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Israele prova il piano d’attacco contro l’Iran

Israele percepisce l’Iran come una minaccia esistenziale e teme che possa arrivare a raggiungere la dimensione atomica. Lo stato ebraico sta elaborando un piano di attacco aereo con cui colpire i siti nucleari iraniani qualora ce ne fosse bisogno

L’esercito israeliano ha in programma di simulare un attacco contro l’Iran nelle prossime due settimane. L’ampia esercitazione servirà ad addestrarsi per un eventuale raid contro le strutture nucleari iraniane.

Sarà la prima volta in almeno cinque anni che le forze armate israeliane si impegneranno in un’esercitazione di questo tipo. L’obiettivo è quello di sviluppare nuovamente “un’opzione militare credibile” contro il programma nucleare iraniano, hanno dichiarato gli ufficiali israeliani in un briefing con i giornalisti.

Da tempo si parla della possibilità che da Gerusalemme passi lo sviluppo un qualche piano-B da usare se il dialogo negoziale sul Jcpoa — l’accordo per il congelamento del programma nucleare iraniano — dovesse naufragare. Sull’intesa è in corso un’intensa attività diplomatica che sta coinvolgendo attivamente l’Ue e partner regionali americani come Oman e Qatar. Ma i risultati non stanno arrivando, nonostante il presidente iraniano, Ebrahim Raisi, abbia diffuso ha una dichiarazione in cui sembra aprire al raggiungimento di un’intesa.

Anche gli Stati Uniti accetterebbero questa eventuale opzione aggressiva, consapevoli che senza un controllo la Repubblica islamica potrebbe arrivare all’ottenimento dell’arma atomica — e dunque un’opzione di attacco fa parte della deterrenza strategica su Teheran.

L’obiettivo statunitense è anche far sapere agli iraniani che se salta il dialogo negoziale tutte le opzioni sono sul tavolo. L’obiettivo israeliano non contemplerebbe i negoziati, perché l’Iran viene percepito come un rivale esistenziale che lavora contro la sicurezza nazionale dello stato ebraico, anche attraverso attori proxy come le milizie sciite movimentate nella regione (figurarsi come può essere vista la possibilità che a Teheran si trovi una bomba nucleare).

L’esercitazione aerea contro l’Iran si svolgerà nell’ambito della quarta settimana delle manovre “Chariots of fire”, che simulano un conflitto regionale ad ampio raggio, hanno dichiarato i funzionari israeliani. Decine di jet da combattimento dell’aviazione israeliana ne prenderanno parte e voleranno per centinaia di chilometri da Israele verso ovest, sopra il Mediterraneo, in modo da simulare una rotta aerea verso l’Iran (traslata).

Israele ha probabilmente effettive capacità tecnica se un’azione del genere dovesse rendersi necessaria. Nel marzo 2018, un F-35 Adir ha sorvolato Teheran e Bandar Abbas, e sono poi state diffuse le immagini tramite Al Jarida, un sito kuwaitiano sempre ben informato sulle attività israeliane – al punto da essere considerato un megafono del Mossad. I caccia Lockheed Martin hanno dimostrato di aver capacità stealth in grado di bucare la contraerea iraniana, e dunque potrebbero essere usati per colpire i siti nucleari senza essere intercettati.

La dimostrazione che per gli Stati Uniti questa dell’attacco resta tra le opzioni potenziali sta anche nel fatto che aerei da rifornimento della US Air Force dovrebbero fornire assistenza anche a questa parte dell’esercitazione, ha detto l’israeliano Channel 13. I funzionari israeliani hanno confermato la partecipazione degli Stati Uniti, ma non hanno fornito alcun dettaglio, precisa l’informatissimo Barak Ravid di Axios.

All’inizio della settimana, il nuovo comandante del CENTCOM, il generale Michael Kurilla, era in Israele, ma potrebbe essere stata una visita di cortesia, per inaugurare il proprio mandato passando dal principale degli alleati americani nella regione mediorientale. Kurilla è andato anche negli Emirati: la visita segue una ritualità di inizio incarico anche in questo caso. Tuttavia Abu Dhabi è altro partner americano che se ci fosse un eventuale attacco contro l’Iran, in un qualche imprecisato futuro, potrebbe essere coinvolto direttamente nei piani — sia per le capacità militari, sia per la contiguità geografica, sia perché ormai parte di un blocco unico con Usa e Israele prodotto dagli Accordi di Abramo.

La necessità di sviluppare un piano e l’opzione di deterrenza associata si lega a un timore: Stati Uniti e Israele – partner del Golfo come sauditi ed emiratini – temono che l’Iran continui a portare avanti, più o meno segretamente, il suo programma nucleare mentre i colloqui sul Jcpoa sono in fase di stallo. Questo darebbe a Teheran un doppio vantaggio: da un lato ottenere capacità nucleari militari, dall’altro poter usare il raggiungimento delle stesse come leva durante l’evoluzione dei negoziati (ossia portarsi in una dimensione simile a quella della Corea del Nord, che non accetta un piano di denuclearizzazione perché si sente ormai forte della Bomba).

Ravid ricorda che negli anni che hanno preceduto l’accordo sul nucleare iraniano del 2015, Israele si era preparato alla possibilità di un attacco aereo contro le strutture nucleari iraniane. L’ex premier Benjamin Netanyahu è stato vicino a ordinare l’azione nel 2012. Dopo l’avvio dei colloqui sul nucleare tra Stati Uniti e Iran nel 2013, e ancor più dopo il raggiungimento dell’accordo, Netanyahu ha tolto dal tavolo l’opzione militare israeliana.

Durante la presidenza Trump la possibilità di un attacco è diventata praticamente irrilevante: erano gli anni della scelta trumpiana di uscire unilateralmente dal Jcpoa, re-inserendo l’intera panoplia sanzionatoria. Netanyahu aver fiducia sul fatto di non aver bisogno di un piano indipendente. L’attuale governo israeliano ha invece ripreso lo sviluppo di un progetto di attacco autonomo (o semi-autonomo) contro il programma nucleare iraniano e ha stanziato miliardi di dollari per il potenziamento e l’addestramento militare.

“Israele si sta preparando a tutti gli scenari costruendo la sua potenza militare e tenendo colloqui strategici con l’amministrazione Biden”, ha detto il ministro della Difesa israeliano, Benny Gantz. “Il costo per contrastare l’Iran ora è più alto di quello di un anno fa e più basso di quello che sarà tra un anno”, ha aggiunto, sostenendo che la lezione dell’invasione russa dell’Ucraina è che il potere economico, politico e militare a volte dovrebbe essere usato preventivamente per evitare una guerra più ampia.

(Foto: Twitter, @gantzbe)

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