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L’Italia (l’Ue) e il Golfo. Quale futuro secondo Ardemagni e Varvelli

Del ruolo degli Emirati guidati da Mohammed Bin Zayed si è parlato durante il Live Talk di Decode39 con Eleonora Ardemagni, ricercatrice associata Ispi e cultrice della materia in Storia dell’Asia Islamica e Nuovi conflitti all’Università Cattolica di Milano, Arturo Varvelli, direttore dell’ufficio di Roma dell’ECFR moderati da Emanuele Rossi, giornalista di Formiche.net

Con la guerra in Ucraina il Golfo ha acquisito una nuova centralità per l’Europa e in questo quadro gli Emirati Arabi Uniti, ora guidati da Mohammed Bin Zayed dopo la morte dello Sceicco Khalifa Bin Zayed al Nahyan, possono essere il paese con cui riprendere le relazioni dopo la crisi dell’ultimo anno.

Di questo e di altri temi che riguardano Europa e Golfo nell’era di MBZ si è discusso oggi durante il Live Talk di Decode39 coordinato dal giornalista di Formiche.net, Emanuele Rossi che nella sua introduzione è intervenuto su quali possono essere, per l’Europa e per l’Italia, gli scenari futuri che possiamo aspettarci ad Abu Dhabi rispetto alla regione del Mediterraneo allargato. “Abbiamo visto anche il documento di partnership strategica tra Ue e Golfo e la notizia di una potenziale visita di Joe Biden a Riad che in questa fase così complicata è una notizia importante”, ha spiegato Rossi aggiungendo che “Mohammed Bin Zayed è una delle figure che negli ultimi decenni ha mosso le politiche non solo del suo Paese ma anche della regione”.

Secondo Eleonora Ardemagni, ricercatrice associata Ispi e cultrice della materia in Storia dell’Asia Islamica e Nuovi conflitti all’Università Cattolica di Milano, “avremo una continuità della gestione della politica interna e estera degli emirati. Grazie alla presidenza di Khalifa Bin Zayed gli Emirati Arabi Uniti si sono sempre più centralizzati a livello politico. Abbiamo sempre parlato di Abu Dhabi e Dubai come i due grandi gemelli della federazione, a causa del salvataggio che Abu Dhabi ha fatto di Dubai dopo la crisi finanziaria del 2009. La capitale ha cercato di fare da contrappeso coordinandosi con gli emirati più piccoli arrivando a centralizzare sempre di più le forze”. Abbiamo quindi una federazione “dove c’è una gerarchia sempre più evidente che parte da Abu Dhabi che ha il 90 per cento delle riserve petrolifere della federazione”.

Dall’altro lato invece assistiamo dal 2019 ad una politica estera che secondo Ardemagni “ha messo tra parentesi la centralità militare che era proprio emanazione della personalità di Mohammed Bin Zayed, e quindi di Abu Dhabi, e ad un ritorno della politica estera vicina a Dubai che vede la centralità dell’elemento economico, commerciale e marittimo. Adesso grazie al pragmatismo degli emiratini, e per questo vanno d’accordo con la Cina, c’è questa pianificazione e il ritorno ad una politica estera imperniata sulle priorità economiche degli emiratini e dell’intera area del Consiglio di cooperazione del Golfo”.

Rispetto alle prospettive geopolitiche, la ricercatrice dell’Ispi ha dato atto agli Emirati di aver “capito prima di tutti che si stava andando verso il multipolarismo cosa che ha spinto anche gli altri paesi del Golfo a diversificare le proprie entrate”. In questa fase storica inoltre “la vera partita che si sta giocando nel Golfo è quella indiretta tra Cina e Stati Uniti e per questo abbiamo visto il viaggio della folta delegazione statunitense arrivata ad Abu Dhabi per commemorare la morte di Khalifa Bin Zayed”.

La scelta multipolare dei paesi del Golfo quindi “non è reversibile ma c’è interesse da parte delle monarchie di rilanciare la partnership strategica con gli Usa. Sullo sfondo c’è sempre l’accordo sul nucleare iraniano e non sappiamo se verrà rilanciato o no. Non cambierà nemmeno il fatto che i paesi del Golfo hanno bisogno per ragioni di sicurezza degli Stati Uniti”.

Anche per Arturo Varvelli, direttore dell’ufficio di Roma dell’Ecfr, il Golfo ha acquisito una centralità strategica nel corso dell’ultimo decennio. A suo avviso ci sono due punti importanti: Il primo sono gli accordi di Abramo “che hanno sancito una riconfigurazione tra alcuni attori regionali importanti che sono tornati a parlarsi e favorito una distensione dell’area”. Il secondo punto è la guerra in Ucraina “che sta dando una nuova enfasi ad alcune caratteristiche tipiche dei paesi del Golfo come fornitori di ultima istanza di energia”.

Per questo ora il Golfo “sta avendo una nuova centralità strategica agli occhi degli europei che necessitano di idrocarburi”. Importante quindi per l’Europa è la proiezione verso sud “non solo verso l’Africa ma anche verso il Golfo che però negli ultimi anni hanno guardato meno verso all’Occidente e più verso l’Asia e in particolare alla Cina che è un potenziale investitore dell’area con la Via della Seta dal punto di vista infrastrutturale e digitale”.

L’Europa ora si accorge di quanto quest’area sia importante “ed è essenziale che recuperi il tempo perduto e vuol dire mettere in pista il proprio potenziale per avere una relazione proficua con quest’area”.

Rispetto invece alle relazioni con l’Italia, Varvelli ammette che il nostro Paese “ha avuto relazioni complesse che si erano affievolite dopo che Roma aveva attuato un blocco alle esportazioni di armi con l’accusa agli Emirati di usarle contro i civili in Yemen”. A questo punto i nostri due Paesi non hanno motivazioni per non andare d’accordo. “Anche il sostegno emiratino a Khalifa Haftar in Libia si è affievolito dopo aver speso tanto impegno al supporto di una sola parte senza arrivare ad una soluzione. Ora sembra che la spinta emiratina, come quella di tutti gli attori internazionali intervenuti in Libia, si sia affievolita e che la situazione sia migliore aprendo una finestra di opportunità affinché i due Paesi possono rilanciare le loro relazioni”.

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