi economici.

I gasdotti esistenti sono perfetti allo scopo e vanno usati con sapienza e forza contrattuale. Possono rivelarsi l’arma vincente per fare la pace, se usati come si deve.

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