Quando le imprese non spendono più a favore dell’innovazione occorre creare il modo perché tornino ad investire. L’Istat ha certificato come siano state solo il 50,9% le imprese con più di 10 addetti, che nel triennio 2018-2020, abbiano svolto attività innovative. Come agire?
Crolla la spesa delle imprese per l’innovazione mentre la crisi cambia i loro modelli di organizzazione. A fotografare tra il 2018 ed il 2020 una situazione schiacciata dall’emergenza dettata dall’epidemia sanitaria è l’Istat che certifica come siano state solo il 50,9% le imprese con più di 10 addetti, che nel triennio abbiano svolto attività innovative rispetto al periodo 2016-2018: una quota in calo di circa 5 punti percentuali rispetto al periodo 2016-2018.
Fra le cause soprattutto l’emergenza Covid che ha interessato il 64,8% delle aziende con attività innovative, in particolare le più piccole (66,7% contro il 50,2% delle grandi). È evidente che calano gli investimenti per l’innovazione, al di là delle dimensioni aziendali. Il fenomeno, registrato dal report dell’Istat, dimostra che investono più le imprese di grandi dimensioni rispetto alle piccole, più quelle industriali rispetto alle altre, più quelle chimico-farmaceutiche rispetto a quelle manifatturiere in senso tradizionale. Il sistema imprenditoriale del nostro Paese ha compiuto passi in avanti di rilievo, puntando sulle azioni innovative, ma è tuttora fragile e caratterizzato da squilibri diffusi. Per superare questi disagi, anche attraverso le risorse messe a disposizione dal Pnrr, occorre sviluppare i processi di sviluppo in una coerente integrazione di sistema, affinché tutte le potenzialità inespresse delle imprese produttrici possano trovare attuazione.
Bisogna liberare ciò che è insito, ma non concretizzato pienamente nel capitale finanziario e in quello umano. Ci vuole un’integrazione negli interventi di politica economica e in quelli di politica industriale equilibrando i provvedimenti di sostegno finanziario alle azioni di supporto a ricerca e sviluppo. È fondamentale basarsi su un nuovo modello che tenga presente le succitate potenzialità irrealizzate per l’eterogeneità delle imprese e che includa, per quanto riguarda il capitale umano, politiche attive specifiche e mirate.
Insomma, serve una politica inclusiva che coinvolga un numero sempre più crescente di soggetti. Soprattutto la politica industriale dovrà accrescere l’approccio inclusivo. Una innovativa politica industriale sarà fondamentale per riuscire a rilanciare la storica arretratezza che soffrono tante realtà del Mezzogiorno. Non si può distogliere lo sguardo dalle opportunità offerte nel campo delle politiche a favore dei progetti innovativi, alla loro valutazione e alla conseguente realizzazione. Abbiamo bisogno, ora come mai, di una grande politica a favore del lavoro e della produzione. Innovazione significa individuare quella politica, soprattutto industriale, che determini il circolo virtuoso dei finanziamenti ad hoc verso la ricerca e lo sviluppo. Se si sprecano le risorse vuol dire che quel circolo suddetto non funziona, perché è diventata una spirale viziosa che nel tempo non genera più esportazioni. Il nostro Paese non può permettersi questo tragico errore.