La guerra esiste, anche se l’Occidente se ne era dimenticato. Il conflitto in Ucraina ha molte forme, e ricorda qual è il perimetro del mondo multipolare caratterizzato dal confronto tra potenze. Mondo in cui la spesa militare ha un valore. Dibattito alla Fondazione De Gasperi sul libro “Da Clausewitz a Putin. La guerra nel XXI secolo”
Secondo l’analisi del generale Giorgio Cuzzelli, il conflitto ucraino è in definitiva un teatro in cui sono rappresentate tutte le componenti del conflitto descritte nel libro “Da Clausewitz a Putin. La guerra nel XXI secolo”, (ed. Ledizioni). Testo di cui è curatore insieme a Matteo Bressan, docente di relazioni internazionali e studi strategici alla Lumsa, alla Sioi e analista della Nato Defence College Foundation.
Il testo, attraverso analisi di vari autori, analizza e riflette sulle evoluzioni del conflitto contemporaneo, che il generale di brigata dell’esercito – attualmente in congedo e docente di sicurezza internazionale dell’ Università Orientale di Napoli – ritrova tutte nella guerra russa in Ucraina. È una guerra estremamente convenzionale per certi aspetti, ma estremamente sofisticata sotto altri punti di vista: “Ibrido, asimmetrico, tradizionale convivono”, spiega Cuzzelli in un panel organizzato dalla Fondazione De Gasperi e moderato da Mattia Caniglia.
Tutto dipende dallo stato che le applica, continua il generale citando l’esempio esempio “terroristico” degli zeloti. “L’obiettivo in un conflitto è colpire l’avversario nei vuoti, ossia laddove è più debole”. Per farlo si usano tutte le tecniche a disposizione: convenzionale sul terreno, ma poi c’è la dimensione psicologica, economica e cibernetica.
Secondo Bressan, ciò che si sta consumando in Europa è la “conseguenza di un sistema disordinato da almeno dieci anni ed è normale che emergano attori che portano avanti interessi in un modo diverso da quello che noi (occidentali) pensavamo”. Per il docente della Lumsa, è per esempio naturale che Recep Tayyp Erdogan “si sia intestato il ruolo di mediazione, frutto anche di dinamiche che partono dal conflitto siriano”. È lì che Russia e Turchia hanno trovato un modo di dialogare (diverso da quello che intendiamo noi europei).
L’evoluzione del conflitto ucraino ha messo l’Occidente davanti a un concetto dimenticato, quasi abbandonato: la guerra. Gli europei soprattutto avevano quasi escluso il termine dal vocabolario, ma il ritorno a una dimensione multipolare tipica del confronto tra potenze, ha portato alcuni attori a farsi largo anche con l’uso della forza.
È in corso una riflessione tra gli occidentali sul ruolo delle armi e sul loro valore, riflessione su cui Giorgio Rutelli, direttore di Formiche.net, è intervenuto al panel ricordando un editoriale in cui argomentava sul fatto che buona parte delle tecnologie civili sono figlie della ricerca militare. Questo perché in Europa, e in particolare in Italia, sono soprattutto i governi a investire a lungo termine e su progetti visionari.