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In arresto per conto di Putin. Il caso a Roma

Un altro mandato di arresto dell’Interpol per conto di Mosca, a Roma. Un manager lettone rischia l’estradizione a Mosca: sarà Cartabia a decidere. Ma la Russia è uscita dal Consiglio d’Europa e non rispetta i diritti della Cedu. E non è il primo caso di manette russe scattate in Italia dopo la guerra

In manette in Italia, su richiesta del Cremlino. Succede a Roma a Sergej Malikovs, manager lettone di 48 anni che, riporta Il Messaggero, da domenica è in carcere a Rebibbia. Arrestato dagli agenti del commissariato Trevi Campo Marzio nell’hotel in cui soggiornava in esecuzione di un codice rosso dell’Interpol, Malikovs è accusato da un tribunale russo di riciclaggio e reati finanziari. Ora spetterà alla Corte di Appello di Roma convalidare o meno l’arresto entro cinque giorni.

Poi il dossier finirà sulla scrivania della guardasigilli Marta Cartabia: il governo russo ha trenta giorni per chiedere l’estradizione che, per essere convalidata, avrà bisogno di un via libera della ministra del governo Draghi. Gli avvocati di Malikovs parlano di “imprenditore perseguitato” e augurano che Cartabia “esprima il suo diniego”.

Il manager, in vacanza a Roma con la moglie, è un nome noto alle cronache russe e lettoni: guida una società di microfinanza, la West Kredit, finita in uno scandalo per i metodi violenti usati per sfrattare gli inquilini morosi, spiega Il Messaggero. In passato Malikovs ha finanziato il partito socialdemocratico lettone Harmony, molto votato dalla minoranza russofona e caduto nei sondaggi dopo l’invasione del 24 febbraio.

La questione è di non poca rilevanza politica. Nei mesi successivi all’invasione dell’Ucraina ordinata da Vladimir Putin più di un tribunale italiano si è ritrovato a dover decidere di un caso simile. E l’estradizione è sempre stata negata. Così ha sentenziato la Corte di Appello di Bari tre giorni fa nel caso che ha visto imputato Gennady Lisovichenko, ex dirigente privato del settore petrolchimico arrestato a gennaio in Italia con l’accusa di frode in esecuzione di un mandato di cattura internazionale partito dal tribunale di Tverskoj, a Mosca. Estradizione rigettata dalla stessa Procura generale di Bari che ha richiamato “l’attuale impegno dello stesso Paese (la Russia, ndr) sul fronte di guerra con la confinante Ucraina”.

Ma anche la fuoriuscita della Russia dal Consiglio d’Europa, con cui Mosca ha di fatto cessato di essere parte contraente della Cedu (Convenzione europea dei diritti dell’uomo) né si ritiene più tenuta a rispettare i diritti e i principi elencati, tra cui l’equo processo e il divieto di trattamenti inumani e degradanti (articoli 3 e 6). Con queste motivazioni a marzo la Cassazione aveva rigettato la richiesta di estradizione di una cittadina russa accusata di reati penali e condannata ai “lavori forzati”, ritenendo non sufficienti “le rassicuranti informazioni pervenute dalla Autorità giudiziaria russa”.

Se finora durante la guerra non è stata ancora concessa un’estradizione in Russia da un tribunale italiano, l’arresto a Roma di Lisovichenko dimostra che l’Interpol continua a operare in sostanziale continuità anche durante la guerra russa in Ucraina. A inizio marzo il procuratore generale degli Stati Uniti Merrick Garland assieme ai ministri della Giustizia di Australia, Nuova Zelanda, Canada e Regno Unito – Paesi riuniti nell’alleanza di intelligence Five Eyes – aveva chiesto all’Interpol di sospendere i suoi servizi di polizia per la Federazione russa. Una mossa necessaria, aveva allora rincarato il ministro per l’Interno britannico Priti Patel, perché “le azioni russe sono una minaccia diretta alla sicurezza degli individui e alla cooperazione nel law enforcement”.

Richiesta negata dall’Interpol perché, questa la risposta dell’organizzazione, la costituzione non prevede la sospensione o l’esclusione di uno Stato membro. Ma una deroga al regolamento per stare al passo dei tempi è stata approvata: dopo l’invasione dell’Ucraina i mandati di arresto diffusi dalle autorità russe non potranno più essere inviati direttamente agli altri Stati contraenti ma dovranno prima ottenere il via libera del Segretariato generale dell’Interpol”.

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